la gara don cammillo

RICORRENZE - Chi non conosce per averlo sentire dire o per averlo letto, oppure per esserci stato, il paese di Brescello? Ricordiamolo. È una località parmense posta «in quella fettaccia di terra distesa lungo la riva destra del Po, fra Piacenza e Guastalla, con le sue strade lunghe e diritte, le sue case piccole pitturate di rosso, di giallo e blu oltremare, sperdute in mezzo ai filari di viti» in cui Guareschi ha messo in scena una commedia umana, non solo italiana ma universale.

Giovanni Guareschi, il «padre» di don Camillo è uno tra gli autori che vanta più traduzioni in assoluto nel mondo e questo suo grande successo lo deve all’aver saputo presentare un prete, «un curato» non troppo colto ma dal cuore grande, generoso, buono.
Lo ha saputo ben mettere in contrasto con il suo amico-nemico, l’antagonista sindaco Peppone, rigido comunista nel suo ruolo partitico, ma buono anch’esso nel suo cuore.
Per questa loro bontà, disponibilità nel loro esercizio sociale per la loro gente, similari nel seguire le loro regole di vita, l’uno nel suo ruolo di curato, un prete che si prende cura delle anime che gli sono state affidate, anche quelle dei bolscevichi senza Dio, l’altro nella sua posizione di sindaco, ligio alle direttive di partito, cercando sempre di attuare i suoi programmi, facendo valere le proprie idee politicamente proletarie, le loro carriere avanzano progressivamente di ugual ruolo, sempre più alte e responsabili.
I personaggi, però che più entusiasmano che più penetrano nei nostri cuori non sono quelli nella veste di monsignore e di onorevole, ma quelli più umili, più popolari, più veri nella quotidianità paesana di Brescello, del curato e del sindaco. Due figure che entusiasmano, che divertono, per la loro simpatia e lealtà.
Il loro rapporto personale di amore e disamore è stato magistralmente rappresentato in un idillio di amicizia, di simpatia e di fiducia dell’uno verso l’altro da far sempre prevalere la loro personale reciproca inclinazione a rispettarsi ed a proteggersi con affetto, molte volte mentendo ai loro superiori.
Quando Papa Francesco ha voluto indicare a tutto il clero un modello di prete ha fatto un solo nome: Don Camillo.
Con questo esempio di prete, di curato, Papa Francesco ha cercato di sintetizzare il vero concetto di cristianesimo che non è né di destra né di sinistra e che conservatorismo e progressismo saranno forse categorie per capire la politica, ma risultano lontane, inadeguate quando si tratta di annunciare un Dio che si è fatto uomo, è morto ed è risolto.
Ecco la originalità di questo curato: un prete non molto colto, ma che sa proporsi alla sua gente, che sta in mezzo alla sua gente, disponibile ed attento ai problemi che si affacciano di volta in volta alla sua comunità.
Appare sempre come «il centro del paese»: tutto quello che accade nel suo piccolo borgo ruota intorno a lui.
Se il Grande Fiume rompe gli argini ed invade le case, le strade e le piazze è don Camillo che resta a presidiare il paese.
Se i contadini in sciopero smettono di mungere le vacche, è don Camillo che va dai proprietari agrari a implorare loro di migliorare le condizioni di vita di chi lavora nei campi, «perché se sono diventati comunisti è per colpa del vostro egoismo».
Se emergono le vecchie ruggini della guerra civile e volano randellate perfino tra i bambini, è lui che va, di casa in casa, a cercare di riportare la pace: magari con qualche sberla se occorre, ma la pace.
Se il figlio del comunista Peppone sta morendo, è sempre lui, don Camillo, che va a farsi prestare i soldi per comprare i ceri più grandi che si possono trovare e li porta davanti al suo Signore per chiedergli in ginocchio di impedire la più grande delle ingiustizie, che è la morte di un bambino.
È affascinate il suo dialogo con il Crocifisso, con il suo Gesù, per cui manifesta sempre un grandissimo amore ed una fede rocciosa di cui mai si è vergognato. Questo era don Camillo, perché questo era Guareschi.
Per i 110 anni dalla nascita e i 50 dalla sua morte, un comitato composto da autorevoli personalità della cultura e dello spettacolo ha organizzato dal 1° maggio mostre, convegni ed incontri, mentre il 10 ottobre l’Università Cattolica di Milano, su iniziativa di Ermanno Paccagnini, organizza una giornata di studi su Guareschi ed il suo linguaggio nelle sceneggiature originali dei film del ciclo Don Camillo.
I suoi personaggi ci attraggono nella loro apparente semplicità, ma in verità esprimono una forte maturità religiosa e civile e dei condivisi sentimenti prodotti da cuori buoni, generosi, rispettosi come vorrebbe che fosse la politica con la P maiuscola. Ci dice niente oggi tutto questo?
Su una targa ricordo nel centro di Parma sta scritto:
«In questa casa nel cuore della Parma antica ha trascorso un lampo di giovinezza Giovannino Guareschi lo scrittore della brava gente».

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