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SAN MINIATO - La scomparsa di un amico ci fa riflettere e ci offre l’occasione di rivisitare il lungo cammino che abbiamo fatto assieme e si riscopre con gratitudine la ricchezza dell’uomo, la testimonianza che abbiamo ricevuto.
Con don Luciano ho condiviso l’esperienza del seminario per 10 anni. Ricordo la sua vivacità, la sua genialità, la sua fantasia che sempre ci sorprendeva: doti che ha poi coltivato nella sua vita e che ha regalato nelle sue numerose opere.
Poi il ministero ci ha separati, ma è sempre rimasta viva tra noi l’amicizia, la stima reciproca. Anche negli incontri che abbiamo avuto in questo lungo percorso, fino a rivivere insieme in seminario questi ultimi anni, è sempre stata per noi una gioia il ritrovarci. Altri parleranno della sua ricchezza culturale, dei suoi scritti, della sua vita dedicata all’insegnamento. A me piace mettere in evidenza la sua rettitudine che ha sempre destato in me un senso di apprezzamento e di una certa invidia. L’ho scoperta in lui al tempo del seminario, nella sua convinzione pastorale, nel suo relazionarsi con tutti. Ha sempre avuto molti amici. Anche se ha trascorso 46 anni nella piccola Parrocchia di Moriolo, che gli offriva la visione panoramica di S. Miniato, cui era molto legato (era nato e vissuto a S. Miniato), non si è mai sentito solo.

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DALLA DIOCESI - Così se n’è andato don Luciano Marrucci, un prete fuori dal comune e di enorme spessore culturale ed intellettuale. Don Luciano classe 1929, era un figlio della terra di San Miniato. Anche se con lo spirito da giramondo, Donlù è sempre rimasto legatissimo alla sua terra d’origine. Dalla sua Moriolo tesseva relazioni, scriveva testi, affascinava generazioni di studenti con le sue metafore, le sue catechesi.

La vita
La vita di don Luciano potrebbe sicuramente ispirare una sceneggiatura di un film. L’infanzia trascorre felice assieme alla madre, ai suoi fratelli e alle sorelle. La vocazione arrivò presto e fin da subito si dimostrò appassionato e dedito allo studio. Già all’età di 16 anni egli si proponeva lo studio della Logica Formale, una disciplina che appassionò fin da principio il giovane studente. Il 6 luglio 1952 viene ordinato sacerdote dalle mani di Felice Beccaro. Successivamente andò a studiare a Roma dal 1954 al 1957 nelle aule della Pontificia Università Lateranense, dove consegue la laurea in sacra teologia magna cum laude. Nel 1960 intraprende un viaggio alla ricerca del padre in Africa Orientale, dove riesce a ricongiungersi con la sorella.
Sempre in quel periodo, a Milano, frequenta l’Università Cattolica e insegna religione al Liceo Einstein.
Nel Seminario di San Miniato è stato docente di lingua italiana nel Ginnasio e di Filosofia Scolastica al Liceo; ed ha insegnato Teologia Trinitaria alla Scuola Teologica di San Miniato. Don Luciano venne poi nominato parroco di Moriolo, località di campagna a Sud di San Miniato, dove fonda una piccola casa Editrice: «L’Orcio d’Oro» che pubblica fascicoli in carta pregiata con xilografie in legno di bosso. Per diversi anni è stato coordinatore della commissione di lettura del Dramma Popolare di San Miniato e poi Direttore dello stesso Istituto. A partire dagli anni sessanta collabora con il settimanale diocesano “La Domenica”, di cui è stato direttore dal 1990 al 1995. Infinte poi le pubblicazioni di don Luciano: da ricordare la versione teatrale di «Pittura su legno» di Ingmar Bergman, Einaudi, Milano 2001 e «Dieci poesie», Arnoldo Mondadori Editore, 1973. Negli anni sono decine le pubblicazioni di narrativa, saggistica, poesia del sacerdote sanminiatese. In questi anni stringe collaborazioni con il vivacissimo panorama culturale San Miniatese: con lui collaborano Dilvo Lotti, l’amico Sauro Mori, Luca Macchi, l’attore Remo Girone.
Da ricordare poi i brevi racconti di narrativa e le rubriche pubblicate su La Domenica: “Storie Minime”, “Semi di Senape”, “Il Catechismo con le cose”.
Nel 2011 mons. Tardelli lo ha nominato Canonico Teologo del Capitolo della Cattedrale di San Miniato.
Ha curato un frequentatissimo blog sulla storia antica e della logica medioevale: «l’Abbasnullius», che oltre a riportare un giornale di memorie, propone alcune ricerche di logica. L’ultima avventura editoriale di don Marrucci è stata la creazione del portale sulla disciplina della logica, keysonlogic.com, che vanta numerosi contatti e contributi da prestigiose università straniere

Le passioni
Elencare le passioni di don Luciano è praticamente impossibile. I suoi interessi spaziavano dall’arte, alla filosofia, al teatro, al cinema, alla cucina, alla numismatica. Celebre e preziosissima la sua collezione di etichette storiche. Era un buongustaio don Luciano, adorava la cucina delle massaie toscane e il buon vino. A tavola, anche negli ultimi anni di ritiro nel seminario vescovile, non mancavano mai la sua bottiglie, sempre di notevole pregio. Di lui vogliamo portare il ricordo dell’ultimo insegnamento, fatto a tavola in un assolato pomeriggio di primavera, quando, chiudendo una lunga discussione, con semplicità disse: «alla fine è solo la fede che salva».
Ciao Donlù.

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Il quinto Convegno Ecclesiale, svoltosi a Firenze dal 9 al 13 novembre, con la partecipazione di  oltre duemila delegati provenienti da tutte le diocesi italiane, ha affrontato il tema: “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”.  Un tema così importante non poteva che celebrarsi nel capoluogo toscano, culla di quella feconda stagione rinascimentale che seppe davvero coniugare cultura e fede

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stemma

DALLA DIOCESI - Lo stemma di Mons. Andrea Migliavacca è costituito dallo scudo e dagli ornamenti ad esso esterni, che sono i tradizionali contrassegni della dignità vescovile: il cappello verde dal quale pendono dodici nappe del medesimo colore, sei per parte disposte in tre ordini; la croce d’oro con un solo braccio trasverso accollata allo scudo ed emergente nella parte alta e nella punta; essa è ornata di cinque gemme rosse, che ricordano le cinque piaghe di Gesù crocifisso e manifestano dun que come la croce non sia solo semplice contrassegno di dignità ma anzitutto lo strumento della salvezza.
La forma stilizzata degli ornamenti e del cartiglio è simile a quella dello stemma di S. Ecc. Mons. Giudici ed è questo un atto di omaggio e di devozione di Mons. Migliavacca nei confronti del Vescovo Giovanni con il quale egli ha per anni collaborato e che gli trasmette con la sacra ordinazione la pienezza del sacerdozio.

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SAN MINIATO - È ormai alle porte l’inaugurazione della mostra documentaria sul Beato Pio Alberto Del Corona che si svolgerà all’Accademia degli Euteleti a San Miniato, nella sede di Palazzo Migliorati. La mostra basata sui documenti relativi a Del Corona conservati tra i fondi archivistici dell’antica istituzione culturale samminiatese, intende valorizzare le carte del canonico Galli Angelini (1882-1957) che per molti anni fu segretario, poi vicepresidente e infine presidente del sodalizio, con una collaborazione ininterrotta dal 1923 sino alla morte. Tra le numerose filze d’archivio si conserva infatti un pezzo relativo ai «Vescovi di San Miniato». Il canonico Angelini, personaggio eclettico e di grande erudizione, aveva, con assoluta competenza archivistica, raccolto e collezionato alcuni pregevoli documenti sulla storia diocesana, in particolare materiali a stampa di assoluta rarità. Vogliamo così dare un piccolo “assaggio” dell’esposizione mostrando un documento unico e riproponendo ai lettori del giornale diocesano una poesia che il sacerdote don Oreste Nuti, parroco vissuto tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, aveva pubblicato per la presa di possesso della Cattedra vescovile da parte di mons. Del Corona. La storia che raccontiamo è un intreccio di rarità editoriali e di inediti.

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SAN MINIATO - Uno dei problemi emergenti riguardo al dibattito sui temi della famiglia e del gender è quello dell’informazione. I mass media e la scuola sono gli ambiti in cui maggiormente si fa sentire il tentativo di orientare l’informazione e la formazione in direzione di un pensiero unico. Di fronte a teorie che vanno a toccare i fondamenti antropologici della famiglia e della società l’unica risposta efficace è quella del riferimento a dati certi, dello approfondimento dei meccanismi mediatici e pedagogici, dell’informazione sui processi politici che stanno spingendo verso l’approvazione di specifiche norme che andrebbero a colpire le famiglie e i soggetti più deboli, cioè i figli.

Di fronte a questo problema in molte parrocchie italiane stanno nascendo circoli culturali che trattano queste tematiche, svolgendo un’utile azione di approfondimento e animazione anche civile delle comunità.
Un esempio di questo fenomeno è rappresentato dalla rete dei circoli nati intorno al quotidiano La Croce, che è stato, in questi ultimi tempi, uno degli strumento che maggiormente hanno fornito al paese informazioni specifiche sulla diffusione dei progetti ispirati agli studi di genere e sulle dinamiche del dibattito politico sul tema della famiglia, proponendo anche iniziative di mobilitazione.

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SAN MINIATO - «Il mio motto vescovile nascerà da un passo che si legge all’inizio del Vangelo di Giovanni: i due discepoli del Battista che seguono Gesù gli chiedono “Maestro, dove abiti?”. Mi piace perché è attribuibile al discepolo Andrea, il mio nome e anche quello del patrono del Seminario. Una domanda che ci spiega che il cammino della fede non prevede mai un punto di arrivo, ma è un invito a mettersi sempre sulla strada; un interrogativo che ricorda che il ministero del prete e del vescovo è quello di portare altri da Gesù e di cercarlo dove Lui si trova. Con questo spirito entrerò nella comunità della diocesi di San Miniato: un motto è vero nella misura in cui viene realmente vissuto».Don Andrea ripensa alle tappe che lo hanno portato sino alla nomina a vescovo. «Se guardo cronologicamente al cammino della mia vocazione, rilevo alcuni passaggi che porterò sempre con me come patrimonio umano e spirituale. Penso prima di tutto agli anni in cui è nata la mia vocazione, che si collocano a Binasco, il mio paese, nel contesto parrocchiale e dell’oratorio. Mi viene in mente l’esperienza di animatore al Grest, l’aver fatto parte del coro dei giovani, l’essere stato catechista e ancora aver suonato la tromba nella banda del paese. Tanti momenti in cui sono cresciute belle amicizie e, in una normalità di vita di oratorio e di parrocchia, è anche nato il mio desiderio di entrare in Seminario. Una scelta che ho radicato anche per il bell’esempio dei preti che ho incontrato: da don Luigi Lucini, il mio parroco, a don Natale Rampoldi, che era vicario parrocchiale, sino ad arrivare naturalmente a mio zio prete mons. Adriano, un altro esempio che mi ha stimolato oltre ad altri sacerdoti che ho incontrato. Tutto questo mi ha portato alla scelta di entrare in Seminario, che inquadro in una normalità di vita familiare e di chiesa». Don Andrea si sofferma sugli anni in Seminario: «Un’esperienza che mi ha aiutato ad allargare lo sguardo, partendo dall’incontro con gli altri seminaristi, passando attraverso l’esperienza di vita della diocesi e gli studi di teologia. Sono state tutte occasioni che non hanno rappresentato soltanto un momento di verifica e crescita vocazionale, ma mi hanno aiutato anche nel discernimento e nel cammino che avevo deciso di intraprendere con la gioia di diventare prete. Il tempo del Seminario di Pavia è stata un’altra pietra significativa del mio cammino».

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CALAMBRONE - Lo scorso 13 Settembre ricorreva il 60° anniversario dalla posa della prima pietra della «Stella Maris» benedetta allora da mons. Felice Beccaro, vescovo di San Miniato. È infatti del 1945 la fondazione della sede diocesana della Pontificia Opera di Assistenza (POA), particolarmente dedita all’infanzia, da parte di mons. Cosimo Balducci, già presidente del «Ricovero di Mendacità» di San Miniato (oggi Casa di Riposo “Del Campana Guazzesi”), in seguito parroco di San Michele e Santo Stefano in San Miniato.
E nell’immediato dopo guerra gravi erano le condizioni economiche e sociali sopratutto per quella fascia di popolazione costituita da contadini, mezzadri, braccianti e manovali, alla quale andava aggiunta anche tutta quella schiera di manodopera mal retribuita che lavorava nel ’pubblico’ di allora: comune, ospedale, scuola, poste, catasto, che percepiva dei salari che erano rimasti del tutto inadeguati dopo l’inflazione galoppante nell’immediato dopoguerra.
Ed è proprio con i primi anni ’50, che la POA inizia a prendersi cura e a organizzare le vacanze estive per i bambini delle famiglie più disagiate. Bambini che soffrono di malnutrizione, di varie forme di bronchite dovute ad abitazioni umide e malsane, all’abbigliamento spesso inadeguato al clima invernale, alle case prive di una qualsiasi forma di riscaldamento, all’assenza di servizi essenziali quali acqua corrente, gas e talvolta anche di luce.

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SAN MINIATO - Appena l’amministratore Diocesano ha dato lettura del nome e della provenienza del vescovo eletto di San Miniato, «mons. Andrea Migliavacca del clero della Diocesi di Pavia», subito i presenti nella Sala del trono hanno dimostrato stupore per l’arrivo da fuori regione. Non è la prima volta però, e così abbiamo deciso di parlare di quei presuli (e sono diversi) che da fuori Toscana sono stati chiamati per guidare la nobile città samminiatese e la giovane Diocesi.
Pavia fa immediatamente pensare all’amministratore apostolico che prese in mano le redini della Diocesi dopo l’abbandono del Beato Del Corona nell’agosto del 1907: il cardinale Pietro Maffi, originario di Corteolona, che era stato nominato arcivescovo di Pisa già nel 1903, ma che aveva origini pavesi e a Pavia aveva rivestito incarichi molto importanti, tra cui proprio il rettorato del Seminario vescovile pavese, come il nostro vescovo eletto.
Il secolo scorso, per esempio, ha regalato ben quattro pastori provenienti da fuori Regione e tutti dal nord Italia. In successione ricordiamo, a partire da quelli a noi più vicini: mons. Edoardo Ricci, originario di Pignona di Sesta Godano, vescovo dal 1987 al 2004; mons. Paolo Ghizzoni, del clero di Piacenza vescovo dal 69 all’86, e mons. Felice Beccaro, proveniente da Grognardo d’Acqui vicino Asti, vescovo a San Miniato dal 1947 sino alla morte avvenuta nel 1969.

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SAN MINIATO - Cercherò di essere annunciatore e segno della misericordia di Dio». E’con queste parole che don Andrea Migliavacca, vescovo eletto di San Miniato, si è rivolto alla Diocesi nel suo primo saluto.
Don Andrea, 48 anni, viene da Binasco (PV) dove è cresciuto e ha mosso i primi passi nella vita cristiana e nella vocazione sacerdotale.
Un cammino che lo ha portato oggi ad essere il più giovane vescovo italiano. Entrato nel Seminario diocesano nel 1986, ha completato gli studi in preparazione all’ordinazione sacerdotale, che ha ricevuto il 27 giugno 1992. Dal 1992 al 1996 è stato alunno del Pontificio Seminario lombardo in Roma e ha conseguito la laurea in Diritto Canonico presso la Pontificia Università Gregoriana nel 1996.
Dopo molte esperienze e incarichi di responsabilità in diocesi di Pavia, specialmente all’interno del tribunale ecclesiastico regionale e nel campo della pastorale giovanile, con l’Azione Cattolica e gli scout, si accinge a fare il suo ingresso a San Miniato che da un anno esatto attende il suo Pastore.

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