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DALLA DIOCESI -  Un appuntamento dedicato ai giovani animerà la Chiesa diocesana nei prossimi giorni. La GmG quest’anno verrà celebrata a livello diocesano e si svolgerà sabato prossimo, 8 aprile, a San Miniato. I ragazzi si ritroveranno al convento di San Francesco alle ore 20 per consumare la cena al sacco, per poi spostarsi in Cattedrale dove saranno accolti dal Vescovo che proporrà una riflessione sul tema della giornata: «Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente» (Lc 1,49). La serata proseguirà con l’adorazione della Croce e con la possibilità di accostarsi al Sacramento della Riconciliazione. L’incontro è rivolto, indicativamente, ai ragazzi dai 16 anni in su.
Il Santo Padre ha offerto una prospettiva sulla GmG diocesana di quest’anno inquadrandola in un cammino che segue il grande incontro internazionale dell’estate scorsa.

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SAN MINIATO - È stata la serata più affollata tra gli incontri che si tengono ogni mese presso l’aula magna del Seminario sul tema dei rapporti tra cristiani e musulmani in Medio Oriente. A tenere la conferenza, il 15 marzo scorso, p. Samir Khalil Samir, gesuita egiziano, docente presso l’Università Gregoriana e il Pontificio Istituto Orientale di Roma. “Considerare i musulmani come gente di un altro mondo oppure come nemici o gente con la quale non si può convivere - ha esordito padre Samir - non è un atteggiamento cristiano”. La presenza dei musulmani in Europa dev’essere vista piuttosto come un’opportunità. Un tempo, ha ricordato il conferenziere, erano i missionari che, affrontando grandi pericoli, dovevano compiere lunghi viaggi per raggiungere i popoli da evangelizzare: “Oggi non abbiamo più bisogno di attraversare il mare. Ma c’è ancora qualcuno che annuncia il vangelo?”.
Un appello in controtendenza, quello di p. Samir, rispetto alla nostra mentalità intrisa di sensi di colpa e tiepidezza spirituale. “L’immagine che i musulmani hanno dell’Occidente è molto negativa”, ha proseguito il sacerdote egiziano. Gli occidentali sono considerati, a torto o a ragione, moralmente corrotti e miscredenti. Il fanatismo islamico è una reazione proprio a questa situazione di irreligiosità. “Ecco il nostro compito”, ha suggerito p. Samir: “più riusciremo a rafforzare in profondità il nostro Cristianesimo più l’Islam sarà meno fanatico”. Pertanto è necessario rievangelizzare i cristiani. Anche i musulmani allora potranno comprendere la bellezza del Vangelo. Una cosa che in alcuni casi accade già: “I protestanti fanno qualcosa che noi non osiamo fare”, ha notato il relatore: “Distribuiscono il Vangelo, dicono: prendi e leggi. E ci sono molti convertiti. Bisogna avere il coraggio di dire la nostra fede, spiegare senza paura e con amore ai musulmani perché è bello seguire il Vangelo”.
Regolare i flussi migratori, controllare chi arriva è compito dello Stato. Il compito della Chiesa è quello di accogliere. Ci sono milioni migranti, “persone che non hanno più speranza, e non per colpa loro. Se non li aiutiamo noi, chi lo farà?”. E così facendo noi testimoniamo l’essenza del Vangelo. “Tutte le religioni monoteiste dicono: non c’è altro Dio se non Dio. Ma quale significato c’è dietro la parola Dio? I musulmani hanno 99 bei nomi di Dio, ma nel Corano ne manca uno: Dio è amore. Questo è San Giovanni che lo dice. Ebrei e musulmani hanno tante cose belle, ma non arrivano mai al livello del Vangelo”.

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MARTI -I Gruppi e le Comunità del Rinnovamento nello Spirito Santo celebrano annualmente, con speciali iniziative e diverse modalità in tutta Italia, la Festa del Ringraziamento in memoria del 14 marzo 2002, giorno dell’approvazione definitiva dello Statuto del RnS da parte del Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana.Anche nella nostra Diocesi con la presenza del Vescovo, presso la sala teatro di Capanne, ospitati e accompagnati durante tutta la festa dal parroco don Fabrizio Orsini, che per diversi anni è stato l’assistente spirituale diocesano del RnS, domenica 12 marzo, i fratelli e le sorelle appartenenti al movimento si sono ritrovati in un clima di accoglienza festosa e di giubilo per lodare, ringraziare e benedire il Signore. È seguita una potente invocazione allo Spirito Santo per chiedere una vita nuova, un cuore nuovo ma soprattutto un nuovo slancio missionario per annunciare con franchezza la Parola di Dio. Sono stati proiettati due video commemorativi: il primo ci ha raccontato le meraviglie che il Signore ha compiuto nell’anno appena trascorso; mentre il secondo ci ha ricordato le nostre origini quando 50 anni fa, nel febbraio del 1967, una ventina di giovani studenti dell’università di Duquesne in Pennsylvania, USA, sperimentarono durante un ritiro la potenza della Pentecoste. Da quella scaturigine nacque il movimento carismatico presente in 204 paesi del mondo, in Italia diffuso da più di 40 anni.

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MONTEFOSCOLI - Mentre i media, la stampa tutta, registrano ogni giorno fatti, vicissitudini familiari, turbamenti economici con ripercussioni pesanti sulla società che danno un volto puramente egoistico, possessivo, privo di valori morali, mirante solo alla crescita individuale del più forte e del più furbo, si fanno luce anche fatti ed iniziative che innalzano l’uomo al suo più alto e nobile valore: rendersi disponibile al dono di aiuto verso i suoi simili più bisognosi e sofferenti.
Così è avvenuto a Montefoscoli, in diocesi di Volterra, una parrocchia del comune di Palaia, il cui territorio comprende molte località della nostra diocesi sanminiatese, accumulando così un vasto territorio conforme per cultura, per stile di vita, per assetto naturale e paesaggistico.
La presenza del nostro vescovo Andrea che ha portato il saluto della nostra diocesi al vescovo Alberto di Volterra, al card. Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei Vescovi, che ha presieduto l’intera liturgia, ce lo fa rivelare.
Si è festeggiato con solenne, popolare e partecipata celebrazione la conclusione del restauro della chiesa che costituisce una parte del progetto Casa Ilaria a La Badia.
Questa notevole opera si occuperà, come ha riferito il card. Baldisseri, nativo di Barga e presbitero dell’Arcidiocesi di Pisa, «di una porzione di umanità ferita, bisognosa di attenzione e di particolare cura nelle famiglie e nelle istituzioni civili e religiose».

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Nelle utlime settimane politica e stampa non hanno parlato d’altro che di eutanasia, suicidi assistiti, testamenti biologici, “rischi” di mancanza di medici abortisti.
Queste, isnomma, le urgenze del nostro Paese.
Poi d’improvvisto scoppia la bomba mediatica e ci accorgiamo di una cosa che in fondo già tutti sapevano, ma che sembra interessare pochi: le nascite in Italia continuano a crollare a picco. Mentre a Roma si discute di varie forme di morte, la vita (non solo a Sagunto) è espugnata.

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SANTA CROCE - La pace era di casa la sera del 2 marzo scorso, al teatro Verdi di Santa Croce. In occasione di un dibattito organizzato dall’amministrazione comunale sul tema del “Mediterraneo e le sue instabilità”, che ha visto sul proscenio come relatori il nostro vescovo mons. Andrea Migliavacca e il presidente dell’Ucoii (Unione comunità islamiche d’Italia) Izzedin Elzir, la platea offriva in un colpo d’occhio l’immagine di una convivenza non soltanto possibile e auspicabile, ma già in atto. In prima fila il sindaco Giulia Deidda e il parroco mons. Romano Maltinti. Intorno alle autorità civili e religiose, tanti santacrocesi giovani e meno giovani, autoctoni e non, compresi alcuni volti dai tratti inconfondibilmente arabi, barbe e caffettani, che gremivano la sala e si affacciavano dai palchi del delizioso teatro. Il moderatore, Pierluigi Conforti, professore di Diritto Ecclesiastico all’Università di Pisa, più volte ha riportato il discorso sulle difficoltà nei rapporti tra le grandi religioni monoteiste e sulle tensioni presenti nel bacino del Mediterraneo e nel Medio Oriente, ma i due relatori hanno mantenuto fino in fondo uno sguardo positivo e fiducioso.

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DALLA DIOCESI - Il dibattito sul diritto all’obiezione di coscienza sembra non conoscere tempo e luogo, ne sono un esempio gli ultimi avvenimenti che si sono rapidamente succeduti in questi giorni: la discussione parlamentare sulle DAT (dichiarazioni anticipate di trattamento) e, indirettamente, sul ruolo del medico, il concorso al San Camillo di Roma riservato esclusivamente a medici non obiettori e l’uscita dell’ultimo film di Mel Gibson «La battaglia di Hacksaw Ridge» che narra la storia di Desmond Doss, giovane obiettore di coscienza medaglia d’onore per il suo operato durante la seconda guerra mondiale. Nonostante l’attualità della discussione l’opinione pubblica tende sempre più spesso a identificare la coscienza con il libero arbitrio, tendenza che, purtroppo, non risparmia neanche coloro che professano la fede cattolica. La Chiesa attraverso il suo magistero è invece molto chiara sul ruolo che la coscienza riveste nell’agire del credente. Come afferma san Tommaso d’Aquino la coscienza «altro non è che la luce dell’intelligenza infusa in noi da Dio. Grazie ad essa conosciamo ciò che si deve compiere e ciò che si deve evitare. Questa luce, o questa legge, Dio l’ha donata alla creazione». È nell’intimità della coscienza che conosciamo la legge naturale ossia quella legge scritta nel cuore di ogni uomo che gli permette di distinguere il bene dal male indipendentemente dalla sua estrazione sociale, religiosa o culturale.

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SAN MINIATO - Coltivate l’amicizia, AC di San Miniato, vogliatevi davvero bene. Sia questa la vita dell’AC in diocesi, sia questa la vostra presenza nella nostra comunità cristiana».
Con queste accorate parole il vescovo Andrea concludeva il suo saluto agli aderenti all’Azione Cattolica riuniti a San Miniato, domenica 19 febbraio, per la XVI assemblea diocesana elettiva. Sono parole prese a prestito da un altro vescovo a cui stava a cuore l’associazione, mons. Tonino Bello, che consegnò lo stesso messaggio ai giovani dell’AC di Lecce nel 1993.
Circa cinquanta soci di Azione Cattolica, in rappresentanza delle associazioni parrocchiali, si sono incontrati per verificare il triennio appena concluso, confrontarsi sul percorso futuro, offrire nel sacrificio eucaristico le gioie, le fatiche, le speranze di coloro che tramite l’Azione Cattolica vivono una particolare vocazione laicale di discepolato e testimonianza cristiana in comunione con la Chiesa locale.
Accanto alle note fatiche dell’AC (riduzione dei numeri, difficoltà nel ricambio delle responsabilità) il vescovo Andrea ne ha sottolineato anche le potenzialità: l’AC è una via di attualizzazione del Concilio Vaticano II, una delle poche realtà che valorizza il laicato e che si pone a servizio dell’unica pastorale diocesana, un’esperienza che fa della formazione permanente per le varie fasce di età una specifica scelta. «Come vescovo voglio bene all’AC e alle persone di AC; è una realtà che voglio sempre più considerare in diocesi, anche attraverso il confronto condiviso su obiettivi e cammini da fare; è una realtà che chiedo a parrocchie e parroci di accogliere e promuovere».

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SAN MINIATO - L' Azione Cattolica, i giovani, il cammino della diocesi: questi i temi che mons. Migliavacca ha trattato questa settimana in questa intevista a La Domenica:

Eccellenza, l’Ac diocesana è a un momento importante della sua vita associativa con il rinnovo del Consiglio e dei responsabili di settore: come sta seguendo questo percorso?
«Parteciperò alla giornata dedicata all’Assemblea diocesana e sarà l’occasione per condividere la mia riflessione sull’AC in diocesi e per vivere insieme l’Eucaristia che dà il senso più vero del servire e del partecipare nella Chiesa.
Sto seguendo il cammino preparatorio incontrando alcune delle figure dei responsabili e degli assistenti e partecipando ad alcuni momenti associativi, come è stato in occasione della marcia della pace dell’ACR a Perignano. L’assemblea diocesana è momento vitale e decisivo del cammino di AC: si vive lo sguardo al cammino fatto e insieme si definiscono linee programmatiche per il futuro. Dall’Assemblea scaturisce anche il nuovo Consiglio diocesano, quindi le diverse presenze di laici, giovani ed adulti, disponibili ad assumersi una responsabilità. Sono grato a quanti servono e dedicano il loro tempo per l’AC».

A Pavia lei è stato per molti anni assistente di Ac, che cosa si ricorda di quel periodo?
«Ho avuto la fortuna e l’opportunità di vivere ruoli diversi come assistente: l’ACR da giovane prete, poi assistente del settore giovani, in seguito assistente unitario e per due trienni assistente regionale del settore giovani. Prima ancora ricordo che facevo parte dell’ACR da ragazzo al mio paese, Binasco, dove poi ero stato anche eletto nel consiglio parrocchiale di AC.
L’esperienza di AC mi ha dato l’opportunità di sperimentare fin da giovane prete la ricchezza della collaborazione e della condivisione con i laici. L’associazione è una realtà dove il prete svolte un ruolo importante, educativo anche verso i più giovani, animatore dei diversi carismi, ma insieme deve imparare ad ascoltare, camminare con altri, saper prendere decisioni non da solo, ma nel confronto con i laici. E’ una grande scuola di Chiesa, di partecipazione, di servizio. Come rettore del seminario a Pavia si è cercato di far conoscere l’AC ai seminaristi sia con alcuni incontri formativi in seminario sia con la partecipazione ai campi scuola: è sicuramente importante che un seminarista conosca da vicino l’associazione e poi possa da prete promuoverne la presenza in parrocchia, al di là delle proprie personali sensibilità.  Inoltre un ricordo molto vivo è quello dei campi scuola estivi che si vivevano al Passo del Tonale. Bellissimi campi con l’ACR, gioco notturno nel bosco, preghiera e canti, camminate sui monti… I campi scuola sono esperienze affascinanti ed indimenticabili. In AC sono nate tante belle amicizie, ancora vive e forti. L’amicizia con i vari vicepresidenti dei settori e anche con chi è stato presidente diocesano, i legami nati grazie agli incontri nelle parrocchie. Porto nel cuore tanti volti e vari incontri che ancora mi arricchiscono.
Infine ho vissuto un tempo affascinante e insieme difficile dell’AC, soprattutto negli anni di presidenza nazionale di Paola Bignardi. La presidente, a cui va tanta gratitudine, ha promosso e accompagnato in AC un importante cammino di rinnovamento e di riforma che ci ha aiutato a scoprire il ruolo associativo e la bellezza di servire la Chiesa come Azione cattolica, nel nostro tempo e nel nostro Paese. Certamente sono stati anni in cui si sono ridotti i numeri degli associati e le occasioni di presenza dell’associazione, ma non è venuta meno la passione di chi tanto ha dedicato per la vita dell’azione cattolica. I vescovi di allora, mons. Volta e poi mons. Giudici hanno sempre in modo molto convinto sostenuto il cammino di AC in diocesi e questo è stato di grande importanza».

Qual’ è, secondo lei, lo specifico carisma che quest’associazione ha anche rispetto alle altre realtà ecclesiali di San Miniato?
Ogni aggregazione laicale, movimento, associazione, gruppo ha un proprio carisma, un proprio posto nella Chiesa e nella comunità diocesana e va scoperto come ricchezza, come dono, come presenza da valorizzare, benedire e promuovere. Colgo l’occasione per dire una parola di ringraziamento a tutte le aggregazioni ecclesiali presenti in diocesi e che la rendono così viva e vivace.
L’azione cattolica di cui già il Concilio Vaticano II parla e che di nuovo sceglie come associazione essenziale per il cammino di Chiesa, la cui storia viene da molto lontano, è l’unica associazione riconosciuta dai vescovi che ha come carisma la missione propria della Chiesa particolare. Significa che l’AC non ha un proprio programma da perseguire ma, in collaborazione con i pastori, serve il fine primario della Chiesa, la sua missione, la sua pastorale. E’ l’associazione che si affianca e accompagna il cammino concreto della Chiesa nella sua collocazione diocesana, in comunione con il vescovo.
In particolare è proprio dell’AC un compito formativo: essa deve contribuire alla formazione dei laici perché ci siano nella comunità laici maturi. Inoltre l’AC ha un compito apostolico: si tratta appunto di lavorare per la missione della chiesa che è la pastorale ordinaria della diocesi.
Tenendo conto di questo orizzonte l’AC ha poi una propria metodologia, strumenti, esperienza, attenzione alla promozione dei laici che la rende una presenza ricca ed efficace.
È molto importante, si può comprendere, il legame diocesano e anche la presenza dell’AC nelle singole parrocchie: solo così può efficacemente promuovere una formazione e attivarsi per la missione apostolica.
Infine va ricordata la specificità del tesseramento: si chiede di associarsi all’associazione aderendo con una tessera. Questo mette in luce la dimensione associativa che è un valore aggiunto, una ricchezza nel vivere il proprio essere cristiani nella comunità.
Così diceva all’AC papa Francesco nell’udienza del 3 maggio 2014: “Andare. Mai un’azione cattolica ferma, per favore! Andare per le strade delle vostre città e dei vostri Paesi, e annunciare che Dio è Padre e che Gesù Cristo ve lo ha fatto conoscere e, per questo la vostra vita è cambiata: si può vivere da fratelli, portando dentro una speranza che non delude. Ci sia in voi il desiderio di far correre la Parola di Dio fino ai confini, rinnovando così il vostro impegno a incontrare l’uomo dovunque si trovi, lì dove soffre, lì dove spera, lì dove ama e crede, lì dove sono i suoi sogni più profondi, le domande più vere, i desideri del suo cuore. Lì vi aspetta Gesù. Questo significa: andare fuori. Questo significa: uscire, andare uscendo”. Questo è il carisma dell’AC».

Che ruolo immagina per l’ac in diocesi?
«Penso che il nuovo Consiglio diocesano, a partire dal cammino diocesano, tenendo conto anche della mia lettera pastorale, comprendendo le diverse necessità e urgenze della nostra comunità dovrà individuare alcuni obiettivi e delle strategie per essere una AC presente e operativa. Spero di poter partecipare e contribuire in questa prima operazione di comprensione e di discernimento.
Mi auguro poi che l’AC possa gradualmente essere presente in tutte le parrocchie della diocesi, con gruppi reali, con associati, con diverse attività. Sarebbe proprio bello una ACR presente in ogni parrocchia, dei gruppi giovani, la presenza degli adulti… Sto forse sognando? Conosco bene le difficoltà dell’AC, ma non ho smesso di crederci e di ritenere che essa è strumento necessario per la pastorale nella parrocchia e quindi anche diocesana.
Immagino anche una ACR divertente, capace di animare ed educare i ragazzi così che, ad esempio, alla prossima marcia della pace siano presenti tante parrocchie della diocesi con i loro ragazzi…
Spero in una AC capace di offrire veri cammini spirituali ai giovani, attenta al cammino vocazionale, al discernimento e… quindi una associazione da cui anche nascano nuove vocazioni giovanili al sacerdozio e alla vita consacrata.
Penso ad una AC adulti realmente presente, capace di aggregare le famiglie, attenta agli anziani, prima responsabile dell’educazione dei ragazzi e dei giovani, terreno in cui maturano autentiche disponibilità al servizio nella Chiesa.
Vorrei raccomandare l’AC a tutti i preti della diocesi: è un bel regalo che la chiesa ci fa».

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DALLA DIOCESI  - In questa penultima settimana prima dell’assemblea diocesana di AC offriamo un riflessione sull’esperienza associativa degli adulti.
Innanzitutto il laico di AC è un adulto nella fede. La vita secondo lo Spirito è il fondamento di quello che si vuole essere come cristiani, tanto più come laici, ancor di più come laici di AC. Dobbiamo coltivare intensamente questa dimensione della nostra vita, del nostro servizio alla Chiesa e al mondo.
L’esperienza che in qualche modo ci caratterizza è quella di darsi una "regola" di vita spirituale, fatta di cose semplici, a misura di ciascuno. Sembrerebbe una contraddizione che un laico abbia una "regola". Ma c’è un’unica ragione che ci fa dire che vale la pena darsi una "regola": la complessità del tempo che stiamo vivendo, lo schiacciamento che subiamo nell’accelerazione che la vita spesso ci impone, richiedono una capacità di fare sintesi, di andare all’essenziale e a darci del tempo, tempo per lo Spirito. Queste sono le ragioni di una "regola" di vita spirituale per il laico di AC.

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