La masseria delle allodole

SAN MINIATO - Verterà sulla tragedia del popolo armeno lo spettacolo principale in programma per il prossimo luglio a San Miniato, nell’ambito della 72a edizione del Dramma Popolare. Alla stesura del testo, ispirato al romanzo “La masseria delle allodole” di Antonia Arslan, sta lavorando il regista Michele Sinisi su incarico del direttore artistico del festival sanminiatese, Masolino D’Amico.

Il romanzo di Antonia Arslan, scrittrice italiana di origini armene, racconta una storia vera: gli eventi che travolsero la sua famiglia d’origine nella primavera del 1915, quando il governo turco decise l’annientamento del popolo armeno, mettendo in atto il primo genocidio del XX secolo. Tutti gli armeni maschi avrebbero dovuto essere massacrati e tutte le donne deportate. Lo shock del passaggio improvviso da una situazione di convivenza pacifica e di benessere alla più brutale delle persecuzioni è magistralmente descritto nel romanzo, vincitore del premio Campiello, da cui i fratelli Taviani trassero nel 2007 un film di grande impatto emotivo.

La pièce teatrale cercherà di veicolare il fascino della cultura del popolo armeno e di far rivivere l’avventura terrificante del genocidio che l’ha colpito.
Il vescovo Migliavacca, intervenuto alla presentazione dello spettacolo alla stampa, ha commentato sottolineando la capacità, che il Dramma Popolare dimostra ogni anno, di cogliere un tema di grande attualità. «Ricordare un genocidio come quello degli armeni, e la realtà della guerra, dei conflitti combattuti nel secolo scorso ma anche di quelli attuali, ad esempio in Siria - ha affermato il vescovo - è un voler dare il nostro contributo alla sensibilizzazione sul tema della pace».
La proposta della «Masseria delle allodole», ha sottolineato mons. Migliavacca, «tocca due aspetti che anche il magistero della Chiesa ha considerato sempre come elementi necessari e indispensabili per costruire la pace. Il primo elemento è l’attenzione alle minoranze, ovvero la capacità di integrazione, di accoglienza, di rispetto, di valorizzazione dell’altro. Laddove la società non è capace di accogliere e integrare chi è diverso, si provocano fratture e si creano i presupposti per l’evento drammatico della guerra, arrivando addirittura a pensare di poter eliminare un popolo, come è stato fatto con gli armeni e, in seguito, con gli ebrei».
«Un secondo elemento che la tematica di quest’anno sottolinea», ha aggiunto il presule «è quello del perdono. Ricordo che già Giovanni Paolo II, nella visita che fece a Sarajevo, poco tempo dopo l’assedio di quella città - dove tra famiglie, tra vicini, c’erano stati degli scontri reciproci e dei lutti - parlò del perdono come unica via di riconciliazione. La vicenda del popolo armeno diventa, quindi, appello alla capacità di perdono come strada necessaria per costruire la pace».