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SAN MINIATO - I fatti di cronaca, una volta rappresentati sul palcoscenico, diventano simboli universali che illuminano le domande più profonde dell’uomo. Il Dramma Popolare di San Miniato ha operato questa trasfigurazione dell’attualità più volte negli ultimi anni. Ricordiamo in particolare «Anima errante», che aveva sullo sfondo il disastro di Seveso del 1976, e «Finis Terrae» che rileggeva il tema, dolorosamente attuale, degli sbarchi di immigrati sulle nostre coste. Anche quest’anno lo spettacolo centrale della Festa del Teatro ha preso le mosse da un fatto di cronaca recente: l’uccisione dell’arcivescovo di San Salvador, Oscar Arnulfo Romero, il 24 marzo 1980 mentre celebrava la Messa. Il vescovo Romero che è stato segno di contraddizione e oggetto di polemiche per tanti anni e che papa Francesco ha proclamato Beato il 23 maggio 2015.


Gli ultimi tre anni di vita del beato Oscar Romero sono ripercorsi nell’opera «Il martirio del Pastore» del costaricano Samuel Rovinski, tradotto e adattato per il pubblico italiano da Eleonora Zacchi e diretto da Maurizio Scaparro, uno dei più celebri registi teatrali.
Sul palco Oscar Romero è stato interpretato da Antonio Salines, al quale si deve anche la scoperta del testo, già noto in tutta l’America latina, che ha visto a San Miniato la prima assoluta europea.
Una rappresentazione essenziale, quasi documentaristica e con ritmi televisivi, che illustra con semplicità la situazione del paese sudamericano di El Salvador, ma anche dell’intero continente, che a fine degli anni Settanta viveva un’epoca tumultuosa, intrecciata con le vicende geopolitiche internazionali. Le proteste dei contadini che invocavano la riforma agraria e denunciavano i massacri e i rapimenti operati dal regime dittatoriale, le trame degli oligarchi e dei colonnelli, l’impegno di coraggiosi sacerdoti gesuiti e la graduale presa di coscienza da parte del Vescovo Romero della necessità di schierarsi apertamente dalla parte del popolo oppresso, si svolgono ai piedi di una croce nuda e di un altare di legno, sui gradoni di un simbolico calvario.
Nella sua interpretazione del Beato Salines ha privilegiato l’aspetto della mitezza e dell’umanità del beato piuttosto che il suo carisma e la sua forza comunicativa, riuscedndo così a trasmettere una profonda commozione e partecipazione emotiva da parte del pubblico.
Da segnalare anche la bravura di Edoardo Siravo, che sul palco del dramma ha interprato vari personaggi e quest’anno ha vestito i panni dell’oligarca, uno dei cattivi di questa storia, che fino alla fine cerca di persuadere il beato ad abbondare la lotta a fianco dei campesinos e ridurre al silenzio il «microfono di Dio».
Lo spettacolo che ha chiuso il sipario lo scorso 20 luglio, e già in cartellone a Roma per il prosasimo autunno, è stato un vero successo per la soddisfazione di tutto il cast e della produzione. In particolare di Antonio Salines, che è riuscito a mantenere la promessa fatta a Rovinski, mancato due anni fa, di portare il suo spettacolo in giro per l’Europa.