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SAN MINIATO - Si leggeva negli occhi del nuovo sacerdote della diocesi, Marco Billeri, la gioia per il momento più significativo della vita di un prete, la sua ordinazione presbiterale, svoltasi domenica 2 ottobre nella chiesa cattedrale a San Miniato. Erano presenti i famigliari, gli amici della parrocchia di San Giovanni Evangelista in Santa Maria a Monte, i seminaristi di San Miniato e di altre diocesi toscane ed anche alcuni preti del Seminario Lombardo in Roma dove Marco ha da poco iniziato un nuovo percorso di comunità e di studio.

È stata una celebrazione commovente e ricca di momenti carichi di significato che accompagneranno la vita del nuovo presbitero. Come ha detto mons. Migliavacca, introducendo l’atto penitenziale all’inizio  della Messa, “vogliamo accogliere l’opera della Spirito Santo grati per quello che compie in noi e nella vita di don Marco”.
Nell’omelia il presule ha poi commentato i brani della liturgia della Parola. La lettura dal libro del profeta Abacuc ha illumina l’orizzonte della vocazione di Marco: “si tratta di acquisire anzitutto le qualità umane di chi, con la cordialità della vita, con le doti necessarie per intessere e coltivare buone relazioni, sa vedere per primo lui, nella sua vita, il bene che c’è, la fedeltà di Dio, lo spazio del suo amore e della sua misericordia”. Così anche nella seconda lettura: “Figlio mio, ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te mediante l’imposizione delle mie mani”, la parola di Paolo a Timoteo ha ricordato il rito stesso che si andava a compiere, l’imposizione delle mani. Gesto antico tramite il quale a Marco viene affidato il dono di Dio che rende il presbitero capace di vivere "come Cristo, con Cristo".
Il vescovo ha indicato commentando il Vangelo, lo stile dell’esser preti: "Anzitutto ti viene ricordato che sei figlio. Lo sei di fronte al Padre nel cielo che ti ha chiamato e che ti ama, colui che ti ha dato la vita e da cui dipende, colui verso il quale andiamo. Ma sei figlio, riconosci, cioè la vita che hai accolto come dono. Riconoscila con la gratitudine del cuore verso chi si è fatto custode della tua vita, da figlio: i tuoi genitori, il seminario, il volto concreto di alcuni preti… Sei figlio, sei uno la cui vita è stata custodita. Il dono del diventar prete è dato ad uno che è e rimane figlio".
Il presule ha sottolineato come l’ordinazione sacerdotale sia anzitutto un dono che si riceve gratuitamente: "Non accade di scegliere e assumere un impegno professionale, ma di accogliere un dono. Si tratterà, Marco, di lasciare che l’amore di Dio, il dono, visiti la tua vita grazie allo Spirito santo e la inondi dell’amore di Dio. Sono le mani del vescovo che sul tuo capo ti fanno collaboratore del ministero apostolico, cioè all’interno di una comunità, la Chiesa e mai da solo, quasi si possa essere presbiteri solitari per mete personali. L’imposizione delle mani dei presbiteri presenti è il segno della comunità che ti accoglie e con la quale dovrai naturalmente camminare". Il vescovo l’ha ribadito con forza: "Non si può essere preti da soli".
L’apertura e la generosità verso l’altro è una conseguenza del dono, per cui mons. Migliavacca ha aggiunto: "Ti viene ricordato, Marco, che ciò che è dono e che accade in te è affidato anche alla tua responsabilità. Non si tratta solo di ricevere un dono, ma di farne sempre dono, nella gratuità".
L’espressione provocatoria usata da Gesù nel Vangelo quando invita a definirsi "servi inutili", dopo aver fatto tutto ciò che dobbiamo fare, ha dato lo spunto per un utleriore riflessione: «C’è bisogno di preti credenti, di preti la cui fede li convince che nel proprio fare, pregare, amministrare sacramenti, vivere la carità in verità fa il Signore, opera Lui e per questo si può definire servo inutile. Il servo inutile è quell’amico che può e che deve operare, servire, farlo nella gratuità ma sa e annuncia che è il Signore colui che davvero opera, salva e dona la vita».
Mentre don Marco era prostrato ai piedi  dell’altare sono risuonate le litanie dei santi. Poi i solenni riti dell’Ordinazione: l’imposizione delle mani sul capo di don Marco da parte del Vescovo e poi di tutti i numerosi sacerdoti presenti, l’unzione delle mani del sacerdote novello con il sacro Crisma, la consegna del pane e del vino da consacrare, l’abbraccio della pace con tutti confratelli sacerdoti, segno di accoglienza all’interno del presbiterio diocesano di San Miniato.
«Non si può essere preti da soli».
Ad aiutare don Marco a vestire la casula e la stola sacerdotale il suo parroco don Bruno Meini. Ulteriore segno della comunione nel sacerdozio e nella trasmissione della fede.

Don Marco ha poi concelebrato la sua prima Messa e ha avuto la gioia di distribuire la comunione anche ai suoi genitori e ai familiari ed amici, pieni di commozione.

 “A don Marco la nostra preghiera” è stata la richiesta finale di Mons. Migliavacca che ha ricordato come lo Spirito Santo ha portato, anche con la nuova ordinazione, amore nel nostro cuore: “lasciamo che sia questo a guidare i nostri passi e la vita del nuovo sacerdote».