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SANTA CROCE - La pace era di casa la sera del 2 marzo scorso, al teatro Verdi di Santa Croce. In occasione di un dibattito organizzato dall’amministrazione comunale sul tema del “Mediterraneo e le sue instabilità”, che ha visto sul proscenio come relatori il nostro vescovo mons. Andrea Migliavacca e il presidente dell’Ucoii (Unione comunità islamiche d’Italia) Izzedin Elzir, la platea offriva in un colpo d’occhio l’immagine di una convivenza non soltanto possibile e auspicabile, ma già in atto. In prima fila il sindaco Giulia Deidda e il parroco mons. Romano Maltinti. Intorno alle autorità civili e religiose, tanti santacrocesi giovani e meno giovani, autoctoni e non, compresi alcuni volti dai tratti inconfondibilmente arabi, barbe e caffettani, che gremivano la sala e si affacciavano dai palchi del delizioso teatro. Il moderatore, Pierluigi Conforti, professore di Diritto Ecclesiastico all’Università di Pisa, più volte ha riportato il discorso sulle difficoltà nei rapporti tra le grandi religioni monoteiste e sulle tensioni presenti nel bacino del Mediterraneo e nel Medio Oriente, ma i due relatori hanno mantenuto fino in fondo uno sguardo positivo e fiducioso.


Rispondendo a una prima domanda sul contesto geopolitico del Mediterraneo entrambi gli ospiti hanno sottolineato la lunga storia di scambi culturali e di convivenza che hanno caratterizzato, pur fra tanti conflitti, la presenza islamica e cristiana. «Queste religioni, se sono diverse, come fanno nella loro diversità a incontrarsi?», ha rintuzzato il moderatore. Il Vescovo ha risposto facendo riferimento alla Dichiarazione Nostra aetate del Concilio Vaticano II, che individua il punto di contatto tra le religioni monoteistiche nell’esperienza della ricerca di Dio e nell’aver incrociato, pur in tappe diverse, la rivelazione di un Dio che prende l’iniziativa per farsi conoscere. In particolare, ha ricordato mons. Migliavacca, il Concilio «dedica uno sguardo all’Islam, riconoscendo l’unico padre comune in Abramo e quindi condividendo una condizione di fratellanza con i nostri fratelli ebrei e musulmani». L’imam di Firenze ha invece sottolineato la ricchezza della diversità derivante dalla libera scelta dell’uomo: «La base della scelta religiosa è la libertà. Dio ci ha creati liberi e allora la religione dev’essere una scelta libera. Non è un caso se nell’islam c’è un capitolo del Corano che dice in maniera molto chiara che non c’è costrizione nella religione. Allora, se concordiamo su tanti valori, come mai abbiamo preso strade diverse? Ripeto: Questa è la bellezza della libertà che è stata donata dal Signore a noi».
Il prof. Conforti ha rilanciato: «Quindi voi dite che la diversità tra le religioni è in qualche modo una volontà di Dio e che dobbiamo accogliere questo come una ricchezza. Allora come mai queste religioni spesso sembrano incompatibili? E’ soltanto colpa di quelli che non hanno capito questo disegno?». Questa domanda ha offerto l’occasione al Vescovo per fare una breve ma profonda lectio divina sulla vocazione di Abramo, padre comune delle tre grandi religioni monoteiste. Il patriarca ascolta la chiamata di Dio e abbandona la sua patria per andare verso la terra promessa, di cui non sa niente. Ma quando arriva scopre che quella terra è già occupata. Abramo fa l’esperienza di dover imparare a convivere. E sembra dirci: «Ebrei, cristiani, musulmani, potreste guardarvi come abitanti di un condominio dove è faticoso convivere, dove gli scontri, le diatribe sono frequenti, ma dove occorre continuamente mettersi d’accordo». Alle stesse difficoltà di convivenza ha accennato Izzedin Elzir, facendo riferimento a Caino e Abele: «Questa convivenza com’è difficile! - ha esclamato - Non solo tra gli abitanti di un condominio, ma anche all’interno di un’unica famiglia». Costruire la convivenza è il vero grande Jihad, parola tanto bistrattata ma che ha un significato molto bello: la lotta per l’auto-dominio, per vivere in armonia con se stessi, con Dio e con gli altri.
Il moderatore ha riportato l’attenzione sull’attualità politica, con una domanda sul problema dell’immigrazione, che ha visto i due relatori concordi nell’affermare da un lato la necessità di accogliere i migranti, che si muovono in massa spinti dalla guerra e dalla povertà, dall’altro il bisogno di regole e di un maggiore coinvolgimento dell’Europa. L’Italia non può essere lasciata sola. Un’osservazione interessante fatta dal prof. Conforti è stata quella riguardante l’origine delle paure che spingono a chiuderci, a costruire muri: ciò che ci ci spaventa non è lo straniero in sé, ma il povero, che sia straniero o no. Quello che ci inquieta di più è l’idea che possiamo diventare poveri anche noi.
Un po’ di domande “cattive” sono arrivate dalla platea, indirizzate principalmente al rappresentante musulmano, riguardo alla condizione dei cristiani e delle donne nei Paesi a maggioranza islamica. Rispondendo, il dottor Elzir ha preso chiaramente le distanze dai Paesi non democratici che non rispettano i diritti delle persone ed ha auspicato, da italiano, l’intervento del nostro governo a livello diplomatico. Da parte sua, il Vescovo ha lanciato due brevi messaggi, quasi sotto forma di slogan: più libertà religiosa e più Europa. A questo punto uno sparo, all’esterno del teatro, ha fatto trasalire tutti. «Un secondo pensiero, dopo questo sparo - ha aggiunto il Vescovo -: vorrei dire più Europa non solo politicamente». L’Europa non deve rinnegare le proprie radici cristiane (un punto, questo, condiviso anche dall’imam) pena l’incapacità reale di stare insieme e di accogliere veramente l’altro.
Nell’articolato dibattito, che è proseguito fin verso la mezzanotte, non sono mancati gli aneddoti e i racconti personali che hanno messo in evidenza alcuni “segni”, passi avanti concreti sul cammino della pace e della convivenza.