Strage moschee

EDITORIALE - Siamo ormai abituati, purtroppo, alle notizie di cristiani uccisi in chiesa da terroristi di matrice islamica, com’è avvenuto di recente in Pakistan, nelle Filippine, in Indonesia, in Nigeria, in Egitto... Un tributo di sangue che quasi non fa più scalpore tanto è reiterato. Il 15 marzo scorso sono stati invece 50 innocenti di fede islamica a morire in un attentato terroristico mentre pregavano in moschea, in una tranquilla città della Nuova Zelanda.

Sembrerebbe trattarsi dello stesso fenomeno a parti invertite. Eppure la lettura del manifesto con cui l’assassino, Brenton Tarrant, un australiano di 28 anni, ha motivato il suo atto criminale lascia intravedere ben altri orizzonti, che non possono ridursi a quello di uno scontro tra religioni. Il killer non si identifica neanche come cristiano ma come eco-fascista: uno strano ibrido di razzismo e ambientalismo. L’idea di Europa, con le sue propaggini in America e Oceania, è al centro della sua ossessione: l’Europa minacciata dalla sostituzione etnica e culturale provocata dalle migrazioni di massa e dall’alto tasso di fertilità degli «invasori». La sua soluzione è la strage degli innocenti, per fomentare lo scontro fra le etnie. Una soluzione nichilista che non ha nulla di europeo, proprio perché non ha nulla di cristiano. In questa aberrante opzione di violenza è possibile infatti rintracciare solo un tragico paradosso logico: i Tarrant sono parte essenziale di questa deriva nichilista e del problema della perdita di radici, in quanto ne sono il più diretto effetto. L’Europa storicamente è sempre stata un esploso di culture, lingue e tradizioni politiche diverse. L’unico vero elemento identitario, in grado di tenere assieme questo pulviscolo indifferenziato è stato, lo si voglia o no, il cristianesimo. E proprio in un momento in cui si fa un gran parlare di quale Europa vorremmo lasciare ai nostri figli, dobbiamo allora avere il coraggio di dire che questo nostro Vecchio Continente si trova drammaticamente a un bivio: o si rassegna alla dissoluzione - che potrebbe essere anche sanguinosa, perché i Tarrant si moltiplicheranno - o ritrova sé stessa, recuperando la dimensione religiosa e verticale della storia, e insieme restituendo - come voleva Giovanni Paolo II - alla Weltanschauung cristiana il ruolo ispiratore che le spetta. Solo questa seconda opzione farebbe sparire dall’orizzonte, come vampiri all’alba, i Tarrant ancora in germoglio. L’alternativa sarà altrimenti il progressivo incedere di un tetro nichilismo che tutto ingoia e digerisce, dove fondamentalisti di ogni risma faranno strame delle nostre società. I segnali di questa catastrofe sono già in atto; e in tutta sincerità ci dispiacerebbe dare ragione, con venticinque anni di ritardo, al «Clash of Civilizations» del professor Samuel P. Huntington, le cui idee tanti danni han già prodotto, proprio all’inizio di questo nuovo millennio.