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CIGOLI - Fosse stato per il meteo c’erano tutti i presupposti per tirare i remi in barca, e invece al santuario della Madre dei Bimbi, sia gli organizzatori ma soprattutto i pellegrini si sono fatti coraggio e imperterriti hanno sfidato le intemperie pur di far visita alla preziosa Madonna di Cigoli. Già alle 5:30 del mattino, nonostante le intemperie, più di cento pellegrini erano giunti a piedi da Santa Maria a Monte; subito dopo, sempre a piedi, altri e tanti sono arrivati da Ponte a Egola e Stibbio. Bellissima e molto sentita anche la Santa Messa solenne celebrata da S.E. Mons. Fausto Tardelli, che ha omaggiato, sotto un vero e proprio nubifragio, la Sacra Immagine, che per paura di danneggiarla non è stata fatta uscire in processione (per la seconda volta dal dopo guerra ad oggi), la quale però ha visto una partecipazione straordinaria di fedeli, tanto da colmare tutti gli spazi del percorso previsto nel borgo.

Hanno contornato le celebrazioni, il bellissimo concerto di musica leggera della cantante e psicologa Jenny Fumanti, accompagnata dal coro “Le Stelle di astro”, costituito da pazienti oncologiche sottoposte a musicoterapia le quali hanno ricreato un’ atmosfera molto emozionante. Una bella  novità è stato sicuramente la due giorni di pellegrinaggio dei giovani, “dal santuario mariano ai santuari della sofferenza”. Molto partecipata fin dal sabato sera, dove sono saliti al santuario con più di cento fiaccole illuminando e lodando Maria per le strade di Cigoli per la Santa Messa celebrata da Padre Antonio Sergianni, responsabile del comitato organizzatore “Sabactani”. Diverse  famiglie delle parrocchie di Cigoli e Ponte a Egola hanno dimostrato grande ospitalità e accoglienza nei confronti dei pellegrini, mettendo a disposizione le loro abitazioni per trascorrere la notte. Ma il momento più bello e significativo è stato quello della visita ai  luoghi della sofferenza. Partiti da Cigoli alla volta di Prato,( casa famiglia per malati impediti OAMI), Montaione, (casa di riposo Villa Serena), San Miniato, (casa di riposo Del Campana Guazzesi), l’ospedale San Giuseppe di Empoli, e diversi malati domiciliari selezionati in funzione della disponibilità dei familiari. I giovani hanno cercato di portare in questi luoghi il messaggio “Non lasciatevi rubare la speranza” come  recitava la citazione di Papa Francesco posta sui foulard che portavano al collo. Messaggi seminati in ogni luogo e che hanno avuto il loro frutto. Raccogliendo alcune testimonianze dai pellegrini è subito emerso il raggiungimento dell’obiettivo iniziale di questa “missione”: ascoltare per condividere. C’è chi come Lorenzo, ha incontrato il suo allenatore di pallavolo di quando era piccolo, in preda alla sua malattia in una corsia di ospedale, e come, anche dal fondo di un letto, lo abbia ancora una volta “allenato, sì, ma all’accettazione della sofferenza”. O chi come Tommaso, che una volta uscito dalla casa famiglia di Prato, abbia riportato il divenire di emozioni della giornata, fin dai primi istanti in cui era difficile instaurare un rapporto, a causa della non possibilità di parola, fino ad arrivare a capire che “ anche con un semplice gesto, era possibile comunicare molto”.

Poi Giulio,  che si era posto il problema di come poter entrare in contatto con gli ospiti del Campana Guazzesi di San Miniato, “in un primo momento sarei voluto andare via, fino a che non mi sono messo accanto ad una signora in silenzio, la quale ha iniziato a parlarmi dalla sua sofferenza vissuta quotidianamente a causa dell’indifferenza; sono venuto via e mi voleva pagare, per il semplice fatto di averla ascoltata”. Oppure come il gruppo andato a Montaione, i quali hanno ricevuto una vera e propria lezione di vita da molti degli anziani di Villa Serena, “eravamo preoccupati di cosa dire, e invece sono stati loro, raccontandoci le loro vicende che ci hanno coinvolto”; proseguono “ anche gesti infantili, come portare in braccio un orsacchiotto, può nascondere una voragine di sofferenza provata da una donna per una vita intera, a causa della perdita del figlio a 7 anni e per l’impossibilità di  averne un altro”. Esperienze toccanti che a detta di tutti, sono servite per portare conforto e speranza alle persone che le subiscono ma nello stesso tempo, a capire il valore della sofferenza come disegno divino per il nostro bene e quindi disposto ad  accettarla con maggior serenità.

E alla fine, tutto sì è risolto nel dono del “cuore illuminato” a Gesù, al termine della suggestiva recita del Santo Rosario luminoso.