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LAZZERETTO - Venerdì 19 Settembre 2014; ricorderemo questo giorno per la guerra che i nostri paesi hanno combattuto contro un nemico apparentemente fantasma, ma in grado di portare la distruzione più concreta: l’uragano.
Io, abitante di Lazzeretto, posso dire che verso le ore 12 di quel venerdì mi sono trovata davanti ad una situazione “strana”, il cielo carico di nubi si era fatto talmente scuro e denso da sembrare sera inoltrata, i lampioni accesi, l’atmosfera tesa. Situazione per cui era naturale pensare ad un’imminente arrivo di pioggia, o di un temporale estivo. Ed è cominciata così questa guerra, con la caduta di pesanti gocce d’acqua. La situazione però è degenerata nel giro di pochi minuti, chicchi di grandine dal diametro di qualche centimetro hanno sostituito la pioggia, sospinti da un fortissimo vento denso e bianco, che impediva la vista.

Le mura della casa hanno cominciato a vibrare sotto questa “mitragliata” dal cielo, e nonostante le porte serrate e gli avvolgibili abbassati, da fuori arrivavano rumori di oggetti sbattuti dal vento, cocci rotti, vetri frantumati. Chiusa in casa, potendo solo immaginare ciò che stava accadendo là fuori, in uno stato a mezzo tra l’ incredulità e la paura, non mi rimaneva altro che aspettare la fine di questo “bombardamento”. Quando il vento si era abbassato, e la grandine aveva ceduto il passo ad una pioggerella fine, ho aperto la porta. Lo scenario che avevo davanti era apocalittico. Pezzi di tetto a pochi metri dalla mia porta, vasi rovesciati, sedie, cassonetti ed altri oggetti sparsi da ogni parte, le mura esterne ricoperte da pezzi di foglie; l’auto con la carrozzeria impallinata ed un faro rotto. Un pezzo di tetto rimasto a metà era ancora in bilico.Dopo aver constatato cosa era accaduto, con dentro tanta rabbia e tristezza, sono uscita per il paese. Vedere Lazzeretto in quelle condizioni è stato orrendo. Sulla strada c’erano lamiere, pezzi di legno, pezzi di insegne; alberi giganteschi caduti in più punti impedivano del tutto la circolazione. Persone in strada incredule come me, impaurite, alcune senza parole, in silenzio con lo sguardo basso, altre intente a raccontare la loro esperienza. Avvolgibili e muri impallinati, intonaci staccati, vetri rotti, cartelli divelti, tetti franati in strada. Apprendiamo che qualcuno si è ferito, le sirene di vigili del fuoco e ambulanze e il rumore dell’elicottero ci accompagnano fino alla sera. All’inizio non riuscivo a rendermi conto di cosa fosse successo veramente, era tanta la voglia di vedere, capire. Mano a mano che ripercorrevo il paese però cominciavo a sentirmi un’estranea, osservando una devastazione da guerra. Lazzeretto era stato rimodellato, e non riconoscerlo mi faceva molto male: avevo brividi e voglia di piangere. Ci dicono che a Stabbia è ancora peggio, lì i tetti sono stati scoperchiati, la tempesta è stata più forte ed ha risparmiato poche cose. Ci dicono che a Stabbia la Protezione Civile ha montato una base, ed hanno preparato anche un posto per chi non può dormire in casa propria. Io ho visto Stabbia solo il giorno dopo, e mi è rimasta in mente per le sue strade rosse. Rosse dalle macerie delle tegole, in seguito triturate delle macchine. Superato lo shock, tra parenti e vicini di casa ci siamo aiutati, scoprendoci più affiatati che mai, tanto conforto dagli amici, bisogna andare avanti, ricostruire tutti insieme! E alla fine ciò che rimane adesso sono solo qualche maceria a bordo strada. Un’esperienza che ci porteremo dentro per tutta la vita con la consapevolezza che né noi nè i nostri paesi saremo mai più gli stessi.