Consiglio giovani1122

DALLA DIOCESI - Giovani e sessualità, giovani e Chiesa, vocazioni, ambiente, giovani e politica: questi sono alcuni tra i tanti temi da approfondire, emersi dal confronto interno al nuovo «Consiglio» costituito dal vescovo Andrea ad inizio anno ed entrato in funzione ormai da qualche mese, per aiutarlo a riflettere su questioni legate al mondo giovanile e a condividere idee, esperienze e propositi.

Non é un caso però che, tra questi temi, il primo scelto dal neonato gruppo sia stato proprio quello del lavoro, in un momento in cui, nel nostro Paese, nonostante i lievi segnali di ripresa di questi giorni, il tasso di disoccupazione giovanile si assesta al 31,7%, con picchi sconvolgenti nel Meridione.
La composizione eterogenea di questo Consiglio, per origini - geografiche e non solo -, età e per formazione, ha permesso di raccogliere voci diverse sul tema: da chi non si é ancora affacciato al mondo del lavoro ed é spaventato dalle grigie prospettive che vengono prefigurate dai giornali e dai media; a chi, più in là con gli anni, è «prigioniero» della precarietà data dai singoli rinnovi di contratti a tempo determinato che volgono alla loro naturale scadenza; a chi, ancora, ha lasciato un precedente lavoro per dedicarsi allo studio universitario o, infine, si é dovuto accontentare di un «lavoretto» totalmente slegato dalle competenze acquisite durante gli studi.
Personalmente, credo che questo confronto sia stato assai utile per leggere i problemi legati all’accesso dei giovani al - e alla loro permanenza nel - mercato del lavoro, attraverso la lente fornita dall’esperienza diretta di ragazze e ragazzi del nostro territorio e della nostra Diocesi in particolare.
Abbiamo respirato, nella vivacità del dibattito, l’amarezza della precarietà, che in molti - benché abbiano un lavoro - vivono e che non da sufficienti garanzie a chi vorrebbe (o dovrebbe voler) gettare le basi per un progetto di vita, per quel Cammino tutto da costruire.
E in questo senso, non è un caso - di nuovo - che in molte/i hanno sottolineato la correlazione fra questi temi e le problematiche e le difficoltà relative alla dimensione familiare, all’apparente impossibilità di poter decidere autonomamente quando e come diventare indipendenti dai genitori o dai nonni, in che modo programmare anche le scelte più importanti, come e quando costruire una propria famiglia, magari.
I dati, come quello relativi alla spesa dell’Italia in politiche del lavoro (28 miliardi di Euro, di cui solo un ridicolo 2% in politiche attive indirizzate a migliorare e facilitare l’ingresso dei giovani al mondo del lavoro) e ai centri per l’impiego - o servizi per l’occupazione, come preferisco chiamarli -, sono serviti solo come strumento volto a certificare esperienze, negative in questo caso, già provate sulla pelle dai molti giovani membri del Consiglio.
È chiaro che il nostro sistema di tutela del lavoro tout court, come diritto e come valore é profondamente inadeguato e necessiti di riforme strutturali e - ancor prima - di un ripensamento «culturale» generale, specialmente alla luce delle sfide poste dall’innovazione tecnologica che porta con sé potenzialità fisiologiche ma anche patologiche come la c.d. «disoccupazione tecnologica», vista la gran quantità di lavori che viene progressivamente automatizzata, che per alcuni - erroneamente, a mio modesto parere - implicherebbe la necessità di un reddito di cittadinanza generalizzato, quando invece - più intelligentemente - si potrebbero impiegare le stesse risorse per investire nello sviluppo della formazione di competenze al passo coi tempi; o, ancora, la comparsa di nuove forme di lavoro e «sfruttamento» come il c.d. cottimo digitale che, non riconoscendo alcun tipo di diritto, contributo o garanzia, paga il giovane lavoratore, impegnato nella consegna di cibo o altra merce, con un mezzo proprio o persino in sella ad una bici, una «mancia» (circa 3 euro) solo in relazione alle consegne effettuate; od infine, la nascita di nuove forme di controllo sul lavoratore, e quindi sul suo lavoro, come l’uso del braccialetto elettronico, che tanto dibattito ha suscitato negli ultimi tempi.
Se i problemi sono tanti però, è anche vero che non manca l’ottimismo.
La grinta non vuole cedere il passo alla rassegnazione, cercando di immaginare soluzioni alternative e volendo sperare nel Bene.
Un utile stimolo, in questo senso, è stato suscitato dal Vescovo Andrea che ci ha invitati a pensare a cosa può fare la Chiesa, come Comunità, nelle sue Diocesi (e quindi anche nella nostra) in relazione ai problemi legati al mondo del lavoro: in molti hanno concordato sul fatto che la nostra comunità può offrire un’ottima piattaforma per la formazione e per il coordinamento, una piattaforma intelligente - resa partecipata ed efficiente da volontari ed associazioni - che possa sopperire, seppur parzialmente, alle mancanze del sistema e farsi vicina, come sempre, alle esigenze delle persone, aiutandole a ritrovare la Speranza o a costruire un futuro più luminoso.

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