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EDITORIALE - È arrivato nelle settimane scorse l’ennesimo duro colpo alla teoria darwiniana dell’evoluzione. Com’è noto, secondo Darwin le diverse specie si sarebbero originate grazie a un lungo processo di evoluzione determinato da piccole mutazioni casuali, vantaggiose per la sopravvivenza e quindi fissate dalla selezione naturale (i più adatti sopravvivono e trasmettono il loro patrimonio genetico alle generazioni successive). Uno studio pubblicato da Mark Stoeckle della Rockfeller University e David Thaler dell’Università di Basilea, sull’ultimo numero di «Human Evolution» ha dato il colpo di grazia a quest’idea di gradualismo.

Confrontando il DNA mitocondriale di 100.000 specie animali, raccolto nell’arco di un decennio da migliaia di studi scientifici, è emerso che il 90% delle specie animali attualmente esistenti ha all’incirca la stessa età: tra 100.000 e 200.000 anni. E non solo. La variabilità all’interno dei singoli gruppi di Dna è molto bassa (0 - 0,5%) e fra le diverse specie non ci sono anelli di congiunzione. Così, anche la genetica mette in evidenza quello che già la paleontologia aveva evidenziato: la natura fa dei salti. Si pensi all’esplosione cambriana, che vide la comparsa di tutti gli invertebrati 530 milioni di anni fa, o quella cenozoica che vide comparire improvvisamente i mammiferi 65 milioni di anni fa.

L’ipotesi di un’evoluzione biologica affidata al caso non regge: lo dimostrano i fenomeni della «coaptazione» e della «convergenza». Per «coaptazione» s’intende l’adattamento di due parti indipendenti di un organismo, come le ali di alcuni insetti provviste di ganci e anelli, oppure di due organismi distinti, come ad esempio i due sessi, maschile e femminile, che si originano indipendentemente, ma che sono tra loro complementari. La «convergenza» si ha quando due organismi geneticamente lontani tra loro sono provvisti di organi complessi pressoché identici. È il caso, ad esempio, dell’occhio nell’uomo e in alcuni molluschi cefalopodi. Strutture identiche si sono formate indipendentemente in organismi così distanti.
Il biologo Giuseppe Sermonti («Dopo Darwin»), nel lontano 1980, notava che ogni teoria evoluzionista contraddice una legge fondamentale della fisica: il secondo principio della termodinamica, per cui ogni sistema fisico chiuso, lasciato a se stesso, tende ad andare verso il disordine e l’indifferenziazione (entropia). Secondo il darwinismo, invece, la vita, non solo si sarebbe originata per generazione spontanea, ma si sarebbe autonomamente evoluta verso l’ordine e la varietà (in pratica, percorrendo a ritroso la freccia del tempo).
Sembra però che la vita sia comparsa sulla Terra già complessa: questo suggeriscono le citate esplosioni cambriana e cenozoica e il recente studio sul DNA mitocondriale. E rimangono aperti i due problemi fondamentali che la scienza non è riuscita ancora a spiegare: il passaggio dalla materia inanimata alla vita e il passaggio dalla materia biologica al pensiero.

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