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CULTURA - Nel nostro Paese c’è un esercito di non lettori. Il 58% delle persone intervistate dall’Istat per il Rapporto annuale sulla lettura in Italia, ha dichiarato di non avere letto nemmeno un libro negli ultimi 12 mesi.
Le motivazioni sono varie: non c’è mai tempo, leggere è da asociali, i libri sono troppo cari, ma soprattutto è difficile trovare il libro giusto.

E come si fa a trovare il romanzo o il saggio vicino al proprio sentire su un e-commerce online, oppure nella grande distribuzione, dove i commessi non sono veri librai, non hanno letto i libri che vendono e possono dedicare al cliente appena trenta secondi circa, come da direttive aziendali? Da questa prima introduzione pare evidente che per un neofita il luogo giusto per avvicinarsi al mondo dei libri, oltre alle biblioteche, sia esclusivamente una piccola libreria indipendente dove i clienti lettori sono coccolati, consigliati e aiutati a scegliere un libro adatto che non verrà abbandonato dopo le prime pagine. Il 70% degli italiani ha difficoltà nella comprensione di un testo. Quindi è evidente che per chi ha poche competenze, leggere un libro diventa complicato e meno si legge più diventa difficile. L’istruzione gioca un ruolo fondamentale, ma sarà necessario che le scuole siano centri di cultura e ricerca, che le biblioteche aumentino e diventino luoghi dove è piacevole andare e che le piccole librerie indipendenti resistano alla crisi e a tutte le difficoltà. Le librerie indipendenti avversano la monocultura, le restrizioni sulla libertà di pensiero, il pensiero unico, il conformismo. Le librerie indipendenti hanno scelto di resistere, sono la dimora tradizionale del disadattato, del libero pensatore e di chi premia la conoscenza a scapito del denaro. Sono uno dei posti in cui è più facile, per le diverse culture, mescolarsi e creare un’intesa, infine sono realmente una componente chiave per una sana democrazia, sono il pronto soccorso dell’anima e della mente.
Ma la vita per le librerie indipendenti non è facile e per capirlo basta pensare alla concorrenza delle grandi catene e dei commerci online, che acquistando una grande quantità di libri, hanno uno sconto maggiore da parte delle case editrici e possono così vendere i libri ad un prezzo più basso, con buona pace della cosiddetta "legge Levi" che prevederebbe un tetto massimo per gli sconti da applicare sui libri. Il problema è che le librerie indipendenti se fanno uno sconto del 15% dimezzano letteralmente il loro guadagno, inoltre la crisi e i costi per la gestione dei locali, hanno purtroppo portato alla chiusura di molte di esse. La filiera che porta il libro fra gli scaffali della piccola libreria è complessa: l’editore pubblica un libro e lo affida a un distributore che lo promuove nelle librerie attraverso la sua rete di agenti. La libreria riesce a strappare sul prezzo di copertina un margine che va dal 30 al 32%. Il distributore propone diverse novità e cerca di collocare parecchie copie per ciascuna, ma il libraio indipendente, se non possiede grandi spazi, si vede impossibilitato ad accogliere tanto materiale. Ecco che all’orizzonte si palesa un altro anello della catena: il grossista. Se il libraio ha bisogno di pochissime copie, anche una sola, si rivolge al grossista, poiché non si mobilita un distributore per un piccolo ordine. Il problema, però, è che in questo caso il margine di copertina si riduce perché anche il grossista (che acquista dal distributore) ha una sua percentuale e deve guadagnarci. Ma esiste anche una terza via: il rapporto diretto con gli editori, che vuol dire preferire il dialogo con chi i libri li fa e, curiosamente, spesso fatica ad arrivare nelle piccole librerie, perché il distributore non perde tempo con una realtà che acquista poche copie, si limita a collocare il testo nella grande distribuzione. Se ci fosse un prezzo uguale per tutti, allora la concorrenza sarebbe leale e in quel caso la chiusura delle librerie dipenderebbe soltanto dalla capacità del libraio.
Ma in definitiva cos’è una libreria indipendente? È un posto dove c’è una persona appassionata di libri che ha deciso di aprire un negozio e di parlare di libri insieme con i lettori, dove ogni libro esposto è lì perché è stato scelto e non imposto da strategie o promozioni commerciali, se è in vetrina ci sta perché se lo merita e non perché quello spazio è stato comprato da qualcuno.
In buona sostanza la crisi dilaga e le librerie chiudono, ma proprio a causa di questa crisi si sta aprendo adesso un piccolo spiraglio: le case editrici hanno capito che il libraio è importante perché se legge il libro e lo consiglia, il libro si vende. A darci questa buona notizia è Chiara Argelli proprietaria della libreria Roma di Pontedera, uno dei punti di riferimento culturali della nostra zona, dove si svolgono presentazioni di libri importanti, mostre di pittura e di fotografia, corsi di scrittura creativa e di pittura per ragazzi. "Una volta l’anno - ci spiega Argelli - organizziamo un incontro di alcuni giorni fra editori e librai, dove ci si confronta e si cerca di affrontare i vari problemi, l’iniziativa si chiama Tribuk".
Ma in ogni parte d’Italia, si riscontra un silenzio assordante da parte delle istituzioni, quando una libreria indipendente chiude, oppure emerge l’indifferenza totale quando una libreria mette in campo valide iniziative, mentre in altri Paesi verrebbe per questo premiata. Anche noi rivolgiamo un appello a tutte le istituzioni e a tutti i lettori: fate il possibile per salvare le piccole librerie perché esse per i lettori sono rifugi dalla realtà, luoghi sacri, ma soprattutto perché, come diceva Edmondo de Amicis: «Una casa senza libreria è una casa senza dignità», e la casa in questo caso è l’Italia.

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