EDITORIALE - La croce…, quella da cui il piccolo Charlie tiene compagnia al Cristo e sotto la quale medici e uomini di legge - come già fecero i romani - s’arrischiano pericolosamente a giocare a dadi; la croce dicevo, è anche il luogo dei miracoli più inattesi e sconvolgenti.

Padre Albert Hebert, in un suo libro di un po’ di anni fa intitolato «I morti risuscitati», aveva censito e studiato i racconti di oltre quattrocento resurrezioni avvenute in venti secoli di cristianesimo, grazie all’intercessione di uomini di Dio (come un San Patrizio in Irlanda o un San Giovanni Bosco in Italia) o per la preghiera della comunità cristiana riunita attorno al defunto. Alcune fonti raccontano addirittura di persone tornate in vita anche dopo anni dal loro decesso. La mia formazione storica mi farebbe subito pensare a dei tópoi (luoghi comuni) agiografici, cioè a episodi elaborati a posteriori dagli scrittori, per avvalorare il carisma taumaturgico del santo di turno. Ma padre Hebert, avvertito della possibilità di prendere abbagli, si è mosso con cautela. Ha studiato in prevalenza processi di beatificazione e canonizzazione, materiale in genere estremamente rigoroso, controllato e soprattutto redatto ascoltando testimoni oculari. A mano a mano che risaliva i secoli, avvicinandosi alla nostra epoca, ha appurato che queste resurrezioni lasciavano tracce anche in una pluralità di altre fonti coeve, quali cronache, memoriali e atti notarili. Per gli ultimi due secoli poi, i racconti esaminati assumevano quasi la forma di narrazioni giornalistiche, ricche e dettagliate, difficili da confutare.

Ma cosa c’entra tutto questo con Charlie? Credo che un censimento di questo tipo dovrebbe seriamente interrogarci, perché ci informa di una pressoché ignorata e sorprendente frequenza di straordinari interventi del Cielo, anche ai nostri anni. Basterebbe a questo proposito leggere le biografie di San Pio da Pietrelcina, della mistica calabrese Natuzza Evolo (1924-2009) o del vescovo statunitense Fulton Sheen (1895-1979), alla cui celeste intercessione è attribuita la resurrezione nel 2010 di un bambino. E non c’è necessariamente bisogno di santi taumaturghi per commuovere il cuore di Dio. Ireneo di Lione scriveva nel II secolo che la resurrezione di un morto «spesso accade nelle comunità, quando l’intera chiesa locale la implora con il digiuno e le preghiere. Lo spirito del morto ritorna e l’uomo vivente viene restituito alle preghiere dei santi». Se qualcuno conosce quanto accaduto il 12 settembre 2009 a Caterina, figlia dello scrittore Antonio Socci, clinicamente morta e ritornata improvvisamente in vita grazie alle accorate preghiere degli amici accorsi al suo capezzale, sa di cosa sto parlando. Aveva dunque piena ragione il Curato d’Ars a sostenere che, l’Essere più potente dell’Universo non è Dio, ma l’uomo che prega.

D’altronde, se interroghiamo la Scrittura restano lapidarie le parole di Paolo davanti a re Agrippa: «perché mai si giudica da voi cosa incredibile che Dio risusciti i morti?».

Pesco anche dalla filosofia, dove trovo un folgorante pensiero di Pascal che inchioda gli assunti con cui la nostra mente postula l’assurdità della resurrezione: «Con che ragione vengono a dirci che non si può risuscitare? Che cos’è più difficile: nascere o risuscitare? È più difficile che ciò che non è mai stato sia o che ciò che è stato sia ancora? È più difficile essere o ritornare ad essere? L’abitudine ci fa sembrare facile l’essere; la mancanza di abitudine ci fa sembrare impossibile il ritornare a essere. Che modo ingenuo, popolare di giudicare!».

Per ritornare al libro di Hebert: chi non crede ai miracoli porta dei ragionamenti, chi crede ai miracoli porta dei fatti. Ritorna in mente un irriducibile maestro del sospetto come Èmile Zola: «Crederò quando vedrò ricrescere un braccio o una gamba». A Lourdes, e non solo lì, è accaduto anche questo: arti ricresciuti istantaneamente, cartelle cliniche alla mano. Verrebbe da dire: studiare per credere!

Concludo: è noto che nelle settimane scorse l’Ospedale «Bambin Gesù» ha invocato il trasferimento di Charlie a Roma.

«Bambin Gesù»... I nomi sono importanti e una lettura non superficiale della vicenda, m’inclina poeticamente a credere all’intervento del Divino Bambino che, chiamando a sé il piccolo di Londra, ci ricorda quelle sue eterne parole: : «Lasciate che i bambini vengano a me» o anche «Talità kum» (fanciullo alzati!). Corti di giustizia e tribunali permettendo.

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