DALLA DIOCESI - Dopo il sanguinoso attentato alla redazione di una rivista satirica di Parigi da parte di sedicenti terroristi islamici, si sono rincorsi sui media e in rete i commenti più vari ed eterogenei, che si sono polarizzati nell’adesione o meno alla campagna "Je suis Charlie". Anche nel nostro territorio non sono mancate le prese di posizione di politici ed opinionisti improvvisati, dando luogo spesso a veri e propri attacchi volgari, da un lato nei confronti della comunità islamica locale, dall’altro verso qualsiasi forma di religione considerata come fonte di violenza, oscurantismo e intolleranza.


A nostro avviso il rinnovato esplodere del diritto alla laicità, anzi, del dovere della laicità, che sembra essere divenuto il nuovo mantra della politica e della piazza virtuale, si basa su un lettura dei fatti sbagliata e superficiale.
Non c’è niente di religioso in ciò che è accaduto a Charlie Hebdo. C’è semmai il risveglio, brusco, di tutto il mondo occidentale e in particolare dell’Europa di fronte al risentimento profondo di una parte, piccola o grande che sia, della popolazione mondiale contro la nostra cultura. Il vero punto è capire, da un lato, da cosa scaturisca questo profondo disagio e rabbia nei confronti del nostro stile di vita, dall’altro ci spinge a ragionare su quanto siamo stati capaci di incarnare i valori che fondano realmente la comunità europea e, in un certo senso, l’intero Occidente.
La cultura dello scarto, intesa come ghettizzazione e marginalizzazione del diverso, ha creato quelle "Periferie esistenziali" del nostro tempo che si concretizzano nella solitudine di coloro che vengono tagliati fuori dalla società e che divengono pedine di una violenza cieca e rabbiosa. Una violenza facilmente strumentalizzabile a fini politici. I terroristi del terzo millennio sono cresciuti in mezzo a noi, nelle nostre scuole, nei quartieri, spesso disagiati, delle grandi metropoli occidentali. Sono ragazzi che non hanno trovato niente in cui identificarsi, nessuna risposta alle loro domande, nessun valore realmente condiviso per cui spendere la vita. Evidentemente ai loro occhi la proposta fondamentalista appare come una via d’uscita dall’isolamento e dal senso inutilità in cui la società li ha relegati.
Una società, quella europea, che ha smarrito la propria identità e le proprie vere radici, non tanto a causa della crisi economica e della sfiducia nelle istituzioni comunitarie, ma perché non è stata in grado di gettare fondamenta solide e realmente condivise. Purtroppo l’occasione si è persa ormai anni fa con la mancata introduzione del riferimento alle radici cristiane dell’Europa nei trattati europei e nel preambolo della mai adottata Costituzione.
Non bastano la libertà di espressione e la laicità dello stato per costruire una società realmente libera ed accogliente, se alla base non vi sono valori forti e condivisi.
Un primo passo da parte di tutti potrebbe essere quello di assumere un atteggiamento di maggior serietà e responsabilità negli interventi che troppo banalmente sconfinano spesso nella xenofobia, nel laicismo oltranzista, nella polemica guerrafondaia che non possono far altro che peggiorare la situazione.