DALLA DIOCESI - La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù" (EG,1). L’Iniziazione cristiana: verso un Progetto unitario condiviso sarà il tema del 45° Convegno Catechistico Diocesano che si svolgerà il 5 e 6 settembre a San Romano. Il nostro convenire vuole essere un momento di riflessione e condivisione per impostare una prassi catechistica unitaria e coordinata a livello diocesano con lo scopo di compiere un ulteriore passo avanti nel cammino «pastorale» intrapreso nei Convegni catechistici precedenti. 

Il lavoro sarà introdotto da don Giuseppe Coha, docente della Facoltà teologica di Torino e il nostro vescovo Mons. Andrea Migliavacca interverrà, il secondo giorno, sul tema: «La “vocazione del catechista”.
Il compito più urgente e più complesso della pastorale attuale, non soltanto italiana, ma europea è certamente il ripensamento del tradizionale processo di iniziazione cristiana. La doppia fedeltà al Vangelo e al proprio tempo fa sì che non si possa differire più a lungo l’allestimento di un immenso cantiere di rinnovamento, l’entrata per la Chiesa in un coraggioso laboratorio pastorale. I gruppi di studio ci aiuteranno a riflettere per progettare un itinerario condiviso per l’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi.

La catechesi e l’iniziazione cristiana si realizzano «nel tempo della Chiesa» e sono responsabilità di tutta la comunità; tra le loro finalità vi è quella di introdurre i ragazzi nell’esperienza e nella vita della Chiesa per incontrare Gesù Cristo e fare esperienza di Lui. Lo stesso ministero del catechista è sempre espressione e voce della Chiesa; lo conferma il conferimento del Mandato ai catechisti da parte dei Vescovi all’inizio dell’anno pastorale.
I nuovi itinerari, previsti dalle Note (CEI) potrebbero essere una via per rinnovare la prassi dell’iniziazione cristiana e il volto della nostra Chiesa. Una Chiesa "in uscita", missionaria, una Chiesa casa della gioia, della misericordia e della fraternità, una Chiesa che non è assediata, ma aperta e che sa osare e proporre «il tesoro» e l’annuncio evangelico di Cristo Signore, come scrive Papa Francesco nell’esortazione programmatica del suo pontificato «Evangelii gaudium» ;ciò significa pure camminare con gli orientamenti pastorali della Chiesa che è in Italia, indicati soprattutto nei due documenti: «Educare alla vita buona del Vangelo» (2010) e «Incontriamo Gesù. Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia» (2014). Quest’ultimo recentissimo testo non è un nuovo «Documento di Base», né la sua riscrittura ma intende – in un contesto profondamente mutato – orientare l’azione delle diocesi su tre questioni: il primo annuncio e la formazione cristiana degli adulti, l’IC e il servizio degli evangelizzatori e delle catechiste e dei catechisti.
Il Convegno intende configurarsi come una svolta pastorale concreta da imprimere alla prassi pastorale e sacramentale della Chiesa sanminiatese nel segno di un orizzonte graduale e finalmente innovativo nel metodo e nella sostanza. Condividere l’ansia evangelizzatrice, contagiarci di nuovo zelo all’insegna di un’ampia e autentica sinodalità, gettandoci alle spalle ogni remora e residua diffidenza. Soprattutto porre la famiglia nel cuore della nuova Evangelizzazione, come imprescindibile soggetto di ogni azione educativa, sociale e culturale, e dunque anche pastorale, e uscire incontro a questo nostro tempo complesso ma benedetto dallo Spirito che non abbandona mai la sua Chiesa.
Come dice S. Agostino: «La preoccupazione più grande deve essere quella di trovare il modo di catechizzare gioiosamente: e quanto più ci riusciremo, tanto più piacevole sarà il nostro discorso».
«Se ci dà fastidio il ripetere continuamente come a dei bambini cose trite e ritrite, vediamo di adattarle con amore, paterno, materno e fraterno, ai nostri uditori e in questa unione di cuori finiranno per sembrare nuove anche a noi. Quando ci si vuol bene, e tra chi parla e ascolta c’è una comunione profonda, si vive quasi gli uni negli altri, e chi ascolta si identifica in chi parla e chi parla in chi ascolta. Non è vero che quando mostriamo a qualcuno il panorama di una città o di un paesaggio, che a noi è abituale e non ci impressiona più, è come se lo vedessimo per la prima volta anche noi? E ciò tanto più quanto più siamo amici; perché l’amicizia ci fa sentire dal di dentro quel che provano i nostri amici» (S. Agostino, De catechizandis rudibus).