SAN MINIATO - Periodo di bilanci anche per Antonio Guicciardini Salini, presidente della fondazione Crsm, che ha «condiviso un lungo tratto di percorso con il vescovo Fausto in questi ultimi dieci anni. «Questi mesi rappresentano un passaggio importante: mons. Tardelli se ne va e anche io, il prossimo settembre, lascerò il mio incarico di presidente della fondazione».
Qual è stato il suo primo incontro col vescovo?
«Ho avuto a che fare con Tardelli prima ancora di conoscerlo, quando, nel 2004, fui incaricato dall’allora presidente Conti di organizzare una mostra d’arte sacra del ’900 toscano. Un grande successo, tra l’altro, che mi permise di iniziare un rapporto intenso con mons. Fausto.
Con lui, abbiamo sempre avuto un bel rapporto, franco, di vicinanza. Un vescovo che non si è chiuso nelle stanze della curia, ma ha vissuto le realtà del territorio, vicino alle parrocchie, vicino alle comunità.
Mi piace ricordare la collaborazione nel quadro della tutela e per il restauro dei beni culturali: con le poche risorse che abbiamo credo siamo riusciti a portare avanti un progetto importante di promozione delle risorse culturali di tutto il comprensorio. Mi preme però soprattutto sottolineare la bella azione di squadra che si era creata tra le varie istituzioni locali, favorita anche dalla costante presenza e attenzione del vescovo.
Ha un ricordo particolare che la lega a mons. Tardelli?
«Mi è rimasto in mente e mi ha segnato profondamente l’ultima visita di mons. Fausto al presidente Conti, ormai prossimo alla morte. Quell’incontro fu commovente, soprattutto perché anche lo stesso Conti, che era in stato di semi incoscienza, lo riconobbe e quasi lo salutò, mentre una lacrima gli scendeva sul viso…
Poi ci sono anche tanti episodi divertenti, di condivisione ed anche di vicinanza personale che non potrò dimenticare»«Mi è rimasto in mente e mi ha segnato profondamente l’ultima visita di mons. Fausto al presidente Conti, ormai prossimo alla morte. Quell’incontro fu commovente, soprattutto perché anche lo stesso Conti, che era in stato di semi incoscienza, lo riconobbe e quasi lo salutò, mentre una lacrima gli scendeva sul viso…
Poi ci sono anche tanti episodi divertenti, di condivisione ed anche di vicinanza personale che non potrò dimenticare».
Con una battuta, come racconterebbe mons. Tardelli ai Pistoiesi?
«Una persona teologicamente e culturalmente molto preparata. Un uomo di fede, di preghiera, ma al tempo stesso anche molto pratico, che al momento giusto sa badare alla concretezza. Una dote essenziale in questo tempo per poter portare avanti e concludere progetti importanti. Anche ultimamente, dopo i danni del maltempo a Stabbia, sono stato subito contattato da lui per partecipare alla raccolta fondi a favore della popolazione. Ai Pistoiesi voglio dire che troveranno in lui un pastore, ma anche un attento "governatore" dei processi della vita della diocesi e delle comunità, molto attento nella gestione delle risorse».
Guardando al futuro, quali saranno i temi e le problematiche che si troverà ad affrontare il nuovo vescovo?
«Questi dieci anni, sono stati molto positivi almeno fino al 2008. Dopo è iniziata la peggiore crisi economica mondiale italiana e locale, con tutti gli strascichi che stiamo osservando. La crisi morde continuamente e credo che, nello spirito di collaborazione costruttivo che c’è stato fin ora, il prossimo vescovo dovrà gestire in modo attento il governo della diocesi, perché credo che se la crisi andrà avanti, egli dovrà farsi promotore di un ascolto assiduo del territorio. Le amministrazioni locali non bastano più a dare risposte, perché le famiglie sono al collasso. Le associazioni di volontariato, di carità, sia laiche che cattoliche, dovranno fare di più, soprattutto nella testimonianza della carità e nella «pedagogia dei segni»«pedagogia dei segni» così cara al Santo Padre Francesco. In conclusione, è un vero peccato che il vescovo lasci san miniato proprio ora, anche perché è una figura che da dieci anni consoce e vive profondamente il nostro territorio. Purtroppo, non c’è ancora nelle comunità nostrane la consapevolezza di essere una grande città di oltre centomila abitanti, e non una moltitudine di piccoli centri. Questo modo di pensare non porta certo risorse a questo territorio. Ora più che mai è il momento di fare squadra e superare i limiti dei campanilismi».