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CALAMBRONE - Pippo Corigliano è un uomo di mondo, ma con lo sguardo sempre rivolto verso il cielo. Ha lavorato per tutta la vita a contatto con i grandi nomi del giornalismo italiano, direttori di importanti testate, uomini che hanno fatto la storia di questo paese. Eppure, all’ingresso di Stella Maris, il portavoce storico di Opus Dei si è commosso quando il presidente Maffei gli ha presentatol’Isituto di Calambrone come luogo di speranza, dove si leniscono le ferite delle persone. La presentazione dell’ultima fatica letteraria di Corigliano - avvenuta il 15 aprile scorso in collaborazione con l'Opera Spathacrux presieduta da Valerio Martinelli - diventa così un racconto appassionato tra le storie e i ricordi di grandi uomini – di fede o no – che per qualche motivo egli ha incontrato sulla strada e che hanno contribuito a tratteggiare la sua (e la nostra) «missione» per conto di Dio:
 
Cosa significa essere in missione oggi?
Ogni cristiano lo è, in forza del battesimo e della cresima. Gesù ha detto “come il Padre ha mandato me così io mando voi…” (Gv. 20,21). Per il cristiano comune non vuol dire convertirsi in un predicatore ma esercitare un apostolato di amicizia e di confidenza con le persone con cui ha contatto (lavoro, famiglia, amici), sempre ricordando che il canale da cui riceve lo Spirito Santo è la Comunione, la Confessione, la lettura del Vangelo, la preghiera, il Rosario: quelle pratiche del cristiano che sono come le finestre aperte al vento dello Spirito.
 
Nel libro parla di grandi personaggi che ha incontrato lungo la strada. Qual'è ilfilo conduttore che li lega?
Per me sono stati come autentici interpreti della santificazione del lavoro che mi hanno insegnato molto, ognuno a modo suo. Oggi non basta la dottrina occorrono i testimoni. Ogni persona è un mondo e da tutti c’è da imparare: l’importante è riconoscere i maestri e non farseli scappare. Per questo tratteggio  la vita di Ettore Bernabei e di personaggi famosi come Leonardo Mondadori, Susanna Tamaro, Alessandro D’Avenia, Costanza Miriano… assieme a persone conosciute solo da me, come mia zia Lucrezia, la collaboratrice domestica Pina, il barone siciliano che ha il carisma dell’ospitalità e così via. Ci ho messo anche Indro Montanelli da cui ho imparato molto in fatto di professionalità, di signorilità, di amicizia.
 
Nel corso della chiacchierata a Calambrone lei si è commosso, quando il presidente maffei ha parlato di Stella Maris come luogo di speranza, dove nel concreto si vive "in missione..
Il presidente Maffei aveva descritto con efficacia lo stato d’animo delle famiglie che vivono le malattie dei loro figli, alcune con fiducia in Dio altre con disperazione. Il quadro delle sofferenze dei piccoli, specialmente attraverso la sguardo dei familiari, è commovente in modo irresistibile e ho macchiato la mia camicia con le lacrime: non ero in condizione di rispondere alla domanda su come comportarsi con loro, tanto più non avendo nulla da consigliare a chi già sta facendo così bene quel lavoro. 
 
Che cosa si prova nel varcare le porte di Stella Maris?
Ho avvertito il desiderio che tutta l’Italia assomigliasse a Stella Maris. Rappresentando il nostro Paese  come un mosaico di iniziative vorrei che ogni tessera del mosaico assomigliasse a quella di Stella Maris. Per prima cosa per lo spirito con cui si affronta il lavoro quotidiano, che è l’asse portante, il segreto dell’efficacia. Poi per la vastità dell’azione, la capacità di affrontare i casi più diversi, assieme al serio impegno di ricerca scientifica. C’è un desiderio di non accontentarsi dell’esistente e puntare ad un servizio più esteso e migliore: questo è un segno di vitalità.