bambini messa

EDITORIALE - Pregare fa bene alla salute, non solo dell’anima ma anche del corpo. Da qualche tempo sono sempre più frequenti gli studi scientifici che documentano gli effetti positivi della pratica religiosa sull’organismo. Per i credenti non è una sorpresa. Per chi è chiamato a dare una spiegazione scientifica a questo fenomeno, è anche una questione di chimica: la preghiera aumenta la produzione di endorfine e di serotonina, sostanze che influiscono sul tono dell’umore e sulla regolazione di importanti funzioni vitali.

In un lungo articolo apparso il mese scorso sul quotidiano «La Verità», la dott.ssa Silvana De Mari, medico e psicoterapeuta, ha sostenuto in particolare l’importanza dei riti religiosi per il benessere psichico dei bambini. «Allenare il cervello alla fede fa stare bene», questo il titolo del suo contributo.
Infatti, la preghiera comunitaria è un allenamento che aiuta i più piccoli a sviluppare la capacità di attenzione e di restare in silenzio e composti anche quando la noia si fa sentire. «Un bambino che abbia imparato a seguire la messa - scrive la dottoressa De Mari - non ha alcuna difficoltà, quando si trovi in un banco di scuola, a restarsene in silenzio. Seguire una messa, infatti, è una forma di meditazione». La presenza dei genitori che danno l’esempio e, all’occorrenza, richiamano a evitare rumori e comportamenti molesti in chiesa, inducono il bambino a trovare forme di «auto-intrattenimento» basate sull’osservazione e sull’ascolto, che migliorano le sue capacità di concentrazione. Ma, prosegue la psicologa, «adesso che è stato tolto dalla vita dei bambini sia il rito condiviso sia il piccolo rito della preghiera in famiglia, le endorfine e la serotonina sono pericolosamente basse e i disturbi dell’attenzione si moltiplicano».
La preghiera in famiglia contribuisce a rafforzare anche nei bambini la serenità e la capacità di affidamento. «Una persona credente ha una protezione in più nella vita - ribadisce la studiosa -, una persona praticante ha maggiori capacità di concentrazione, perché le ha sviluppate rito dopo rito».
Interessanti sono anche gli spunti antropologici offerti dalla De Mari: «Non sono mai esistite - scrive - civiltà senza un rito condiviso, senza una fede condivisa. Tanto più forte è la fede della famiglia, tanto più forte è la famiglia. Tanto più forte è la fede di un popolo, tanto è più forte quel popolo. Allevare i propri figli senza fede, anche per genitori senza fede, è un gesto di arbitrio che interrompe le linee con i propri antenati, non è un gesto di libertà. Allevare i figli al di fuori della fede vuol dire lasciarli nudi nelle intemperie, con i neuro-trasmettitori pericolosamente bassi».
Insomma, cari genitori, se volete bene ai vostri bambini portateli a Messa, col tempo incoraggiateli a fare i ministranti. «E a casa, dite il Padre nostro la sera tutti insieme e poi abbracciatevi».

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