Cenni ok

EDITORIALE - Non è possibile ammazzare il tempo senza ammazzare l’eternità. A questo proposito il grande scrittore argentino J. L. Borges - agnostico ma sinceramente tentato dall’Assoluto - scriveva che nelle nostre vite «ogni istante è carico come un’arma».

Perché parliamo di questo? Oggi si celebra l’ultima domenica di Avvento, domani la vigilia di Natale: ricorrenze agganciate, in cui la prima prepara la seconda, aiutando a focalizzare due "tempi forti". È proprio nei "tempi forti" che siamo chiamati con stringente responsabilità a riflettere sul trascorrere dei nostri giorni e sulle realtà ultime che ci attendono. Il cardinal Karl Lehmann, recentemente scomparso, nel suo testamento spirituale, vergò parole struggenti per ricalibrare l’attenzione su ciò che davvero conta: «Tutti noi, anche nella Chiesa, ci siamo immersi nel mondo e abbiamo sepolto e occultato l’Aldilà. Questo vale anche per me. Ne chiedo perdono a Dio e ai fratelli nella fede».

Se qualcuno si trovasse allora nell’urgente necessità di rinfrescare la memoria sui Novissimi e sull’Eternità (questa sconosciuta "compagna" di viaggio, che ci cammina accanto), soccorre validamente - quasi come un prontuario medico - l’ultimo libro di Vittorio Messori dal titolo «Quando il cielo ci fa segno», che ricentra ragionevolmente la nostra trafelata attenzione su tutti quei piccoli "segni" che il Cielo generosamente e in abbondanza ci dispensa, e che troppo spesso non riusciamo a decifrare per distrazione, rimozione o incoscienza.
Blaise Pascal, una delle menti più lucide e geniali della nascente scienza moderna, ha sempre vigorosamente ribadito che «l’ultimo passo della ragione è riconoscere che vi è un’infinità di cose che la superano». Un altro gigante della cultura occidentale come Goethe, non particolarmente credente ma anche lui affascinato dal Mistero, ad un certo punto della sua vita incappa in una folgorazione: «Il mondo dello Spirito non è sbarrato. È il nostro cuore a essere chiuso».
Parte proprio da questi assunti Messori, raccontando pieghe intime della sua vita e fatti sorprendenti accadutigli negli anni, e dice: «Non è vero che il Cielo non ci parli, siamo noi ad essere sordi. Non è vero che Dio non si mostri, siamo noi ad essere ciechi». Aggiungendo: «Al Dio di Cristo non interessano le masse, le moltitudini, come ai partiti politici ed agli uffici vendite delle imprese. Il nostro è un Dio che sa contare solo fino a uno e tutti raggiunge, ma uno per volta, non confuso nella moltitudine».
Fermiamoci allora un attimo, provando a spezzare almeno a Natale questa fatale condanna che ci costringe quotidianamente a correre a vuoto come un criceto sulla ruota. Fermiamoci e smettiamola di buttare via il tempo: nei brani di vita vissuta si nascondo mille cenni, mille ammiccamenti che il Signore costantemente ci offre per ricordarci che siamo nati e che non moriremo mai più.


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