Manifesto Dramma13

DRAMMA POPOLARE - Mi sono preso la briga di leggere il testo di Antonia Arslan, "La masseria delle allodole", e ne sono stato travolto. Ci sono delle pagine «dure» che possono essere sopportate solo da persone «normali». Quando mi capitavano cercavo di giungere velocemente alla fine del periodo, ma soffrivo ugualmente.

Ho cercato di fare una rappresentazione nuova, nel senso che nessuno aveva provato ad abbinare l’incisione alla calligrafia. Ho composto lo spazio complessivo, inserendoci le illustrazioni, come fossero vecchie fotografie e lasciando gli spazi per le parole scritte. Ho inserito le parole affidandomi al traduttore italiano/armeno e con stupore mi sono accorto della bellezza estetica di quella scrittura.
Ho inserito cinque volte il termine «genocidio», spezzandolo esteticamente e forse impropriamente, tre volte il termine «donna», due volte il termine «uomo», una volta il termine bambino/bambina, che ho scoperto si scrive nella stessa maniera. Il risultato può passare incomprensibile, ma ho cercato di spiegarlo. Il termine «genocidio» mi risulta una parola recente, inventata da qualcuno che volle sottolinearne il suo contenuto più profondo. Va da sé che l’interpretazione iconografica del manifesto vada fatta, aiutandosi con il supporto autobiografico che la Arslan ha consegnato al suo straordinario e straziante romanzo.

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