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DALLA DIOCESI - Nella scorsa puntata del nostro Manuale di difesa contro l’ateismo militante abbiamo concluso che, essendo l’universo contingente, ha bisogno di un Creatore al di fuori di sé. Detto in termini più semplici, l’universo avrebbe potuto non esistere e, difatti, non è esistito da sempre. Ha avuto un inizio. Ma ecco una nuova possibile obiezione: Non potrebbe l’universo essere, in realtà, eterno?
Un prete belga, Georges Lemaître per primo intuì che il nostro universo si sta espandendo e formulò nel 1927 la teoria del Big Bang. Nel corso del XX secolo molte prove hanno corroborato l’ipotesi del sacerdote scienziato, che inizialmente fu accolta con una certa sufficienza.


Oggi è pacificamente riconosciuto che il nostro universo non è statico ma è in continua espansione. Questo significa che la distanza tra le galassie era minore in passato e che andando indietro nel tempo dovremmo giungere alla fusione di tutta la materia e l’energia in un unico punto.
Queste considerazioni non sono indifferenti per il nostro assunto. Non perché il Big Bang costituisca una prova della creazione del cosmo da parte di Dio. Lo stesso padre Lemaître ha sempre invitato a non confondere il concetto teologico di creazione, cioè l’«inizio metafisico», con l’inizio naturale dell’universo: «Ho troppo rispetto per Dio per poterne fare un’ipotesi scientifica», diceva.
Vero è però che l’espansione del cosmo induce ad escludere la sua eternità. Come hanno dimostrato con il loro teorema i cosmologi Borde, Guth e Vilenkin, qualsiasi modello di universo si assuma, esso deve aver avuto un inizio.

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