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DALLA DIOCESI - È sempre tempo di persecuzione, anche ai nostri giorni. Una persecuzione però che non annichilisce il popolo di Dio ma lo inclina ad affidarsi con fiducia e abbandono al Signore. Potremmo dire che si traduce in questo il senso complessivo dell’omelia che il vescovo Andrea, scegliendo parole di calibrata efficacia, ha dispensato alla folla di gente che si è riversata anche quest’anno nella valle tra Elsa e Arno, in uno dei luoghi più sacri della diocesi, per celebrare la solennità di San Genesio martire, patrono della Chiesa sanminiatese, proprio là dove sorgeva l’antica pieve a lui dedicata.

Monsignor Migliavacca ha rimarcato come il festoso ritrovarsi nel giorno del santo patrono rappresenti l’occasione per restituire alla nostra Chiesa locale la dimensione della comunità. Una comunità che è chiamata a realizzarsi primariamente come dono gratuito di Dio.
Il nostro presule ha rinnovato l’affidamento della diocesi a San Genesio, la cui festa, cadendo sullo scorcio del mese di agosto, sancisce idealmente anche l’inizio di un nuovo anno pastorale.
Il santo titolare della nostra diocesi è martire e poco si conosce della sua vicenda. Era teatrante, mimo, folgorato da Cristo mentre calcava le scene alla corte imperiale di Nicomedia. La conversione lo ha portato poi a «interpretare» Cristo fino al dono totale della sua vita, fino al martirio. Una vita donata per il vangelo quindi, nell’epoca di massima persecuzione all’inizio della storia cristiana, tra III e IV secolo.
«Ma un tempo di persecuzione, in senso lato, possiamo intravederlo anche ai nostri giorni», ha sottolineato il vescovo. «È forse tempo di persecuzione il tempo di una società come la nostra che dimentica la ricchezza e la bellezza del donare, del servire nella gratuità e dell’interpretare il dono della propria vita come dono di amore definitivo».
«Conosciamo bene la fatica di tante famiglie, la fatica di arrivare talvolta a scelte importanti come il matrimonio. È una fatica che si riscontra anche nel donare la propria esistenza nel sacerdozio e nella vita consacrata.
Sono innumerevoli le occasioni in cui si dice "prima pensiamo a noi e poi agli altri". Ma una comunità che dimentica l’importanza del "perdersi" per il dono, è una comunità che sta vivendo una sua persecuzione».
Il vescovo ha poi ricordato la marcia fatta con tanti giovani nel mese di agosto, sotto un sole infuocato, per raggiungere i settantamila del circo Massimo a Roma con il Papa: «Giovani italiani che hanno testimoniato la freschezza di chi vuole donare la vita, di chi ha tante domande in cuore, di chi crede ancora che si può realizzare una società capace di condivisione».
Ancora dalle parole di Mons. Migliavacca: «C’è qualche tratto della persecuzione quando la nostra società dimentica di custodire la vita dal concepimento fino alla morte naturale. O ancora quando confonde ciò che è famiglia, e non comprende più che la famiglia nasce dall’unione dell’uomo e della donna: questa diventa una società che sta perdendo la custodia della vita. E possiamo dire che la nostra realtà, il nostro contesto comunitario, tante volte dimentica proprio la vita come dono. Dimentica di custodirla, di accoglierla. Quando ciò accade è un po’ ancora tempo di persecuzione».
«È poi tempo di persecuzione - ha proseguito il vescovo Andrea - quando una comunità non sa più accogliere, quando chi è diverso da noi è interpretato come un pericolo, come un avversario, un antagonista, come qualcuno da rifiutare. Bene ci ricorda questa situazione quella nave attraccata a Catania da cui i profughi e gli immigrati non possono scendere. Una comunità che non accoglie, che non apre le porte, che si crede autosufficiente nel proprio paese e dimentica di allargare i confini, è una comunità che sta vivendo la sua persecuzione, la sua epocale tristezza, la sua chiusura».
Il pensiero di mons. Migliavacca corre poi alle infinite situazioni di martirio presenti ancora oggi nel mondo: «È tempo di persecuzione anche perché sappiamo quanti cristiani, in ogni parte della Terra, donano ancora la vita per Gesù Cristo e per il vangelo. Cristiani uccisi in odio alla fede. Sono stati proprio gli ultimi tre Papi a sottolineare come il nostro tempo sia un tempo più ricco di martiri di quello dei primi secoli cristiani».
Le parole finali del vescovo si aprono però su una dimensione di speranza: «Cosa fare in un’epoca di persecuzione? Quale suggerimento promana dall’esempio di San Genesio? Il libro del Siracide ci ricorda che quando i tempi si fanno difficili, Dio non smette di operare il bene, accompagnando il suo popolo e compiendo la sua opera. Nel nostro Paese, nella nostra comunità, il Signore opera, il Signore costruisce strade di bene e a noi è chiesto di continuare a tenere lo sguardo fisso su di lui, riconoscendo la sua presenza nella storia.
Non dimentichiamo poi che è soprattutto nel tempo della persecuzione che non dobbiamo smettere di pregare, di invocare Dio. Gesù nel vangelo ci ricorda che nella persecuzione dobbiamo ritornare a Lui, dobbiamo cioè ricominciare a credere nelle parole che Gesù stesso ci ha lasciato e consegnato come tesoro alla Chiesa.
Nel tempo della persecuzione siamo allora chiamati a rendere più bella e viva la nostra amicizia con il Cristo, diventandone testimoni nelle scelte di vita, nelle parole che diciamo, nell’incontro con gli altri.
Ci aiuti in questo San Genesio martire, lui che ha vissuto la persecuzione donando la vita».

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