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SAN MINIATO - «Il mio motto vescovile nascerà da un passo che si legge all’inizio del Vangelo di Giovanni: i due discepoli del Battista che seguono Gesù gli chiedono “Maestro, dove abiti?”. Mi piace perché è attribuibile al discepolo Andrea, il mio nome e anche quello del patrono del Seminario. Una domanda che ci spiega che il cammino della fede non prevede mai un punto di arrivo, ma è un invito a mettersi sempre sulla strada; un interrogativo che ricorda che il ministero del prete e del vescovo è quello di portare altri da Gesù e di cercarlo dove Lui si trova. Con questo spirito entrerò nella comunità della diocesi di San Miniato: un motto è vero nella misura in cui viene realmente vissuto».Don Andrea ripensa alle tappe che lo hanno portato sino alla nomina a vescovo. «Se guardo cronologicamente al cammino della mia vocazione, rilevo alcuni passaggi che porterò sempre con me come patrimonio umano e spirituale. Penso prima di tutto agli anni in cui è nata la mia vocazione, che si collocano a Binasco, il mio paese, nel contesto parrocchiale e dell’oratorio. Mi viene in mente l’esperienza di animatore al Grest, l’aver fatto parte del coro dei giovani, l’essere stato catechista e ancora aver suonato la tromba nella banda del paese. Tanti momenti in cui sono cresciute belle amicizie e, in una normalità di vita di oratorio e di parrocchia, è anche nato il mio desiderio di entrare in Seminario. Una scelta che ho radicato anche per il bell’esempio dei preti che ho incontrato: da don Luigi Lucini, il mio parroco, a don Natale Rampoldi, che era vicario parrocchiale, sino ad arrivare naturalmente a mio zio prete mons. Adriano, un altro esempio che mi ha stimolato oltre ad altri sacerdoti che ho incontrato. Tutto questo mi ha portato alla scelta di entrare in Seminario, che inquadro in una normalità di vita familiare e di chiesa». Don Andrea si sofferma sugli anni in Seminario: «Un’esperienza che mi ha aiutato ad allargare lo sguardo, partendo dall’incontro con gli altri seminaristi, passando attraverso l’esperienza di vita della diocesi e gli studi di teologia. Sono state tutte occasioni che non hanno rappresentato soltanto un momento di verifica e crescita vocazionale, ma mi hanno aiutato anche nel discernimento e nel cammino che avevo deciso di intraprendere con la gioia di diventare prete. Il tempo del Seminario di Pavia è stata un’altra pietra significativa del mio cammino».

Gli studi a Roma
Poi ci sono stati anche gli anni dello studio a Roma: «Sono stato alunno del Seminario lombardo, ho frequentato l’Università Gregoriana, mi sono dedicato allo studio del diritto canonico. In particolare studiare il diritto mi è piaciuto molto; un’opportunità che mi ha arricchito e mi ha consentito di svolgere un servizio utile. Vivere a Roma ha significato incontrare tanti sacerdoti provenienti da altre parti d’Italia, con esperienze per me molto importanti. Roma resta un po’ la mia città, anche perché nella capitale ho esercitato il mio ministero nella parrocchia di Gesù Divin Maestro e lì ho iniziato a conoscere il mondo giovanile degli scout».

Il ritorno a Pavia e il legame con i giovani
Il ritorno a Pavia è stato segnato da due ambiti fondamentali che riassumono il servizio di don Andrea. «Prima di tutto quello dei giovani, vissuto su più fronti: come incaricato per la Pastorale giovanile, responsabile dell’Azione Cattolica dei ragazzi, alla guida del Seminario, seguendo gli scout che ho incontrato anche nelle parrocchie come a San Genesio. Lavorare con i giovani è stato un grande dono: loro mi hanno arricchito e mi hanno fatto crescere, li sento molto vicini anche in questi giorni. Sono certo che i legami nati in questi anni potranno essere coltivati e mantenuti vivi anche in futuro. L’altro ambito che mi appartiene è il servizio che ho potuto svolgere attraverso la dimensione giuridica nella Chiesa: penso al lavoro in Cancelleria o il ruolo di vicario giudiziale della diocesi, e poi come giudice al Tribunale ecclesiastico regionale a Milano. Un impegno che mi è piaciuto molto e che mi ha dato l’opportunità di incontrare altri sacerdoti, a Milano, che sono diventati per me veri confratelli».
Don Andrea spiega di «sentirsi arricchito dal rapporto con i giovani, che rappresentano sempre uno stimolo a mettersi in cammino, a non dare nulla per scontato, a uscire da un’immagine precostituita. Insieme a loro ho vissuto magnifiche esperienze: penso alle Giornate mondiali della Gioventù trascorse con i nostri ragazzi, a partire da quella del Duemila con l’accoglienza di 450 giovani a Pavia seguita poi dal viaggio a Roma. Mi tornano alla mente i pellegrinaggi giovanili in Terra Santa: il primo con il vescovo Volta e il secondo con mons. Giudici. Voglio ricordare anche le “Route” fatte con gli scout: a Sarajevo, in Terra Santa e l’ultima in Foresta Nera».

Grazie a Papa Francesco!
Papa Francesco sta nominando diversi vescovi “giovani”: l’ultimo esempio è proprio quello di don Andrea Migliavacca, che ha appena compiuto 48 anni. «Ricordo le parole dell’allora Cardinal Ratzinger durante il funerale di Giovanni Paolo II: disse che Papa Wojtyla ci consegnava una Chiesa giovane – sottolinea il futuro vescovo di San Miniato –. Io credo che la Chiesa sia già giovane. Il fatto che in questi ultimi tempi Papa Francesco stia nominando vescovi giovani in qualche modo aiuta a mostrare la vitalità della Chiesa. I giovani sono un po’ più poveri di esperienza e tradizione, ma possono portare tanto entusiasmo e la gioia di camminare: per questo sono ulteriormente grato al Santo Padre».
* Direttore de «Il Ticino»

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