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CRACOVIA - Il primo giorno a Cracovia si è concluso con la Santa Messa celebrata da don Alessandro Lombardi, responsabile della pastorale giovanile di Firenze, che durante l’omelia ha incitato i giovani a chiedere al Signore, durante la GMG, la grazia di capire quello che vogliamo fare nella nostra  vita e di non avere paura delle nostre debolezze perché in esse si manifestano le nostre forze!Il secondo giorno, dopo le Lodi, il gruppo di San Miniato, capitanato da don Simone, assistente diocesano dei giovani di AC, si è recato presso la Chiesa della Santa Trinità dei padri Domenicani dove l’Azione Cattolica insieme al Vescovo di Torino e a tutti i giovani del mondo hanno accolto le spoglie di Pier Giorgio Frassati, che Papa Francesco ha indicato come esempio per i giovani, in particolare nell’Anno della Misericordia.

I nostri giovani hanno seguito il momento di preghiera guidata dal Vescovo di Torino per riflettere su questa importante figura di santità. Mons. Nosiglia ha sottolineato più volte come Pier Giorgio amava la vita con la gioia del Vangelo, invitandoci a prendere impegni concreti di responsabilità e a non vivacchiare ma vivere! 
 
Nel pomeriggio, dopo esserci incontrati a Casa Italia con il nostro Vescovo, c’è stata a Blonia la grande Messa di apertura della GMG presieduta dal card. Dziwisz  dove veramente ci siamo accorti in quante lingue parlavamo e quanti eravamo e come ha detto il cardinale la cosa più bella è vedere che eravamo uniti da una cosa sola: la fede! E quindi parlavamo in una lingua sola : il Vangelo!
Il terzo giorno  dopo una catechesi introduttiva del card. Betori che ha invitato i giovani a puntare alla concretezza nel far le cose, i giovani di Firenze e di San Miniato insieme ai loro i vescovi si sono incamminati insieme per il pellegrinaggio giubilare al Santuario della Divina Misericordia. Un percorso giubilare concluso con il passaggio dalla Porta Santa.
Alle 16.30, mentre è iniziata a cadere dal cielo qualche goccia di pioggia, nella spianata adiacente il santuario è iniziata la Messa presieduta dal card. Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei.
Al grigio plumbeo dei cielo ha fatto da contraltare il colore del fiume di giovani italiani con le magliette su cui campeggiava il nome delle rispettive diocesi, gli striscioni e le bandiere che raccontavano di luoghi e gruppi di appartenenza.
Negli stessi momenti l’arrivo del Papa a Cracovia, con il suo primo discorso ufficiale a Wawel, il cuore della città vecchia, circa 5 chilometri di distanza dal santuario.
«La meta dei nostri giorni terreni – ha ricordato il card. Bagnasco nell’omelia – è la salvezza dell’anima» ma «la tentazione è quella di rincorrere ciò che luccica, di vivere assonnati in una bolla virtuale che promette molto ma toglie tutto, anche la dignità. Il rischio è quello di credere che per essere felici si debba fare ciò che si vuole; credere che la libertà sia assenza di vincoli e regole, come il giovane della parabola che lascia la casa del padre e si ritrova triste, senza volto».
Al termine della Messa, concelebrata da oltre 130 vescovi e 2.300 preti, un vero e proprio appello rivolto dal card. Bagnasco ai giovani: «Davanti alla barbarie di oggi la risposta siete voi, cari giovani. Voi come forza permanente, non solo nei giorni della Gmg. Gesù è la soluzione ai problemi di questa epoca, Gesù al quale alcuni si avvicinano con la luce della fede, altri mediante la ragione. Ma tutti si possono avvicinare a Lui». 
Dal presidente della Cei è quindi giunto un invito ai giovani ad essere testimoni della fede, con coraggio, nella concretezza della vita di ogni giorno.
Al termine della Messa presieduta dal card. Bagnasco i gruppi si sono nuovamente spostati presso la basilica San Giovanni Paolo II per la cena e la tradizionale Festa degli Italiani. Un momento che ha riunito tutti i pellegrini delle diocesi italiane, dei movimenti, delle associazioni e congregazioni religiose giunti in Polonia per la GMG, ma anche quelli che vivono a Cracovia e dintorni.
«Come possiamo tornare alla normalità, tornare ad essere felici su quei treni che sono la nostra casa?». È la prima delle tre domande che hanno posto tre ragazzi al Papa, intervenuto in diretta video dall’episcopio di Cracovia, alle 20.50 circa. Il riferimento della domanda era l’incidente ferroviario avvenuto di recente in Puglia.
«Come faccio a perdonare queste persone, per tutto quello che mi hanno fatto?». A parlare è una ragazza rumena, in passato vittima di episodi di bullismo. «Come facciamo noi giovani a vivere e a diffondere la pace in questo mondo che è pieno di odio?». A interpellare il Papa con la terza e ultima domanda sono stati tre giovani di Verona, accompagnati da un sacerdote, che erano a Monaco nei giorni dell’attentato. Sulla strada della Gmg, è stato consigliato loro di tornare a casa e così hanno fatto. Successivamente è stata offerta loro l’opportunità di partecipare al grande appuntamento di Cracovia.
A queste tre domande il Papa ha risposto interamente a braccio cercando di scuotere e dare speranza a questi giovani chiedendo di cercare di costruire ponti e non muri.
Subito dopo i giovani italiani hanno seguito in diretta il saluto che Papa Francesco ha rivolto a tutti i giovani della Gmg dalla finestra del palazzo che per anni ospitò il card. Wojtyla.
La festa si è chiusa con il passaggio dei due segni simbolo delle Gmg, la Croce di San Damiano e la Madonna di Loreto, consegnati ai giovani polacchi dalle mani dei loro coetanei italiani. Presente il card. Stanislaw Dziwisz, arcivescovo di Cracovia e storico segretario di Giovanni Paolo II, e da mons. Gldecki, presidente della Conferenza Episcopale Polacca. Proprio il card. Dziwisz ha voluto ricordare papa Wojtyla invitando i giovani ad essere le Sentinelle del Mattino della Chiesa e anche a fare chiasso tutta la notte.
Il quarto giorno  in cinquanta chiese, a Cracovia e nei dintorni  e altrettanti Vescovi si sono messi in dialogo con grandi gruppi di ragazzi. Cambia lo stile delle catechesi, uno degli appuntamenti più importanti nel programma delle giornate Gmg: niente testi scritti, niente impostazione frontale, ma domande e risposte. Il gruppo sanminiatese si è radunato nella mattinata di giovedì 28 luglio per il primo appuntamento presso la chiesa dove alloggiavo insieme a mons. Enrico.
Questa prima catechesi ha aiutato i giovani ad approfondire il tema della misericordia non solo dal punto di vista concettuale, ma entrando nella concretezza delle azioni quotidiane.
Tante le domande poste al vescovo, anche a partire dagli spunti offerti da un video con un breve invito alla riflessione di mons. Pierangelo Sequeri, preside della Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale, in risposta al versetto evangelico «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia».
I giovani hanno potuto così approfondire il mistero della misericordia interrogandosi su come poterla mettere a frutto con gli altri, senza elevarsi nei confronti di chi è in situazione di bisogno, e su come poterla accogliere da Dio, rafforzandola poi in se stessi.
Filo conduttore dei tanti spunti che il Vescovo ha lanciato ai giovani è stato leggere la misericordia come particolare capacità di mettersi nei panni dell’altro, cioè riuscendo a guardare la realtà con gli occhi di chi ci sta accanto, e a riconoscere il volto di Cristo in ogni uomo. È proprio ciò - è emerso nella catechesi -  che permette di coltivare un amore sempre più simile a quello donato da Dio, l’unico in grado di un amore che non solo perdona, ma dimentica il male fatto.
Infine un pensiero sulla qualità dell’amore di Dio, che dà la vita per gli altri come dovremmo fare anche noi.
Dopo la catechesi vi è stata la Messa. Nell’omelia l’attenzione è andata in modo particolare al brano evangelico del padre misericordioso, che per due volte esce di casa per far rientrare i due figli. Dio esce per primo, non calcola – ha sottolineato il vescovo –. Non si chiede che cosa accadrà, né quali saranno i frutti del suo amore, ma rischia tutto per i suoi figli.
Dopo il pranzo il gruppo sanminiatese si è mosso alla volta di Cracovia per la visita alla città e per la cerimonia ufficiale di benvenuto a Papa Francesco. Evento che ha aperto  le giornate clou della Gmg 2016 dove sono state consegnate al Papa le chiavi simboliche della città. Durante la cerimonia di accoglienza ogni nazione ha tirato fuori il proprio folclore. Possiamo dire un secondo festival delle nazioni in grande stile.
La sera il gruppo è stato raggiunto nuovamente dal Vescovo Andrea nrgli alloggi per scambiare due parole sulla giornata appena trascorsa.
Il quinto giorno mentre Papa Francesco entrava in silenzio ad Auschwitz e Birkenau, i giovani presenti alla Gmg si sono incontrati per il loro secondo giorno di catechesi. A guidare la meditazione questa volta è stato Monsignor Marcuzzo.
A innescare il dialogo tra il Vescovo e i ragazzi anche in questa seconda catechesi è stato un video: «Per dono», la struggente testimonianza di Francesco Pirini, oggi 88enne, che nel settembre del 1944 a Cerpiano (BO), sulle Colline di Monte Sole, perse tutta la propria famiglia in un eccidio nazista che vide la morte di ben 770 persone, soprattutto anziani, donne e bambini. Nelle sue parole, semplici e intense, il racconto del proprio percorso di vita, dallo strazio di un dolore lacerante fino alla serenità di un perdono coraggioso, nella consapevolezza che coltivare l’odio alimenterebbe solo altro male. Una scelta forte, che ha provocato e interpellato i giovani.
Subito dopo la visione del video il Vescovo ha chiesto ai ragazzi di confrontarsi tra vicini di banco sulla propria situazione personale e sul modo in cui ognuno sta vivendo questa particolare esperienza della Gmg. Si è così avviato un intenso dialogo tra i giovani e mons. Marcuzzo.
Nel pomeriggio il gruppo  si è trasferito a Cracovia per prendere parte alla Via Crucis dei giovani con Papa Francesco nel Parco Jordan.
Il sesto giorno è stato quello della veglia al campus Misericordie, di buon mattino ci siamo messi in cammino per raggiungerlo insieme a quasi 2 milioni di giovani, una cifra impressionante. Per la strada che portava al luogo prescelto, le famiglie delle case confinanti con la via mettevano a disposizione la propria abitazione per dissetare e far riposare i gruppi, una scena semplice ma simbolo di completa gratuità e misericordia. Arrivati a destinazione ci siamo sistemati e abbiamo creato il nostro «accampamento» per la notte. 
Della veglia al campus mi è rimasto un termine che Papa Francesco ha usato: «La “divano-felicità” è probabilmente la paralisi silenziosa che ci può rovinare di più, che può rovinare di più la gioventù. «E perché succede questo, Padre?» – Perché a poco a poco, senza rendercene conto, ci troviamo addormentati, ci troviamo imbambolati e intontiti – l’altro ieri, parlavo dei giovani che vanno in pensione a 20 anni; oggi parlo dei giovani addormentati, imbambolati, intontiti - mentre altri - forse i più vivi, ma non i più buoni - decidono il futuro per noi. Sicuramente, per molti è più facile e vantaggioso avere dei giovani imbambolati e intontiti che confondono la felicità con un divano; per molti questo risulta più conveniente che avere giovani svegli, desiderosi di rispondere, di rispondere al sogno di Dio e a tutte le aspirazioni del cuore. Voi, vi domando, domando a voi: volete essere giovani addormentati, imbambolati, intontiti? Volete che altri decidano il futuro per voi? Volete essere liberi? Volete essere svelti? Volete lottare per il vostro futuro? Volete lottare per il vostro futuro? [gridano: sììì!]...» penso che queste frasi che il papa ci ha lasciato possano far riflettere e aiutarci a far riflettere tanti giovani.
Ora, con accampamenti più o meno organizzati, mezzi digiuni di chi nella bolgia non è riuscito a procurarsi la cena, chiacchierate che si sono protratte nella notte, umidità, stanchezza e tanta attesa, è arrivata l’alba. Un’alba segnata alle 7 dalla sveglia, dall’odore della terra, dal profumo dell’erba su cui eravamo sdraiati. E l’abbraccio della natura si è ben presto fuso in un altro abbraccio. Sì, perché le letture e il Vangelo proclamato oggi hanno avuto su di noi l’effetto di un grande abbraccio. Ci hanno dato la sensazione di essere sollevati, portati nella mano di Dio, dolcissimamente. Ci hanno fatto subito sentire amati, profondamente. Ci hanno fatti sentire chiamati ad amare, ad accarezzare, a sollevare cercando di imitare tanta dolcezza, tanta tenerezza, tanta delicatezza.
Quella di un Gesù che a Gerico vuole attraversare la città, avvicinarsi alla vita di ciascuno. Percorrere il nostro cammino fino in fondo perché la sua e la nostra vita si incontrino davvero. Proprio come con quella di Zaccheo, che era uno sfruttatore del suo popolo. Ma l’incontro con Gesù gli cambia la vita, com’è stato e ogni giorno può essere per ciascuno di noi. Eppure ci sono alcuni ostacoli che rendono questo abbraccio difficile per noi come non è stato facile per Zaccheo: il Papa ce ne ha ricordati almeno tre. 
La bassa statura: anche oggi possiamo correre il rischio di stare lontano da Gesù perché abbiamo una bassa considerazione di noi stessi. Non è qualcosa che tocca solo l’autostima, ma anche la fede. Noi siamo fatti figli di Dio, lo Spirito Santo vuole abitare in noi. Siamo i figli amati di Dio, sempre. Questa è la nostra statura! Francesco quasi si infervora, nel ripetercelo: non accettarsi, vivere scontenti e pensare in negativo significa girarsi dall’altra parte mentre Dio vuole posare il suo sguardo su ognuno di noi; è voler spegnere il sogno che Dio desidera nutrire in noi. Ma nulla gli farà cambiare idea. Tutti siamo prediletti e importanti, nessuno è insignificante. E Dio conta su di me per quello che sono, non per quello che ho. Dio è ostinato nell’amarmi. Mi ama più di quanto io ami me stesso. Dio è ostinatamente speranzoso, non si rassegna a vedermi spento e senza gioia. "È triste vedere un giovane senza gioia - continua Francesco nell’omelia - perché siamo sempre i suoi figli amati: ricordiamocene all’inizio di ogni giornata. Diciamogli: Signore, grazie che mi ami, fammi sempre innamorare della vita, che è un grande dono, che è il tempo che tu mi dai per amare e essere amato.»
Continua Francesco: «quanto è duro accogliere davvero Gesù, accettare un Dio ricco di misericordia. Potranno ostacolarvi facendovi credere che Dio sia duro, lontano, rigido, buono con i buoni e cattivo con i cattivi. Ma Dio fa sorgere il sole su tutti. Non abbiate timore e pensate alle parole di questi giorni: beati i misericordiosi perché riceveranno misericordia.» Potranno pensare che siamo dei sognatori! Non scoraggiamoci. Con il nostro sorriso e le nostre braccia aperte predichiamo speranza! Il perché ce lo dice il Papa: «Voi siete una benedizione per l’unica famiglia umana. La folla ha guardato Zaccheo dall’alto in basso. Gesù ha fatto il contrario: lo sguardo di Gesù non si rassegna di fronte alle chiusure, non si ferma alle apparenze, ma guarda il cuore. Il nostro cuore, il tuo cuore, il mio cuore.» Con questo sguardo possiamo far crescere un’altra umanità, senza aspettare di farci dire bravi ma cercando il bene per il bene, senza cercare di farci dei bei «maquillage dell’anima» per sembrare migliori, piuttosto, con un cuore che vede e trasmette il bene senza mai stancarsi. E quella gioia che gratuitamente abbiamo ricevuto da Dio, gratuitamente doniamola, perché tanti l’aspettano. 
 
Salutiamo il Papa, ci salutiamo tra di noi, con nel cuore la consapevolezza delle nostra responsabilità. Consci che la GMG comincia oggi e continua domani a casa. Perché lì Gesù vuole incontrarci di qui in poi. Non ha senso che la GMG per noi significhi solo Cracovia, che sia confinata a ricordi belli. Le tante luci accese ieri notte, in questo mare sterminato di cuori, non sono un’immagine da concerto, un po’ romantica e un po’ poetica.

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