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SAN MINIATO - Correva l’anno 1902. In Italia s’inaugurava la prima linea ferroviaria elettrica trifase ad alta tensione, mentre in Spagna nasceva lo storico club calcistico del Real Madrid. A San Miniato le maestranze eseguivano importanti lavori per la realizzazione dell’acqueotto comunale, che prevedevano scavi anche in quello che all’epoca era chiamato il «Prato del Duomo».
L’area antistante il Duomo, all’epoca risultava interamente di proprietà del Capitolo della Cattedrale, al punto che l’amministrazione comunale era solita chiedere il permesso ai Canonici per l’utilizzo della piazza e per gli eventuali lavori d’interesse pubblico.In quell’anno, sotto l’episcopato del Beato Pio Alberto Del Corona, per la prima volta nella storia fu contestata la proprietà ecclesiastica della piazza.


Una lettera del sindaco rivendicava l’uso e la proprietà degli spazi antistanti la Cattadrale ed affermava che non si rendeva necessaria alcuna autorizzazione per le opere di realizzazione dell’acquedotto.
Mons. Del Corona fu chiamato in causa per ricucire i rapporti tra l’amministrazione e il Capitolo dei Canonici, ormai sul piede di guerra.
L’anziano Proposto del Capitolo si dedicò con acribia alla ricostruzione della storia della piazza e del suo uso. I risultati di queste ricerche sono ancora conservati negli archivi.
Pur avendo appurato diritti reali sulla piazza, il Capitolo ritenne di non dover opporsi alla realizzazione di opere di interesse collettivo, proprio a motivo della posizione e dell’uso che dalla nascita della Diocesi ha avuto il «Prato del Duomo».
Da allora sono passati più di cento anni, e si torna a discutere della proprietà e dell’uso della piazza più bella di San Miniato.
Da alcuni mesi, e in una situazione di sede vacante della Diocesi, la polemica si è riaccesa, prenedendo spunto dalla presenza «di un po’ troppe macchine» nella piazza in occasione di una celebrazione liturgica importante.
Al di là delle funzioni che un luogo così unico come Piazza Duomo può rivestire all’interno di una comunità cittadina, quel che balza agli occhi è che non si può considerare <+corsivob>res nullius <+tondob>uno spazio che in realtà ha un propietario e su cui poggia il cuore della comunità cristiana della Diocesi.
D’altro canto non è possibile pensare alla chiusura di uno spazio che è evidentemente patrimonio di tutta la collettività, e che rappresenta il fiore all’occhiello della promozione di un territorio. Pensiamo alle manifestazioni estive di carattere culturale (Dramma Popolare, Luna Azzura, Francigena Melody Road); o all’evento sanminiatese per eccellenza, che prevede la presenza di stand del tartufo in occasione della festa di novembre.
Crediamo che dovremo prendere esempio dai vescovi che si sono succeduti dal tempo di Pio Alberto Del Corona fino all’altro ieri, nella loro opera di conciliazione tra le esigenze della comunità cristiana locale e quelle più ampie dell’intera Città di San Miniato e di tutti coloro che ogni giorno godono delle bellezze artistiche e naturali della nostra terra.

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