DALLA DIOCESI - Chi ha fame sarà saziato» questo è il titolo della micro-missione di evangelizzazione che ha percorso le strade di <+nerob>San Miniato<+tondob>sabato 12 e domenica 13 novembre, affollate per la ricorrenza della mostra del tartufo.
La missione è un tempo di almeno due giorni in cui i missionari staccano dalla quotidianità per concentrarsi nell’annuncio del Vangelo come esperienza di vita vissuta da loro stessi e in cui condividono questa testimonianza alle persone per la strada e in quei luoghi dove sembra superfluo e indifferente. Un ragazzo ci racconta:« L’evangelizzazione di strada per me è qualcosa di straordinario, è un momento in cui fai contatto con il tuo passato portando alle persone che incontri la tua testimonianza di vita piena e di gioia, che ho dato sempre per scontata e ora grazie a Dio sono vivo e nel mio piccolo posso essere Suo strumento nell’ascoltare e nel gettare un piccolo seme nel cuore di tanti ragazzi che hanno bisogno veramente di amare e di essere amati e di sperimentare quell’amore vero e concreto che solo Dio può darti».

Portare la gioia
L’obiettivo è quindi portare gioia e speranza alle persone che si incontrano e dire alle persone che c’è qualcuno che le ama. Si offre loro un ascolto profondo e la possibilità di un incontro con un Dio Padre che desidera raggiungere i suoi figli e viene a cercarli là dove si trovano. Durante la missione si invitano le persone ad entrare in chiesa, scrivere una loro intenzione e fermarsi ad adorare Gesù, esposto sull’altare.
La missione è un segno di Dio anche per chi la organizza e arriva nel momento in cui ce n’è più bisogno, è una tappa del cammino personale che dà carica e aiuta a sciogliere dubbi e paure.
Una missione è strutturata in una prima parte di preparazione che si basa sulla formazione teorica e la preghiera; tutto questo è già missione e serve per entrare nell’ottica giusta, scuotersi dalla tiepidezza e da tutto ciò che ci porta ad essere fermi e ripiegati su di noi, a metterci in relazione con Dio e a ritrovarlo se ce l’eravamo un po’ persi per strada, a sperimentare prima di tutto su se stessi l’amore e la misericordia di Dio.
Questa missione è stata organizzata dai centri di San Miniato e Pistoia, realtà che ospitano i ragazzi che vivono in comunità per un periodo seguendo il percorso proposto da Nuovi Orizzonti, con l’obiettivo di coinvolgere i due centri e soprattutto di creare un clima di famiglia e di fare unità per dare inizio ad un cammino assieme.
In una missione ci sono diversi compiti: alcuni sono chiamati ad uscire per strada ad incontrare le persone; altri si fermano in chiesa ad accogliere e ad accompagnare davanti a Gesù chi entra o ad intercedere per i missionari che sono in strada; inoltre c’è chi si occupa della preghiera e dell’animazione musicale e in chiesa sono presenti dei sacerdoti per le confessioni.
Ogni compito è una chiamata che si riceve, al di là delle preferenze e propensioni personali. Molti missionari sentono una grande fatica nell’andare per strada a fermare le persone, sentendosi inopportuni e inadeguati nel compito: «Quest’esperienza mi ha messo fortemente in discussione – ha affermato un giovane – pensavo che fermare le persone per strada non fosse giusto, perché era come importunarle».

Le difficoltà della missione
La paura ricorrente è di non essere accolti e di andare a disturbare la gente presa dai suoi impegni. E in effetti l’impatto iniziale di molti è di diffidenza, causata a volte da pregiudizi nei confronti della Chiesa, a volte dal non essere abituati al fatto che qualcuno ti fermi senza secondi fini. Ma in realtà sono state poche le persone che rifiutavano del tutto l’incontro e tiravano avanti infastidite. Nella maggior parte dei casi la gente, dopo aver sentito la nostra spiegazione dell’iniziativa e della realtà di Nuovi Orizzonti, ne rimaneva entusiasta ed esprimeva gratitudine, talvolta solo con lo sguardo, talvolta a parole, incoraggiandoci a non perdere la speranza ed a continuare a portare il Vangelo per strada. È un’occasione bella e diversa dal solito di fare Chiesa. Molti restavano favorevolmente stupiti dal fatto che proponevamo loro un’esperienza di gratuità, e le barriere iniziali spesso si scioglievano di fronte al sorriso e all’entusiasmo dei missionari, probabilmente anche dal riscontrare che non c’era intento di convertire o entrare in polemica, ma solo di offrire una possibilità d’incontro e di confronto. A volte capitava che, mentre si parlava con qualche persona incontrata per strada, qualcuno che passava vicino si fermasse ad ascoltare, incuriosito da chi fossimo e cosa stessimo facendo.


Il missionario che sta in strada di solito invita le persone ad andare nella chiesa aperta ed ha il compito di seminare, spesso senza raccogliere i frutti, che di solito vede chi resta a fare servizio in chiesa durante la missione: «alcune persone che abbiamo fermato sembravano poco interessate alla nostra proposta; poi invece ci è capitato di andare in chiesa e trovarle lì…è stata una sorpresa, mi ha aiutato a capire che non sono io ad attirare la gente con quello che dico, ma è Gesù che fa tutto» – ha affermato una partecipante.
«Mi hanno colpito molto i bambini e le ragazzine di 12-13 anni per la loro apertura, libertà e disponibilità nell’ accogliere la proposta, il loro lasciarsi coinvolgere da noi. Tutte le persone incontrate le abbiamo accompagnate noi stessi in chiesa davanti a Gesù, e questo ci ha permesso di creare una comunicazione più profonda. A qualcuno ho chiesto di pregare per loro, alla fine si leggeva nei loro occhi una profonda gratitudine e commozione. C’era una luce diversa, qualcosa si era mosso dentro di loro».
«L’incontro più significativo che ho fatto è stato sabato sera nel locale con un ragazzo a cui abbiamo proposto di prendere un bigliettino con la Parola. Conteneva un passo della Bibbia che parlava di un cuore affranto che se consegnato a Dio poteva aprirsi. All’inizio sembrava non gli interessasse per nulla, e teneva costantemente gli occhi bassi. Cercavamo di interagire con lui, chiedendogli come stesse il suo cuore. Lui cercava di sviare il discorso. Però continuando a parlare mi accorgevo che sembrava sempre più interessato e pian piano ha iniziato a guardarmi negli occhi, sembrava più coinvolto e si leggeva una certa commozione.
Anch’io ho pescato un biglietto, che parlava del non accumulare ricchezze sulla terra».
Vedere alla fine della giornata tutte le preghiere e i lumini accesi è stato proprio quella ricchezza che riempie il cuore, che non arricchisce in beni materiali, ma che è proprio quel pezzetto di Cielo visibile sulla terra.

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