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SAN MINIATO - L'annuale Due giorni del Clero, che si è svolta a San Miniato, presso il Convento di San Francesco, il 19 e 20 giugno scorsi, presieduta dal vescovo mons. Andrea Migliavacca, ha visto come relatore don Michele Falabretti, responsabile del Servizio nazionale di Pastorale giovanile. Al centro della sua riflessione le sfide e provocazioni che ci vengono dal modo in cui i ragazzi vivono e credono oggi. Sullo sfondo, il prossimo Sinodo dei Vescovi che ruoterà proprio intorno alla questione giovanile, a proposito della quale nelle diocesi sono già state avviate le consultazioni. «Parlando dei giovani - ha esordito il relatore - finiremo inevitabilmente per parlare degli adulti, di noi come Chiesa, del nostro modo di vivere la fede. Infatti le nuove generazioni mettono sempre in discussione chi le precede».

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DALL DIOCESI - Pubblichiamo la quarta e ultima lettera del significativo carteggio del nostro sacerdote diocesano Luigi Pacchiani con Vincenzo Gioberti. L’ultimo giorno dell’anno del 1850, Gioberti, da Parigi, scrive al preposto sanminiatese.

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DALLA DIOCESI - Nel pomeriggio del 2 giugno scorso il Vescovo Andrea Migliavacca ha incontrato le comunità Neocatecumenali celebrando con loro l’Eucarestia nella Cattedrale di San Miniato. La S. Messa è iniziata con una presentazione su ciò che il Cammino Neocatecumenale è, e su quale ruolo svolge all’interno della Chiesa Cattolica. Come affermò San Giovanni Paolo II: «Riconosco il Cammino Neocatecumenale come un itinerario di formazione cristiana, valida per la società ed i tempi odierni».

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DALLA DIOCESI - Ecco la terza lettera del carteggio che stiamo pubblicando sulle pagine del giornale diocesano. Una lettera affettuosa, una difesa accorata del sacerdote sanminiatese, che non esita a definirsi un "eretico in erba": perché così lo avevano dipinto i suoi contemporanei diocesani. Un altro tassello di questa interessante storia, viene quindi pubblicato quasi integralmente, a beneficio degli studiosi.
Lari in Toscana, 18 ottobre 1850

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Vincenzo Gioberti

DALLA DIOCESI - Da Parigi, il 4 marzo del 1850, Vincenzo Gioberti scrive al preposto Pacchiani, residente a Lari. Si tratta di una lettera molto lunga, che abbiamo deciso di pubblicare solo in alcuni stralci per ragioni di spazio. L’originale completo sarà comunque consultabile presso la Biblioteca del Seminario vescovile. Dalla lettura del documento si evince come il rapporto tra i due uomini fosse consolidato, un rapporto di amicizia insomma. Non sappiamo se i due si fossero mai incontrati, certamente le amicizie in comune con protagonisti del Risorgimento italiano come Montanelli, ci fanno propendere per un’amicizia nata per corrispondenza e mutui rapporti di conoscenza reciproca. Il cuore della lettera è una difesa a tutto tondo del libro "Il gesuita moderno" e dei metodi di ostacolo alla sua diffusione. Un documento eccezionale, che merita di essere ricordato e pubblicato.

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DALLA DIOCESI - Di seguito, come promesso la scorsa settimana, riportiamo integralmente la prima lettera inviata dal sacerdote sanminiatese Luigi Pacchiani a Vincenzo Gioberti. Si tratta di una missiva di estrema importanza che vogliamo contestualizzare brevemente. Vincenzo Gioberti, uomo politico, filosofo e sacerdote, era stato ministro nel 1848 e presidente del Consiglio nel Regno di Sardegna. Prima ancora era stato incarcerato, processato ed esiliato dal Piemonte perché accusato di aver preso parte alla congiura mazziniana del 1833. Visse a Bruxelles e Parigi. Perorava inizialmente una soluzione federalista al problema dell’unità di Italia, sotto l’egida morale del Papa. Le sue idee neoguelfe sfociarono in una delusione verso il progetto di unificazione portato avanti invece dai Sovoia, incuranti delle idee giobertiane. Tra il 1846 e il 1847 Gioberti sfoga le sue delusioni politiche nei cinque volumi de "Il gesuita moderno", ben presto messi all’indice perché considerati l’espressione massima della campagna antigesuitica in Italia.

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SAN MINIATO - In visita a San Miniato. Ha esposto due tele a Lucca che rappresentano Papa Francesco
Nei giorni scorsi ha fatto visita alla città di San Miniato il pittore sud americano Pablo Solari, fratello del sacerdote Luigi, del clero della Diocesi. Pablo Solari è, attualmente, uno dei più apprezzati e stimati pittori del Sudamerica. Le sue opere sono esposte nelle principali gallerie argentine, ma le sue tele sono state anche in Europa: Olanda, Francia, Spagna e ovviamente Italia, avendo Solari delle radici fortemente radicate nel nostro paese. Di origini lucchesi è stato invitato a esporre due tele e ci ha concesso un’intervista:

Solari, lei è un pittore e quindi è naturalmente attratto dalla bellezza. Cosa le suscita la vista del paesaggio di San Miniato? 
«La bellezza e l’armonia sono elementi che cerco sempre nella mia arte, per questo, come artista, mi ha colpito subito la fusione tra paesaggio naturale e paesaggio urbano della città, quello antico, che parla di storia. Le facciate degli edifici, le edicole dipinte, i materiali. È l’armonia sapiente dei colori delle facciate con il paesaggio che mi attrae. Anche io, nei miei quadri, cerco questa armonia di colori».

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SAN MINIATO «Cari giovani, in questa serata, in comunione con i giovani delle diocesi del mondo, ci collochiamo nel solco di un cammino. E’ l’itinerario dei giovani nel mondo che nell’ultimo tratto ci porta da Cracovia, luogo dell’ultima GMG a Panama, nel gennaio 2019.
E’ San Giovanni Paolo II, il grande Papa che ha inventato la GMG, che ha pensato come la Chiesa debba camminare con i giovani, una Chiesa che scopre di dover ascoltare i giovani, la loro parola, la loro vita.
Papa Francesco che ci dà appuntamento a Panama ha annunciato la celebrazione di un Sinodo dei vescovi sul tema dei giovani e la vocazione, per il prossimo autunno 2018. Questa sera, qui in Cattedrale, iniziamo anche noi come Chiesa diocesana, con i giovani, il cammino che ci condurrà a questo evento ecclesiale, il Sinodo. Il pellegrinaggio in Terra Santa che vivremo nel prossimo agosto sarà una tappa di questo itinerario.
Questa sera in Cattedrale noi viviamo il nostro incontro di Chiesa. Possiamo porci allora delle domande proprio come comunità cristiana.

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Persi nei commenti sulla «terza guerra mondiale a pezzi» non ci siamo accorti che a Spoleto, saltando giù dal Ponte delle Torri, in un mese e mezzo si sono tolti la vita due diciassettenni. Così scrive una ragazza, loro coetanea, al vescovo della città Umbra: «Ho paura… Il suicidio nella mia classe è un tabù; è più importante terminare i programmi e riempirci la testa di matematica e di italiano, mentre nessuno ci guarda e ci chiede “come stai?”. È questa corsa continua che lascia indietro chi non tiene il passo. Una corsa che a quell’età dovrebbe somigliare di più a quella degli apostoli verso il Sepolcro vuoto, dove la morte è stata sconfitta.

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SAN MINIATO - «Vegliate e pregate per non entrare in tentazione». (Matteo 26,41).
E’ la Parola che esce dal cuore di Gesù nel Getsemani, rivolta ai suoi apostoli, gli amici, indicando loro con quale atteggiamento vivere il suo mistero di morte e risurrezione, la Pasqua.
Erano andate anche le donne al sepolcro, il mattino di Pasqua, per vegliare e pregare sulla tomba del Maestro e trovano un sepolcro vuoto, abitato da chi annuncia che il Signore è risorto e che attende di incontrare i suoi nella Galilea.
Vegliando e pregando si è testimoni del sepolcro vuoto, dell’annuncio del Risorto, chiamati ad incontrarlo.
E’ con questo invito di Gesù che desidero rivolgere a tutti il mio augurio pasquale: vegliate e pregate.
Anche noi stiamo attraversando nel nostro mondo un cammino di passione, una via crucis, un Getsemani in cui risuona l’invito a vegliare e pregare.
C’è la via Crucis dei conflitti. Venti di guerra soffiano da ovest ad est del Pianeta, da sud a nord. Strage di bambini in Siria, nuovi bombardamenti su questa martoriata terra, lotta a Mosul, combattimenti feroci contro il terrorismo internazionale; e poi in Europa: Londra, Stoccolma per ricordare gli ultimi luoghi del terrore seminato dal terrorismo internazionale; e ancora: l’Egitto con una nuova strage di cristiani copti. In questo scenario mondiale, in questa terza guerra mondiale a tappe, come la chiama il Papa, ci è chiesto di vegliare e pregare.
Chiediamo il dono pasquale della pace, del perdono, della riconciliazione, della disponibilità all’accoglienza, del rispetto. La Pasqua quest’anno ci regali la pace, quella che il Risorto dona annunciando: "La pace sia con voi".
C’è la via Crucis delle ferite alla vita. La vita è un dono, è gratuità, è tale dal concepimento alla morte naturale, è differenza di uomo e donna, è fedeltà di tante famiglie, è servizio gratuito e dono di amore… Tante voci diverse raccontano altro della vita e la feriscono. Ed occorre vegliare e pregare.
Chiediamo il dono pasquale della vita come l’ha pensata il Creatore. E’ la vita del Risorto, Lui che con il dono della sua ha ricostruito l’uomo. Ci regali la Pasqua di accogliere la vita e, vegliando e pregando, di difenderla dalle numerose ferite.
C’è la via Crucis di tante esperienze quotidiane e semplici di vita. Le conosciamo: sono talvolta nelle nostre famiglie, riguardano amici, nascono dalle fatiche di ogni giorno.
Chiediamo che la Pasqua, vegliando e pregando, non ci lasci nel buio del Calvario, ma ci conduca fino al sepolcro vuoto, annuncio di risurrezione anche per la nostra esistenza, col sapore della speranza.
La pace, la vita, la speranza sono i doni pasquali che vorrei augurare a tutti, doni da accogliere vegliando e pregando, per sentire la voce del Signore Risorto che ci invita nella Galilea della nostra vita ad incontrarlo.
Buona Pasqua».

+ Andrea, vescovo

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