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DALLA DIOCESI - Negli anni’60 si sentiva spesso parlare delle cosidette «fuitine», ovvero le fughe d’amore di giovanissimi fidanzati che sfuggendo al rigido controllo dei familiari cercavano di mettere i gentiori davanti all’evendenza del loro rapporto.
I tempi sono cambiati e questo fenomeno era andato scomparendo man mano che lo stile di vita permetteva una maggiore libertà affettiva dei figli nei confronti del controllo familiare.
Con sorpesa invece dobbiamo registrare un ritorno delle fughe tra i giovanissimi, alcune anche tra quelli del Comprensorio del Cuoio.
«L’aspetto di complicità che talvolta caratterizza il rapporto genitori e figli spesso è indice di un tentativo di assecondare i ragazzi e non di una vera e intima relazione affettiva – afferma la dr.ssa Sara Limpido, psicologa che si occupa delle relazioni adolescenziali all’interno del Consultorio dell’Asl di Empoli –.»


«I rapporti all’interno della famiglia sono i principali imputati delle fughe da casa degli ultimi tempi, che in realtà hanno poco a vedere con la dinamica affettiva di giovane coppia: «Il senso dell’allontanamento da casa, anche se vissuto assieme a un’ altra persona a cui sono legati, rappresenta sempre una manifestazione di disagio e contestazione nei confronti dell’autorità genitoriale. In realtà la fuga più importante è quella emotiva; l’adolescente prima di uscire fisicamente infatti marca le distanze dagli altri, in particolare dai familiari, e fugge dal contesto che vive nel quotidiano».
I social network sono una delle vie d’uscita privilegiate dai giovanissimi che trovano nella rete virtuale degli affetti un’alternativa sicura e facile dalla ruotine casalinga :«Sui social molto spesso gli adolescenti sono aiutati nel fantasticare sulle reazioni degli amici e dei gentiori ad una loro eventuale scomparsa. Questa idealizzazione della fuga è una ricerca di una realtà che non esite, e che poi sono costretti ad affrontare una volta tonati nelle loro case».
«Certamente – continua la Limpido – uno dei tratti tipici dell’adolescenza è il bisogno di essere al centro dell’attenzione, di sentirsi protagonisti, e il cercare visibilità attraverso gesti eclatanti è molto diffuso».
Un disagio quindi che nasce da lontano, nel contesto familiare, che sconta però di un’assenza di spazi a livello sociale che possano permettere ai ragazzi un pieno sviluppo della loro personalità: «Purtroppo non esistono spazi sufficienti e adeguati a disposizione dei giovani. Non tanto luoghi fisici di aggregazione – conclude la psicologa – ma centri e spazi che favoriscano l’autonomia e la crescita emotiva degli adolecenti».

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