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FUCECCHIO - Nella storia della salvezza sono state innumerevoli le chiamate operate da Dio nell’Antico Testamento. Tutti i destinatari si sono rivelati determinanti per il Suo progetto anche se ad una prima analisi sembravano essere veramente poco adatti. Erano infatti persone umili, deboli, povere, ma docili e veramente timoratedi Dio. Quando poi, nel Nuovo Testamento, Gesù stesso scelse i Dodici, lo fece con poche parole: «vieni e seguimi». Queste parole, uscite dalla bocca del figlio di Dio, furono percepite dagli apostoli con suono armonico, affabile, rassicurante, ma allo stesso tempo perentorio, come se non vi fosse altra scelta da fare. Gli Apostoli infatti, non tentennarono un istante, non si fecero domande, lasciarono tutto e lo seguirono. Anche oggi, a distanza di oltre duemila anni il Signore non si stanca di chiamare, entra silenzioso nei cuori di ragazzi e ragazze, gli sussurra con voce amabile il desiderio di seguirlo, una seduzione che non ha eguali.


Deve essere successo così a Casal di Principe in provincia di Caserta quando nel 1956 il Signore iniziò a far sentire la sua voce nel cuore di Angela e Amalia Corvino, due giovani ragazze che forse avevano altri progetti in testa come tutte le loro amiche del tempo.
Una famiglia, la loro, veramente benedetta dal Signore. I genitori, Pasquale e Francesca hanno dato alla luce 7 figli, cinque femmine e due maschi. La mamma Francesca da bambina avvertì anch’essa la chiamata del Signore ma i genitori si opposero a questa scelta e così, in futuro, si innamorò di Pasquale, un bel giovinotto di famiglia assai cattolica e praticante. Nella nascita e nella storia dei loro figli, in qualche modo il Signore ha ultimato l’opera rimasta «incompiuta» con mamma Francesca: tre delle cinque sorelle femmine, sono divenute religiose di Clausura e le altre, così come i fratelli maschi, sono tutti felicemente sposati con figli e nipoti.
Ma il Signore quando chiama non usa mezze frasi, chi viene individuato non ha scampo, rimane sedotto come Geremia, si abbandona alla Sua volontà e si fida totalmente di Lui. Angela e Amalia decidono così di entrare come collegiali nel Monastero di Aversa dove successivamente, il 19 Marzo del 1965, si donano per sempre al Signore prendendo il nome di suor Maria Gesualda e suor Maria Redenta.
È stata la stessa chiamata che fu per gli apostoli, a far decidere a divenire suore a due giovanissime ragazze, è vero, ma la scelta della clausura è stata la scelta più forte. Seguendo le orme dei loro Santi fondatori e protettori, Francesco e Chiara d’Assisi, le monache clarisse si dedicano principalmente alla preghiera, non possono uscire dai Monasteri se non per grave motivo e si offrono quali strumenti della carità verso i bisognosi.Mosse dallo spirito di Carità, dopo 11 anni trascorsi nel Monastero di Aversa, suor Maria Gesualda e suor Maria Redenta arrivarono a Fucecchio in aiuto alle consorelle che versavano in gravi problemi, specialmente di salute e dopo due anni, visto che la situazione non migliorava, decisero di rimanervi e giorno dopo giorno, anno dopo anno, siamo giunti ad oggi, Domenica 22 Marzo dell’anno del Signore 2015.
Nella Chiesa del Monastero di San Salvatore tutta la comunità cristiana ha partecipato all’ Eucaristica presieduta da mons. Andrea Cristiani Arciprete di Fucecchio e concelebrata da molti sacerdoti giunti per festeggiare il bellissimo traguardo dei 50 anni di Professione Religiosa di suor Maria Gesualda e suor Maria Redenta e per ringraziare il Signore di questo grande dono che ha fatto alla Chiesa. Era presente anche p. Vincenzo Coli, che è stato custode del Sacro Convento di Assisi. Ha guidato il canto il Coro della Collegiata di Fucecchio.
Il dono delle Suore di clausura è un dono grande, grandissimo. Il loro silenzio e la preghiera che ininterrottamente giorno dopo giorno sale al Cielo, è ossigeno per il mondo.Vivere «nascoste», isolate e circondate dalle mura dei monasteri, le identificano come le religiose «inutili, inattive, inoperose». Certamente la clausura implica una separazione materiale con il mondo. Ciò non vuole dire che le suore non siano solidali con esso, che non ne condividano le speranze e i dolori, che non prestino un servizio agli altri perché ritirate. In realtà servono tutti gli uomini e partecipano alla costruzione del Regno dei cieli con la vita contemplativa nell’ardore della preghiera che è servizio fraterno offerto gratuitamente a tutto il mondo. La loro condizione di vita gli impedisce di vedere i "frutti" delle loro preghiere, ma sono certo che il Signore si serva di loro nel migliore dei modi, e il raccolto arriverà copioso dalle mani di Dio, per le invocazioni costanti di queste umili, povere e docilisorelle, innamorate del loro Sposo che è sceso in loro come «sigillo del loro cuore».

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