Beata diana giuntinidel corona

SANTA MARIA A MONTE - L'11 aprile del 1882 il vescovo beato, Pio Alberto Del Corona, si era recato a Santa Maria a Monte per predicare nel periodo della Quaresima. Aveva colto quell’occasione per svolgere una sublime catechesi sulla beata Diana Giuntini con un discorso colto e al contempo da tutti afferrabile. La sua predica era stata apprezzata a tal punto che i deputati del comitato promotore per i festeggiamenti di quell’anno avevano chiesto formalmente al vescovo coadiutore di San Miniato di dare alle stampe il discorso pronunziato. Della vita e delle virtù della Beata, patrona dell’insigne Collegiata di Santa Maria a Monte, esistevano già delle piccole agiografie – la Vita della B. Diana Giuntini di S. M. a Monte scritta dal canonico Giovan Battista Dini nel 1851, e un Discorso letto nel 1858in occasione delle feste, ma di autore anonimo –. Oltre ai due opuscoli, che ritraggono i tratti salienti della vita della beata, anche il sacerdote e forbito scrittore Oreste Nuti aveva dedicato dei versi a Diana Giuntini, con due opere date alle stampe nel 1872 e nel 1887.


Ma il beato Del Corona aveva accettato volentieri l’oneroso compito assentendo alla gentile richieste.
La decisione di stampare il discorso la troviamo nella lettera che apre l’opuscolo. Del Corona trovava infatti nella beata Diana una specie di “parentela sacra” con l’ordine domenicano al quale egli apparteneva. Infatti il nome della Diana di Santa Maria a Monte ricordava a Del Corona il nome di Diana degli Andalò, di origine bolognese, «cara e santa alunna d Reginaldo d’Orléans e Domenico di Guzman», vissuta agli inizi del XIII secolo. Ecco il perché dell’accoglimento della richiesta del comitato promotore dei festeggiamenti: dare un «piccolo tributo di affetto quasi fraterno» al popolo della diocesi e onorare la prima Collegiata della diocesi la cui storia gloriosa era degna di “tributo e ammirazione” secondo le parole del vescovo beato, che tratteggia tra l’altro nella missiva introduttoria una piccola storia del castello di Santa Maria a Monte, dal X secolo sino all’istituzione della diocesi di San Miniato. Le ventisei pagine che Del Corona tributa a Diana Giuntini sono un concentrato di citazioni dei padri della Chiesa, delle vicende storiche del Medioevo, di passi biblici, di riferimenti all’Ordine domenicano. Del Corona vedeva nella biografia della beata Diana - che dichiara di aver letto e riletto - «un leggiadro poema d’amore», un alito di vita e di bellezza che facevano "infocare l’anima" al vescovo predicatore a distanza di secoli. L’eroina del poema è la beata che Del Corona definisce più volte «la vostra Santa», nata il 5 maggio del 1187 da Mazzeo Giuntini e Maria Ghisleri. Il discorso tenuto nella Quaresima del 1882 può essere diviso in tre parti; Del Corona le chiama «tre canti del poema di questa gloriosa vita», che si identificano con tre episodi miracolosi nella vita della beata: i fiori apparsi in grembo a Diana – che aveva vestito l’abito agostiniano – quando si recava dai carcerati a portare viveri per la sopravvivenza;la prodigiosa processione con il vessillo della Croce durante il quale il popolo non fu toccato dalle pioggia, dai fulmini e dal fragore della grandine che stava cadendo; il giglio di abbagliante candore che era fiorito tra le macerie della chiesa di San Dalmazioove Diana era stata sepolta, dopo la distruzione di Santa Maria a Monte del 1327. Ma a parte gli episodi splendidamente descritti dal beato Del Corona, con accenti commossi e periodi che emanano ad ogni tratto note poetiche e balsamo di sapienza, ciò che colpisce maggiormente è il richiamo continuo alla bellezza del culto, alla pietà popolare, all’amore dei vescovi che hanno onorato volta volta l’urna, alla venerazione, alla nascita del rito di solennizzare il transito dai primi Vespri della Resurrezione sino al terzo dì della Pasqua. Una devozione che secondo Del Corona è una «foga d’amore», è la gloria dei beati e dei santi che «non impallidisce mai, ma risplende di secolo in secolo, e anch’oggi splende e fiorisce». La parte conclusiva del discorso, a guisa di richiamo intimo verso gli uditori di quella storica orazione, è un richiamo continuo ai fedeli, è un richiamo che colpisce anche oggi, richiama l’orgoglio e la fede dei compaesani della beata Giuntini, affinché non si dimentichino mai della storia del «più forte castello di Toscana» – come lo definì il Villani – ma anche delle parole del Repetti, che apriva la voce storica su Santa Maria a Monte nel suo famoso Dizionario con la semplice definizione che colpisce Del Corona: «Santa Maria a Monte ha dato i natali alla beata Diana Giuntini». Quindi tutti gli altri splendori, quelli storici, si eclissano allo sguardo del vescovo beato e spicca invece Diana Giuntini, «quell’unico splendore di verginità, vestita della possanza di Dio», «quell’unica grandezza che basta a rendere gloriato e chiaro un paese».

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