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PERIGNANO - Le forme di  dipendenza sono mutate nel tempo. Credo che oggi siamo troppo concentrati sul problema dello spinello, che c’è e non può essere ignorato, ma il canale preferenziale e più sdoganato di accesso al mondo delle dipendenze è l’alcol». 
Matteo Lami, presidente della Cooperativa "Il Cammino" , da anni è un educatore impegnato nel recupero dei tossicodipendenti e conosce bene «il male oscuro» delle dipendenze da droghe, che mutano con il tempo e che obbligano gli  operatori ad un costante «aggiornamento».
 
 Di che cosa si occupa «Il Cammino»?
La Cooperativa Sociale il cammino nasce nel 2006 a Lari  con l’obiettivo di affiancare, in relazione ai servizi per l’Infanzia sul territorio, la Cooperativa Il Delfino, incorporata nella prima a partire dal 2013, dando vita ad complesso progetto di gestione di servizi socio-sanitari ed educativi, tra i quali anche il trattamento delle dipendenze.
 
Quali sono le principali forme di dipendenza di oggi?
«Probabilmente è l’alcol il nuovo nemico da combattere. Anche il problema del gioco d’azzardo ha raggiunto i numeri delle classiche dipendenze, tanto che si stanno pensando anche percorsi di recupero residenziali. Un altro problema esploso negli ultimi anni è la dipendenza da videogiochi. Alcune mamme preoccupate mi hanno parlato di ragazzi che giocano bloccati 36 ore di fila. Parlando delle droghe più usate, la più diffusa è certamente la cocaina, che è anche tra le più pericolose, anche perché, scientificamente, porta in seguito al consumo di eroina e ad altre droghe».
 
Perché oggi le droghe sono più pericolose d’un tempo?
Un tempo l’eroina, anche se creava una forte dipendenza fisica, poteva essere gestita con un percorso di riabilitazione che portava ad una competa guarigione ed a un inserimento nuovo nella società. Le sostanze di oggi compromettono le capacità celebrali del consumatore, tanto che molti diventano malati psichiatrici, che difficilmente riusciranno a tornare ad una vita completamente normale ed indipendente. Ecco perché accanto alla comunità di recupero stanno nascendo case famiglia che accompagnano gli ospiti in un percorso  continuo di assistenza».
 
La prevenzione nelle scuole è utile?
Ci sono molti progetti attivi, altri che partiranno nel prossimo futuro, tutti coordinati dalla regione, incentrati sulla prevenzione di tutte le dipendenze. Credo che questo tipo di attività vada studiata bene. Non basta andare a fare testimonianza nelle scuole, c’è bisogno di proporre stili di vita ed esempi positivi. Oltrettutto, parlare di prevenzione a 16 anni è già tardi, ma è necessario cominciare già alle medie. Occorre partire prima, magari non affrontando direttamente il problema, ma propnendo l’argomento sotto forma di gioco, dove si cerhi di spiegare come divertirsi in modo sano, su quelli che sono i veri contenuti della vita.
 
Come e perché si parte con l’abuso di sostanze?
L’età delle prime volte si sta abbassando e molto, già all’età delle scuole medie si comincia ad affacciarsi alle dipendenze. Negli ultimi anni vanno per la maggiore i progetti sulla prevenzione del bullismo e del cyber bullismo. Se esistono relazioni positive tra ragazzi quel disagio che interessa i giovanissimi viene meno: d’altra parte l’uso di sostanze o l’avvicinamento alle dipendenze è più appannaggio di chi è insicuro e che, in larga parte, proviene da classi sociali più svantaggiate.
<+nerob>Qual è il ruolo del terzo settore nei problemi di dipendenza?
«Credo che oggi, viste anche le difficoltà degli enti pubblici, il nostro ruolo sia fondamentale. Prima di arrivare un Sert bisogna che una persona prenda coscienza della sua situazione. In questo una associazione ha più possibilità di lavorare sul territorio, perché può rispondere anticipatamente a un bisogno che non è ancora emergenza o talmente grande da necessitare un trattamento forte. Noi del terzo settore possiamo e dobbiamo far tanto: penso ai nostri sportelli sulla ludopatia, aperti la sera, dove si rivolgono in via riservata anche i familiarii e i parenti che segnalano il problema quando ancora siamo in tempo per risolverlo senza grandi patemi».
 
Regolamentazione della Cannabis o proibizionismo?
Il problema della legalizzazione della Cannabis è molto articolato. Lasciando da parte la questione dell'utilizzo terapeutico, i problemi realtivi alla regolamentazione di quel mercato sono tanti. Se da un lato la legalizzazione toglierebbe una fetta di business importante alle mafie, dall'altro si toglierebbe allo spinello quel «fascino del proibito» che porta tantissimi giovani a provarlo almeno una volta. La mia paura è che però le altre sostanze illegali, come la cocaina, diverrebbero il “primo step illegale” e, con ogni probabilità, arriverebbero sul mercato a costi inferiori, per promuoverne l'uso, con effetti infinitamente più pericolosi dei cannaibinoidi».

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