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PALERMO - A seguito di un lavoro di ricerca, recentemente svolto tra i fondi manoscritti della Biblioteca comunale di Palermo, è venuta alla luce un’interessante lettera del Beato Pio Alberto del Corona (1837-1912) indirizzata allo scienziato e viaggiatore Filippo Parlatore. La lettera si trova conservata nel "fondo Parlatore": un archivio privato donato alla biblioteca del capoluogo siciliano alla morte dello scienziato composto da migliaia di lettere spedite allo studioso da personalità della cultura italiane e straniere della seconda metà dell’Ottocento. Ci è parso significativo pubblicare la lettera inedita sul giornale diocesano proprio perché la nostra Diocesi è oramai intimamente legata alla figura del vescovo domenicano: una figura di pastore e uomo della cultura su cui ancora poco si è scritto, se si pensa, per esempio, all’immensa mole inedita delle sue lettere o all’assenza di uno studio specifico sul suo pensiero teologico. Ci proponiamo ovviamente di rendere conto su queste pagine di altri scavi archivistici che dovessero far emergere materiali inediti legati al Beato del Corona.
Chi era Filippo Parlatore?
Il destinatario delle lettera è lo scienziato Filippo Parlatore, nato a Palermo l’8 agosto del 1816, laureato in medicina nel 1834. Ben presto il giovane siciliano, che si era interessato anche di botanica e di studi floristici sull’isola, decide di varcare i confini della Sicilia borbonica per recarsi prima a Ginevra e poi nei maggiori centri universitari d’Europa. Durante questi viaggi egli ha modo di conoscere personaggi di spicco della scienza di quel tempo come de Candolle, Webb, von Humboldt. Ma è a Firenze, dove viene nominato direttore del nuovo Erbario Centrale Italiano (il centro di raccolta delle specie botaniche di ogni luogo d’Italia a scopo di ricerca), che il suo lavoro ottiene maggiore successo con diverse iniziative che fanno diventare Firenze la capitale degli studi botanici. Parlatore, a differenza di molti scienziati del suo tempo, è ancora un convito assertore del creazionismo, e quindi della botanica descrittiva sullo stile di Linneo, contro le correnti darwiniane. Non mancano, nel curriculum dello scienziato i viaggi per regioni italiane e all’estero, pubblicati talvolta in resoconti dettagliati dei suoi itinerari. Infine, l’ultima sua grande opera: l’organizzazione del Congresso internazionale di botanica e dell’Esposizione internazionale orticola, tenutesi a Firenze nel 1874, dove morirà il 9 settembre 1877. Non sappiamo dalla lettera rinvenuta, quando e come Filippo Parlatore e Pio Alberto del Corona possono essere entrati in contatto. Possiamo però leggere la lettera del Beato sanminiatese e cercare di comprendere il contesto.
La lettera
Scrive Pio Alberto del Corona:
«Carissimo professore,
grazie della sua lettera e delle pagine sulle piante. Mi hanno rallegrato e acceso la voglia di avere quelle altre righe sulla Rosa e sul Giglio. Mi basta che Ella descriva gli organi, le attinenze di quei fiori colle altre piante e cogli animali. Quando io conosco gli organi e le proprietà di un fiore, posso trarne ammaestramenti morali. Scusi la mia arditezza. Le sono grato delle cortesi espressioni che Ella usa meco, delle dolci notizie che mi porge di sua famigliola e del venerando Barone. Renda a tutti gli ossequi e le mie benedizioni. Penserò a pregare Dio che la benedica e renda fruttuoso il suo apostolato scientifico. Le mando questa mia lettera per le mani di Augusto Romei, giovane egregio, già mio alunno di filosofia e ammiratore di Lei. Nel porgerle questa mia, il giovane Romaei sarà lieto di fare la sua conoscenza. 29 luglio 1876 S. Miniato, aff.mo in G.C. + Fr Pio Alberto de’ Predicatori Vescovo di Draso e coadiutore del Vescovo San Miniato»
Il contenuto della lettera
La lettera viene inviata da Del Corona circa un anno prima della morte del professor Parlatore, da San Miniato, dove sappiamo collaborava pastoralmente con il vescovo Barabesi dal 18 gennaio del 1875 quando era stato nominato coadiutore. Il giovane Del Corona ringrazia per alcune pagine di botanica ricevute in dono, che avevano come tema i fiori della rosa e del giglio. Sono due, a mio parere, gli elementi interessanti della lettera che consentono di aggiungere qualcosa della personalità e dello spessore culturale del nostro vescovo beato. Innanzitutto la vastità della cultura e della preparazione che consentivano al Beato di assaporare anche scritti scientifici dimostrando proprietà di linguaggio: del Corona parla nella lettera di organi e proprietà del fiore; menziona il suo vivo interesse per il comparativismo scientifico. In secondo luogo merita di essere segnalata la motivazione che soggiace alla pura curiosità scientifica: dallo studio botanico il vescovo potrà ricavare "ammaestramenti morali".
Non c’è dubbio che Del Corona consideri degno il lavoro dello scienziato siciliano, oramai a Firenze da oltre trent’anni, e non meraviglia affatto che i due si conoscessero. D’altra parte la chiesa e il convento di San Marco dei Domenicani si trovano proprio a pochi passi dall’Orto botanico di Firenze che Parlatore aveva contribuito a rendere famoso in tutto il mondo.

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