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SAN ROMANO - Domenica 12 marzo si è svolta, presso la nostra Parrocchia di San Romano, la giornata delle famiglie toscane che compiono il percorso francescano, unitamente al gruppo famiglie del «Divino Amore» di Montopoli.
Giornata di festa, di condivisione, di fraternità, di ascolto.
Dopo un momento insieme al mattino, la giornata è stata caratterizzata dalla Celebrazione Eucaristica presieduta al Santuario della Madonna, dal nostro Vescovo Andrea.
Nella sua omelia il Vescovo, prendendo spunto dalle letture della liturgia della seconda domenica di quaresima, ci ha detto che anche noi siamo chiamati a guardare verso lo splendore della Pasqua e a prepararci a vivere questo grande mistero. Per questo a noi è rivolto un primo invito, quello a camminare, richiamato nelle letture dalla vicenda di Abramo e dal brano del Vangelo della Trasfigurazione: il primo personaggio è invitato a lasciare tutto per mettersi in viaggio, mentre Gesù chiama a se alcuni discepoli e li conduce in disparte su un alto monte dove si mostra a loro nella sua Gloria.


Abramo e anche gli Apostoli è proprio nel cammino che scoprono “chi è” il Signore , scoprono il Volto di Dio.
È proprio nel “camminare” che anche noi siamo chiamati a riconoscere e scoprire l’amore di Dio presente nella nostra vita.
Il cammino della famiglia è per noi di grande esempio perché prima di tutto è il percorso delle scelte: quello di sposarsi, dell’accoglienza della vita; il tempo delle sfide, dei progetti ed è anche il tempo della prova, della fatica.
E in questo cammino della famiglia fatto di gioie e di dolori, siamo anche chiamati a capire come Dio ci sta accompagnando, è vicino e diventa provvidenza, protezione: a noi è chiesto di camminare come amici di Dio sapendo che il Signore, amico, ci offre il suo amore. L’importanza di riconoscere l’amicizia di Dio:
bello sarebbe se al termine della nostra esistenza si potesse dire di noi: è stato un amico di Dio!
Inoltre nei brani della liturgia è presente la Parola buona di Dio: ad Abramo il Signore dice che diventerà benedizione per tutti mentre a Gesù sul monte Dio dice di lui che è il suo figlio prediletto.
Perciò noi, dice S. Paolo nella seconda lettura, siamo stati chiamati da Dio con una vocazione santa: quella di sentirci i figli amati, quella di essere una benedizione per gli altri, quella di essere riempiti di vita.
La famiglia è immagine di questa benedizione: la scelta di sposarsi è il segno che si può camminare nell’amore; la famiglia è benedizione perché genera la vita, perché può aprire le porte della sua casa per accogliere chi ha bisogno, perché è segno di vitalità nella comunità parrocchiale, perché è incontro tra famiglie diverse e si scopre proprio nella famiglia che siamo capaci di far vivere gli altri. La famiglia dunque porta la vita ….
E difatti durante la celebrazione eucaristica una coppia di sposi ha rinnovato le loro promesse nel venticinquesimo anniversario di matrimonio, segno dell’amore duraturo nel tempo.
Dopo la celebrazione della Santa Messa, momento conviviale con il pranzo nei locali del convento a cui ha partecipato anche Mons. Andrea.
La giornata poi è continuata con la catechesi, nel primo pomeriggio, del Vescovo il quale ha proposto una meditazione sul capitolo IV dell’Esortazione Apostolica di Papa Francesco "Amoris Letitia"
Nel testo in questione, il Pontefice prende spunto dall’Inno alla carità di San Paolo portando la realtà dell’amore caritatevole all’interno della famiglia: l’amore non si vanta e non è invidioso.
È proprio con questo tipo di amore che noi tutti siamo amati da Dio …
E io – ci ha detto il Vescovo Andrea – nella mia vita dove e come ho imparato ad amare?
È molto importante nella coppia «raccontarsi» l’esperienza del sentirsi amati, perché l’amore fa uscire da se stessi, mentre l’invidia fa ripiegare nel proprio «io».
L’amore che non è invidioso – ha proseguito il Vescovo – ha queste caratteristiche: prima di tutto sa vedere il bene, lo cerca e lo desidera.
Nella coppia bisogna imparare a riconoscere il bene e imparare a dire le cose buone dell’altro.
Amore è vivere in una relazione dove non se ne abbia mai abbastanza di cercare il bene; dove mettere il bene l’altra persona avanti a se stessi e dove è fondamentale ricercare la felicità della persona amata nella piccole cose della quotidianità.
È conservare una buona capacità di dialogo; è dare importanza ai gesti, come ad esempio l’abbraccio, il bacio: il sapersi dire «ti amo» anche dopo anni e anni insieme.
L’amore che non è invidioso è non smettere mai di cercare il bene dell’altro non solo nei momenti belli, ma anche nella fatica, nel dolore, nella malattia; è saper dire che l’altro basta così come è, che il suo amore riempie e completa: per questo motivo anche la fedeltà viene di conseguenza.
È amore è fecondo. Ed inoltre è quando nell’umiltà riconosciamo prima di tutto i nostri doni non per vantarsene, ma per condividerli.
È dire le nostre belle qualità e riconoscerne le finalità, se questo dono serve per la vita degli altri. L’umiltà è anche l’atteggiamento di far spazio all’altro; è saper accettare di aver bisogno di essere amati, capiti, aiutati, di aver bisogno del perdono.
È anche amore capace di farsi perdonare, accettare di essere perdonati soprattutto da noi stessi …
La famiglia, piccola Chiesa domestica, ha un grande compito dunque in questa nostra società dove i valori vengono sempre più confusi: quella di essere una autentica testimonianza del vangelo … a tutte le famiglie l’augurio è quello di un buon proseguimento di cammino per essere quelle «luci» di cui il mondo oggi ha così tanto bisogno.

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