029-piazza del duomo1900

SAN MINIATO - Per  la città e per la Diocesi sanminiatese la data del 22 Luglio rievoca un evento tanto crudele quanto dolorosissimo: la strage del Duomo, dove ben cinquantacinque persone persero la vita e molte altre rimasero gravemente ferite. Nell’elenco di queste vittime innocenti  colpisce il notevole numero di giovanissime vite: una bambina di appena nove anni, un ragazzo di dodici, due di tredici, tre adolescenti di quattordici, un giovane di diciassette, due giovani di diciannove, sei vittime poco più che ventenni. Anche  nell’eccidio del Duomo la guerra ha dunque svelato il suo volto orrendo e disumano.  Del resto, quali che siano i vincitori, la  guerra è sempre una sconfitta dell’umanità e della ragione.

 

Risponde , infatti, all’aberrante logica di Caino che, uccidendo il fratello, comincia a far bere alla terra sangue umano. Realtà orrenda, la guerra. Ma appare ancora più mostruosa e deplorevole, quando infierisce sistematicamente sugli abitanti inermi delle città, quando diventa violenza perversa e vergognosa su persone indifese e deboli, quando provoca uccisioni e mutilazioni sui bambini e quando costringe intere popolazioni a fuggire dalle loro terre e dalle loro case, come è avvenuto  nel secondo conflitto mondiale e come sta tuttora avvenendo  in tanti conflitti in varie parti del mondo. Lo scrittore statunitense  di cultura ebraica e di lingua francese, Elie Wiesel, sopravvissuto all’Olocausto, nel libro “La notte”, descrive così la sua esperienza al campo di concentramento di Auschwitz: “ Mai dimenticherò quella notte, la prima notte del campo, che ha fatto della mia vita una lunga notte … Mai dimenticherò quel fumo. Mai dimenticherò i piccoli volti di  bambini di cui avevo visto i corpi trasformarsi in volute di fumo sotto un cielo muto … Mai dimenticherò quel silenzio notturno che mi ha tolto per l’eternità il desiderio di vivere … Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai”.   In un altro testo lo scrittore confessa: “ Raccontare, testimoniare, ecco il mio scopo. La mia ossessione”. Spiega poi il motivo di questa sua “ossessione” nel narrare le atrocità viste e subìte, fin dalla sua adolescenza, nei vari campi di concentramento, dove era stato deportato insieme ai familiari. Con i suoi scritti ha inteso “mantenere vivo il ricordo di un mondo scomparso nella cenere. Conferire un senso umano ad un evento che, per la sua dimensione di crudeltà, si situa oltre l’umano. Offrire ai figli la possibilità se non la necessità di non rinunciare alla speranza. Compito impossibile? Lo so”, dichiara scrittore. Poi aggiunge: “ Ma l’angoscia pesa troppo sul nostro destino? Allora “ è nostro dovere combatterla così come è nostro dovere costruire sulle rovine” Queste toccanti e commoventi parole di Elie Wiesel mi offrono lo spunto per alcune riflessioni. Innanzi tutto, avvertire seriamente il dovere di tenere desta la memoria del tragico evento, verificatosi il 22 Luglio nella nostra Chiesa Cattedrale. Quel fiume di sangue delle cinquantacique innocenti vittime della strage, che i superstiti videro scorrere nella navata del Duomo, non può e non deve essere dimenticato. Quel sangue  deve ricordare a noi e alle generazioni future la barbarie e la stoltezza della guerra, che, oltre a distruggere e seminare morte, avvelena i rapporti tra gli uomini, scatenando feroci e tremendi  impeti di odio e di vendetta. In secondo luogo, dalla strage del Duomo bisogna trarre una lezione di vita. Se la guerra è sempre una sconfitta per l’uomo su tutti i fronti, allora è alla pace che dobbiamo tendere con tutte le nostre forze, consapevoli che la pace è un bene prezioso e faticoso al tempo stesso. Non si può infatti costruire l’edificio della pace se non riusciamo a far prevalere il primato della ragione sulla violenza, a difendere coraggiosamente la verità di fronte alle spavalde incursioni della menzogna, ad agire sempre con onestà e giustizia per sconfiggere egoismi e interessi di parte. Infine, per offrire alle nuove generazioni la possibilità di guardare al futuro con fiducia e  speranza, e non ridurre questa importante commemorazione delle vittime del Duomo a vuota retorica,  occorre che ognuno di noi, nella propria  esistenza personale e nel proprio raggio di azione,  si  abitui al rispetto di ogni persona, anche di quella che appare antagonista .  La pace è un bene indivisibile. Niente di positivo si riesce a costruire se nella nostra vita e nella nostra società non mettiamo in primo piano i valori della verità, della giustizia e della fraternità sincera.

Seguici su Twitter

I cookie rendono più facile per noi fornirti i nostri servizi. Con l'utilizzo dei nostri servizi ci autorizzi a utilizzare i cookie.
Maggiori informazioni Ok Rifiuta