del corona

SAN MINIATO - Quando la carrozza giunse nei pressi del «Prato del Duomo» di San Miniato, nella tarda serata del 18 gennaio 1875, vestito di bianco, fulvo d'aspetto e di modi gentili, il popolo della diocesi lo accolse esultando: « è arrivato Il Papa!». In realtà il nuovo vescovo era Pio Alberto del Corona, un giovane padre domenicano di origini livornesi che Pio X volle nominare coadiutore della piccola diocesi toscana a soli 38 anni. Un giovane capace e caparbio che rimase a San Miniato per 34 anni, dove acquisì già in vita fama di santità. Del Corona verrà beatificato il prossimo 19 settembre nel convento di S. Francesco a San Miniato, alla presenza del Cardinal Amato, diventando il primo Santo livornese.


«Un evento straordinario per la diocesi di San Miniato, che per la prima volta celebra la beatificazione di un suo vescovo - afferma mons. Morelli, amministratore diocesano e reggente della diocesi (San Miniato è ancora sede vacante dopo il trasferimento di mons.Tardelli a Pistoia) -. Per noi è l'occasione di riscoprire e far conoscere ai fedeli i tratti di questo uomo straordinario e controcorrente».
Del Corona nacque nel quartiere della Venezia il 5 luglio del 1837, dove trascorse tutta la sua infanzia fino all' entrata al monastero di San Marco a Firenze nel 1854.
Fin da giovanissimo dimostrò le sue particolari doti di mitezza e di amore per la chiesa e per le Sacre Scritture: fervente studioso delle opere di San Tommaso d'Aquino è stato autore di oltre 300 pubblicazioni tra opuscoli, saggi e articoli sui settimanali, molti dei quali dedicati al suo amore filiale per la Madonna. A lui si deve la fondazione della congregazione delle suore domenicane dello Spirito Santo, ancora presenti a Fiesole, e l'asilo di via Bolognesi.
Il suo episcopato si dimostrò subito molto impegnativo. Non era facile vivere a S. Miniato, con la presenza di un altro vescovo, il titolare della sede, mons. Barabesi. La posizione del Vescovo Bianco era spinosissima, quasi intollerabile per lui, amante della pace, incapace di cattivo giudizio nei riguardi degli altri. Il suo rifugio lo trovò nella Provvidenza: «Sono solo e sento tutto il peso della mia condizione. Guardo al Cielo e offro a Dio il mio dolore; le lacrime di ogni giorno sono per me un nuovo battesimo». Non è un caso che il miracolo che ha portato alla beatificazione sia la guarigione di una suora per una grave malattia al fegato.
Proprio all'ombra della rocca di Federico II intorno al Beato iniziò a formarsi la fama di santità: le lettere pastorali, sempre semplici e dirette, trattavano degli argomenti spirituali che più lo preoccupavano: in particolare i sacramenti, la fede, la preghiera del rosario. Infine la crociata contro la bestemmia e la coraggiosa e durissima lettera pastorale alle comunità di Santa Croce sull'Arno e Fucecchio contro la Massoneria, nella quale descrisse le logge come «piccoli e oscuri anditi d'inferno».
Ciononostante di fronte alle numerose sfide dell'epoca in cui visse, Del Corona optò per una guida improntata alla predicazione e alla testimonianza della fede che si può riscontrare nei diari delle sue numerosissime visite pastorali.
Come scriveva un frate domenicano testimone del processo di beatificazione: «Se le lettere di mons. Del Corona fossero conosciute, egli diventerebbe per tutti quello che fu sempre in faccia a Dio e a quei privilegiati che lo conobbero da vicino: un'anima santa».

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