studio del corona

SAN MINIATO - Nella recente sistemazione di parte dei fondi della Biblioteca moderna del Seminario Vescovile è emerso un bel volume di grande formato che raccoglie una serie di fascicoli, tra loro rilegati, del periodico livornese “La Settimana religiosa”. Fin qui non una notizia di grande rilievo, se si considera che la Biblioteca conserva oltre cento titoli di periodici religiosi e non, a partire dal Settecento (quello più datato è il "Giornale ecclesiastico di Roma") sino a oggi. Il fatto che ci riguarda invece più da vicino, e che rende quindi particolare il ritrovamento, è una piccola nota che lo stampatore Fabbreschi di Livorno inserisce nella copertina del tomo: «questo volume contiene molti stupendi articoli espressamente scritti dal S.E. Rev. Mons. Pio Alberto Del Corona Vescovo di Draso e Coadiutore di San Miniato». Il volume, con tutti i fascicoli dell’annata 1889 - dodicesimo anno di pubblicazione - veniva venduto a offerta «a benefizio dei poveri».

Con grande probabilità questa scelta caritativa era stata imposta non solo dalla direzione del periodico, ma anche da uno dei suoi autori "di punta" - si direbbe oggi - al fine di raccogliere fondi per i più bisognosi, mettendo in pratica quella virtù della carità che in molti episodi del beato Del Corona è possibile riscontrare. L’attività letteraria di Del Corona sappiamo come sia stata molto florida. Un’attività letteraria durata, senza interruzioni, per quasi quarant’anni, dal 1868 alla morte, con una fluidità di scrittura davvero incredibile a credersi. Basti guardare l’elenco delle pubblicazioni che il canonico Francesco Polese redasse a Livorno nel 1912 "con fatica non lieve": oltre centotrentacinque tra libri di teologia, opuscoli di vario argomento, saggi, orazioni, panegirici, traduzioni dal latino, discorsi tenuti in varie occasioni, lettere pastorali. A queste pubblicazioni si affiancò poi una serie, difficile da quantificare, di piccoli articoli pubblicati su due periodici, "il Rosario. Memorie Domenicane" e "La Settimana religiosa di Livorno". L’attività pubblicistica di Del Corona, vista oggi con i grandi ausili della tecnologia, fa davvero impallidire. In particolare la sua collaborazione assidua al giornale livornese, a cui era legato affettivamente sin dal 1876, e che lo portò a pubblicare ininterrottamente sino al 1896, l’anno precedente alla morte del vescovo Barabesi e del pieno possesso della diocesi samminiatese, ben cento cinquantaquattro articoli. Mentre sulle "Memorie Domenicane" i contributi di Del Corona erano apparsi firmati, e pertanto sono facilmente rintracciabili, il periodico livornese aveva scelto di non riportare il nome di nessun autore della redazione, e possiamo quindi a tutti gli effetti dire che si tratti di scritti anonimi. Grazie però all’accurato studio bibliografico del canonico Francesco Polese, che esaminò tutti i numeri della rivista confrontandoli con gli scritti del beato Del Corona conservati presso le Suore Domenicane dell’Asilo di Firenze, è possibile oggi rintracciare, anno per anno, tutti i lavori del nostro Vescovo beato. E scorrendo l’elenco notiamo davvero la mole impressionante delle pagine, degli argomenti, dei temi via via trattati. Il numero maggiore di scritti, oltre cento, è costituito da riflessioni legate al tempo liturgico, mentre un secondo argomento tanto caro all’autore è la celebrazione di Maria Santissima attraverso piccoli saggi anch’essi legati alle principali festività (la Natività di Maria, il mesa di Maggio, l’Assunzione, le festività della Madonna del Rosario, la devozione alla Madonna di Montenero). Tutti questi fioretti mariani furono poi raccolti e pubblicati nel libro "Le Rose di Maria", che ebbe ben tre edizioni. Scorrendo velocemente le pagine dell’annata in nostro possesso troviamo infatti sia articoli più propriamente liturgici, con riflessioni sulle festività dell’anno, sia articoli "mariani" che piccoli bozzetti di attualità. Tra tutti ci ha colpito certamente quello intitolato "I tempi che corrono" (anno. XII, n. 31, pp. 3-4) nel quale Del Corona tratteggia la situazione sociale e religiosa di quegli anni. Senza moralismi di sorta e riconoscendo i travagli e le calamità spirituali del suo tempo (la bestemmia in particolare) Del Corona lancia un grido di allarme, e di speranza. Un grido di allarme perché "i tempi che corrono son torbi e burrascosi, e l’animo dei buoni è in uno stato di abbattimento"; ma un grido di speranza perché con la preghiera "famiglie intere e popoli si raddrizzerebbero". Anche in questi brevissimi articoli, tutti da riscoprire, troviamo davvero ciò che i biografi hanno detto di lui: "leggendo Del Corona pareva di udirlo e udendolo sembrava veramente di leggerlo". Un invito quindi ad avvicinarsi sempre di più alle opere di Del Corona e alla sua spiritualità.

 

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