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Ecco le parole di ringraziamento che il Vescovo ha voluto rivolgere alla Diocesi a seguito dei festeggiamenti per il suo decimo anniversrio d’ingresso.
«Vorrei esprimere anche dalle pagine del nostro settimanale la mia gratitudine per le numerose e intense manifestazioni di affetto, di stima e di riconoscenza che ho ricevuto in occasione del decimo anniversario della mia Ordinazione episcopale e dell’ingresso in diocesi. Sento di dover dire grazie al buon Dio per la sua pazienza e a ciascuno di voi, sacerdoti, diaconi, religiosi e laici, in particolare per la preghiera con cui accompagnate il mio ministero. Il Signore vi ricolmi di ogni bene e la Santa Vergine vi custodisca».
Tanti fedeli, i suoi presbiteri, i seminaristi, i vari gruppi religiosi, le autorità civili e militari e tanta spiritualità: è iniziata in questo clima di gioia cristiana la solenne messa celebrata da Mons. Fausto Tardelli nel suo decennale dell’ingresso in diocesi. La celebrazione si è svolta il 30 maggio presso la cattedrale di San Miniato.
A far da cornice una delle più importanti e luminose frasi di colui che incaricò Fausto Tardelli 10 anni fa, San Giovanni Paolo II : “ non abbiate paura di proclamare in ogni circostanza il vangelo della croce. Non abbiate paura di andare controcorrente”. La commozione e la speranza si leggevano negli occhi di sua eccellenza in questa cerimonia dall’alto valore spirituale.
Dopo i riti iniziali e mentre venivano proclamate le letture ed il vangelo il vescovo si apprestava a portare avanti una delle sue più importanti omelie. Mons. Tardelli ha concentrato gran parte della sua saggia attenzione sul vangelo di Giovanni : “Quante volte ho letto e meditato questa pagina di Vangelo. Ogni volta, però, è sempre nuova.” Si tratta del passo in cui Gesù chiede a Simon Pietro se lo ama per ben tre volte. L’apostolo risponde di si per altrettante tre volte. Allora ogni volta Gesù lo incita a pascolare le sue pecorelle. Il vescovo ha affermato che questo brano al tempo stesso lo commuove e lo inquieta. Lo commuove perché Gesù stesso vuole la conferma del suo amore: “ tu signore che vuoi il mio amore”. Lo inquieta per l’insistenza di Gesù: in realtà come ha detto Sua Eccellenza “c’è ancora molto da camminare e da scendere nella cavità del cuore”. Ciò lo responsabilizza: noi siamo le pecorelle e lui il pastore. “ Non potrò amare Dio se prima non amerò voi. Non so se sono un buon pastore. Vorrei raggiungere chi è lontano e senza speranza”.
L’altra parte dell’omelia ha riguardato le due letture in cui è protagonista Paolo. Di fronte a chi voleva ucciderlo egli non tace sulla verità: Cristo è morto e risorto per noi. Il vescovo vorrebbe essere come Paolo. Il rischio è che rimanga un “pio desiderio”. E allora ci chiede di farci avanti: “ esigete da me quello di cui avete bisogno per il vostro cammino cristiano”. E non è poca cosa la sua ultima umile richiesta: quella di pregare per lui “in piena consapevolezza, con convinzione, con affetto”.
Alla fine della celebrazione, prima della benedizione, un’emozione è stata regalata a Sua Eccellenza da Don Morello Morelli: un ringraziamento incentrato sulla missione del vescovo di “amare la propria chiesa” e di “spronarci a dare il primato a Dio”. Dopodiché sono stati consegnati a Mons. Tardelli i sacri doni.
La festa dopo un Te Deum acusticamente evocativo, è proseguita con un momento conviviale presso il seminario di San Miniato.
Il 29 maggio, a Firenze presso il Convitto della Calza, per iniziativa della Conferenza Episcopale Toscana e della Commissione della Vita consacrata, si è tenuto un Convegno su “La vita consacrata: una testimonianza profetica di fronte alle grandi sfide”.
Chi ha avuto l’opportunità di parteciparvi – più di 300 le presenze di consacrate e consacrati – ha potuto rendersi conto della ricchezza di carismi che Dio ha donato alla Chiesa e dell’azione dello Spirito che ne alimenta la vitalitàrendendoli capaci di rispondere efficacemente alle attese e alle sfide del nostro mondo.
Mons. Fausto Tardelli, Presidente della Commissione Regionale per la Vita consacrata nel suo saluto introduttivo ha posto l’accento sulla sollecitazione che il Papa ha rivolto ai vescovi italiani di promuovere la vita consacrata, ieri legata particolarmente alle opere, oggi destinata ad offrire al mondo una efficace testimonianza gioiosa.
Il cardinale Betori ha espresso la sua vicinanza con un breve e significativo messaggio.
Siamo entrati nel cuore del Convegno con la Lectio divina di Padre Giuliano, Assunzionista, che ha fatto risentire il fascino dello sguardo di Cristo che chiama alla sequela e ci fa entrare in una nuova dimensione di vita: quella della fraternità che ci rende capaci di amare “come lui ci ha amati” e di compiere opere più grandi di quelle da lui compiute.
Apprezzata la relazione di Suor Nicla Spezzati, sottosegretario della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica. Difficile sintetizzare la sua lectio magistralis. Ha fatto riscoprire l’anima della vita consacrata alimentata da una fede viva, dalla necessità di vivere i consigli evangelici, dal lasciarsi provocare dalla funzione profetica, dalla missionarietà, dall’urgenza di ripensarsi a contatto con le nuove culture, di ridisegnare una economia di comunione sul modello evangelico: ”mettevano tutto in comune”.
La vita consacrata è un dono che custodisce la proposta di un modo di vivere pienamente umano da offrire al nostro mondo perché possa recuperare la propria dignità e la vera gioia.
Preziose le due testimonianze che abbiamo ascoltato: suor Rita e suor Elisabetta hanno raccontato come il loro impegno evangelico ha ridato vita e dignità a persone ridotte a oggetto, usate come merce, ci hanno resi partecipi della ricchezza del carisma ricevuto, della loro gioia nel vedere persone liberate, rigenerate da Cristo attraverso la loro missione.
Mons. Claudio Maniago, vescovo ausiliare di Firenze, ha illuminato il tema del prossimo Convegno della Chiesa italiana che si terrà a Firenze nel 2015: “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo” e sul contributo che la vita consacrata può offrire.
E’ stato un giorno di grazia. Abbiamo sentito una Chiesa viva capace di suscitare in noi speranza e ottimismo. Quando il Signore chiama alla vita di particolare consacrazione è un dono per chi è chiamato e una benedizione per la Chiesa e per il mondo. Fortunati coloro che alla proposta di Dio sanno dire: Eccomi.
Sabato 24 Maggio presso il Centro Parrocchiale Giovanni XXIII di Santa Croce sull’Arno, si è svolta la festa giovani a conclusione dell’Anno Pastorale giovanile. Un mix tra musica, canti balli e suoni ha aperto e animato la serata.
Non è mancata la testimonianza di un giovane che, dal buio della sua adolescenza, dal tunnel di cattive compagnie, si è lasciato amare da Dio, Padre misericordioso, che gradualmente ha ricostruito la sua vita che oggi è serena e piena di gioia.
Un breve spettacolo di mimo intitolato "The Redimeer" metteva in scena in modo evidente, la vita dell’uomo lontana da Dio, dominata dagli idoli del successo, del denaro, dell’alcool, del sesso e della droga; a differenza di quella dell’uomo che, alla luce della Parola di Dio, vive nella libertà e nella gioia e, anche in mezzo alle difficoltà non si trova solo.
Raramente il risultato delle urne è stato cosi chiaro: l’Italia ha scelto il Pd di Matteo Renzi. Lo ha fatto alle Europee con oltre il 40 % dei voti; lo ha fatto a livello locale regalando al Partito Democratico un successo importante anche alle amministrative.
Per quel che riguarda il territorio Diocesano, i democratici hanno fatto l’en plein: 17 comuni su 17. Non è certo una novità questa, ma le dimensioni con cui si è manifestata l’affermazione del partito di Renzi sorprende ed entra negli annali di statistica.
Una scelta, quella degli elettori, che premia evidentemente chi ha amministrato il territorio in questi anni, ma soprattutto mostra di gradire la svolta "centrista" del Pd locale.
Anche se Renzi ha affermato più volte che non esistono più le correnti, è chiaro che in un partito "all takers" come quello Democratico le correnti esistono eccome, e i comuni del territorio hanno mostrato, sia nell’antipasto delle primarie sia nell’urna delle amministrative, di preferire candidati più moderati.
Il caso di San Miniato è emblematico, dove Gabbanini non solo conferma i suoi 9410 voti come nel 2009, anche a fronte di un calo di circa 1000 votanti, ma cannibalizza l’ala di sinistra più radicale lasciandola addirittura fuori dal consiglio comunale.
Un dato questo che può inorgoglire i molti che nei comuni si sono spesi durante la campagna elettorale per trovare un posto al sole al centro e strizzare l’occhio all’elettorato cattolico, ma che adesso chiama (e obbliga) a una prova di responsabilità.
Le problematiche che i nuovi amministratori sono chiamati ad affrontare sono tante. Da queste colonne le abbiamo evidenziate più volte: lavoro, integrazione, famiglia, scuola e ancora lavoro sono temi emergenziali che hanno bisogno di risposte nuove e concrete. Ci sono anche i temi etici (che molti, diremmo tutti i candidati hanno deciso di non affrontare in campagna elettorale) che oggi riguardano anche i comuni: come si comporteranno i nuovi consigli e le nuove giunte sulle questioni relative alla cultura della vita, la difesa della famiglia e l’immigrazione? Di fronte a un successo di queste dimensioni, e con un mandato così chiaro da parte dei cittadini, i nuovi amministratori hanno il caricatore pieno di munizioni. Citando il presidente del consiglio, non hanno alibi. Ed è per questo che gli auguriamo buon lavoro, consci del peso che grava sulle loro spalle, augurandoci che il loro spirito di servizio alla comunità produca buona politica per tutti e porti quei risultati di buon governo che tutti si aspettano.