beatificazione Olivelli

DALLA DIOCESI - Nei giorni scorsi è stato elevato alla gloria degli altari il primo partigiano beato, Teresio Olivelli. Una notizia che forse avrebbe meritato più risalto sui mezzi di comunicazione sociale in un periodo in cui il dibattito su fascismo e antifascismo è tornato alla ribalta. L’affascinante figura del beato Olivelli è infatti capace di gettare una luce di speranza e di carità cristiana anche sulle situazioni più drammatiche di violenza e di scontro ideologico.


Inizialmente Olivelli, giovane docente di Diritto all’università di Torino, riteneva che il fascismo potesse essere in qualche modo cristianizzato dall’interno. Nel gennaio 1941, nonostante avesse diritto al rinvio del servizio militare, si arruolò volontario per la campagna di Russia, per condividere la sorte di tanti suoi coetanei. Tornato in patria, nel 1943, divenne rettore, a soli 27 anni, del prestigioso Collegio Ghislieri di Pavia. Dopo l’8 settembre, essendosi rifiutato di collaborare con i nazifascisti, fu deportato in Austria ma riuscì ad evadere e si unì alla Resistenza cattolica, fondando il giornale clandestino «Il Ribelle». Arrestato a Milano il 27 aprile del ’44 fu deportato nel lager di Hersbruck, dove dette testimonianza di carità cristiana assistendo, anche spiritualmente, gli altri prigionieri. Quando tentò di difendere un giovane aggredito da un kapò, facendogli scudo con il proprio corpo, ricevette un forte calcio allo stomaco. Il trauma lo portò alla morte dopo due settimane di agonia, il 17 gennaio 1945.
Alla Messa della sua beatificazione, presieduta dal card. Angelo Amato al Palasport di Vigevano lo scorso 3 febbraio, ha partecipato anche il nostro vescovo, mons. Andrea Migliavacca.
«La partecipazione alla beatificazione di Teresio Olivelli è stata un’occasione particolarmente commovente - ha dichiarato al nostro settimanale il vescovo Andrea -. Sono stato invitato dal postulatore mons. Paolo Rizzi e dal vescovo di Vigevano, mons. Maurizio Gervasoni, per le mie origini pavesi, considerando il legame del nuovo beato con Pavia, dove da universitario era alunno del Collegio Ghislieri, di cui divenne anche rettore».
Mons. Migliavacca ha poi proseguito: «L’attenzione posta a questo giovane ucciso a 29 anni, martire della fede, sprona tutti noi a vivere la coerenza al Vangelo con tutto noi stessi e ci racconta come anche un giovane possa vivere con gioia questa fedeltà. La storia di Teresio Olivelli diventa eco anche degli orrori che il nazismo e il fascismo hanno prodotto, alto monito a vigilare perché non abbia spazio nell’oggi alcuna forma di razzismo, discriminazione, idee o stili fascisti, né qualsiasi altra forma di estremismo, sentendoci invece stimolati a costruire vie di fraternità, di accoglienza e di pace».

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