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SAN MINIATO - La figura dell’assistente di Azione Cattolica è stata al centro dell’incontro regionale del clero che si è tenuto lo scorso 3 maggio presso il convento di San Francesco a San Miniato. Alla presenza di una delegazione di vescovi della CET, di cui si è fatto portavoce il segretario generale mons. Fausto Tardelli, di numerosi sacerdoti provenienti dalle diciotto diocesi toscane e dei rappresentanti dell’Azione Cattolica, il vescovo di Foligno, mons. Gualtiero Sigismondi, assistente generale di Azione Cattolica, ha tenuto una conferenza dal titolo: «Parrocchia e AC: quale proposta possibile?».

Il libro di testo che esprime più pienamente l’identità della Chiesa in uscita, ha esordito il relatore, è quello degli Atti degli Apostoli. In questo libro biblico si trovano le grandi tensioni che hanno segnato la comunità ecclesiale fin dagli inizi. La Chiesa è nata nel cenacolo, nella grande sala al piano superiore, dove gli Apostoli hanno appreso sotto il presidio di Maria la regola fondamentale, che è anche la regola dell’AC: «La preghiera è la condizione della concordia e la concordia è il presupposto della Pentecoste». Ma in seguito la Chiesa ha dovuto fare i conti con quattro tentazioni fondamentali: quella di trascurare la Parola di Dio, quella di rinunciare ad essere segno di contraddizione per il mondo, quella di rinchiudere i carismi in compartimenti stagni e infine quella di separare la dottrina dalla pastorale e viceversa. «La barca di Pietro - ha osservato mons. Sigismondi - fin dall’inizio della sua navigazione, è sballottata all’esterno dalla forza delle onde delle persecuzioni e all’interno dalle correnti di deriva delle eresie. Eppure non affonda» perché è uscita dal cantiere del Cuore di Cristo e lo Spirito Santo la sospinge.
I Padri della Chiesa hanno descritto la Chiesa come una «nave mercantile carica della Grazia pasquale. A bordo non ci sono passeggeri ma solo membri dell’equipaggio e l’affiatamento tra questi dev’essere impeccabile perché il mercantile possa uscire dal porto e prendere il largo. L’agilità è questione di comunione». Il bello dell’AC, ha sottolineato l’assistente generale, è che «educa a lavorare in squadra», è una scuola di comunione.
Mons. Sigismondi ha poi elencato i passaggi che la Chiesa è chiamata a compiere, e per i quali può contare sul servizio dell’Azione Cattolica: il passaggio dalle «iniziative senza iniziativa», che a volte ingolfano il nostro servizio, al primato della formazione alla scuola dell’Eucaristia; dalla pastorale finalizzata a presidiare il territorio a quella che valorizza gli organismi di partecipazione; dalla pastorale del campanile, orientata alle masse, a quella del campanello, con una particolare attenzione ai percorsi educativi personalizzati; da una pastorale concentrata quasi esclusivamente sull’iniziazione cristiana dei fanciulli - che vede i genitori latitanti - a quella che individua nella famiglia la prima e indispensabile comunità educativa; dalla ritrosia a cimentarsi con la complessità di un mondo che cambia alla frontiera dei media digitali, da esplorare con entusiasmo sincero, senza ignorarne i rischi ma sfruttandone le immense potenzialità; passare, infine, da un laicato che svolge la funzione di manovalanza pastorale a fedeli laici che partecipano attivamente alla vita sociale, senza complessi d’inferiorità. In quest’ultimo ambito, ha osservato mons. Sigismondi, l’Azione Cattolica può tornare a scrivere pagine bellissime di impegno sociale e anche politico. Riprendendo infine un’espressione ricorrente nel libro degli Atti, «la Parola cresceva e si diffondeva», mons. Sigismondi ha concluso che proprio questa dev’essere la domanda e la verifica quotidiana per la pastorale e la vita associativa di AC: «la Parola cresce e si diffonde?».

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