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DALLA DIOCESI - Si è svolto venerdì scorso, presso la sala Mons. Livio Costagli del centro parrocchiale di Santa Croce il convegno dedicato a Del Corona dal titolo “Il culto dei santi”, seconda parte dell’annuale appuntamento liturgico diocesano organizzato con il patrocinio della Diocesi.
La serata ha visto una buona partecipazione di pubblico, attento al racconto del padre Francesco Maria Ricci, postulatore della causa di canonizzazione, e conoscitore profondo non solo della vita del Beato Del Corona - del quale sta curando un’aggiornata biografia - ma anche degli aspetti liturgici della cerimonia che a grandi passi ci apprestiamo a vivere il 19 settembre prossimo.


Dopo i saluti di rito dell’attuale amministratore apostolico, Morello Morelli, la parola è passata al frate domenicano che ha illustrato le modalità di “iscrizione” nell’elenco dei santi dei testimoni della fede vissuti sin dai primi secoli dopo Cristo. Ripercorrendo le tappe dai primi albori del cristianesimo attraverso il lungo Medioevo, l’età moderna sino a giungere ai nostri giorni, il relatore ha evidenziato come «agli inizi della storia del Cristianesimo i santi erano tali per acclamazione, era cioè il popolo stesso, una comunità, a determinare la santità di una persona e quindi la sua venerazione». Non esistevano quindi norme, cause, processi, raccolta di documenti, che attestassero le virtù eroiche o i miracoli di un uomo di fede. Durante tutto il lungo Medioevo iniziarono però a raccogliersi i martirologi, le vitae sanctorum, e i primi elenchi dei santi venerati, fossero essi ascesi alla gloria del Paradiso a causa del martirio o per la testimonianza di fede e i miracoli compiuti in vita. Con il Concilio di Trento poi – ha affermato padre Ricci – «per arginare il problema concreto del traffico delle reliquie e della autonoma venerazione di un testimone della fede in un dato territorio, vengono stabilite precise norme per il culto dei Santi, prescrivendo per esempio la possibilità di venerare reliquie in una parrocchia solo se dotate delle relative autentiche, firmate da un vescovo, e assegnando agli ordinari della Diocesi il compito di riconoscere il culto nel proprio territorio». In età moderna abbiamo poi la distinzione tra “beato” e “santo”. È con Papa Alessandro VII prima e Benedetto XIV poi, autore dell’importante testo «De Servorum et Beatorum Canonizatione» del 1738, che vengono fissate le norme «burocratiche» per il riconoscimento della santità di una persona tra cui le modalità di investigazione sugli scritti, la vita o il martirio del testimone della fede. Infine il relatore ha spiegato come dal pontificato di Paolo VI in avantici siano stati continui aggiornamenti e modifiche delle norme relative alle cause di canonizzazione ed questa è la regione per cui il caso Del Corona sia durato così a lungo, dalla fine cioè degli anni Cinquanta sino allo scorso anno per vederne la conclusione.
Nella parte finale della serata padre Ricci ha illustrato quali saranno i momenti liturgici fondamentali della celebrazione del 19 settembre prossimo: durante il sacrificio eucaristico in messa solenne, alla presenza del postulatore della causa, di un cardinale appositamente inviato dalla Santa Sede, il vescovo diocesano e i rappresentanti dell’Ordine Domenicano, verrà proclamato il decreto e recitata un’apposita preghiera composta per il Beato Del Corona. «Da quel momento - ha precisato il postulatore – il vescovo Pio Alberto sarà formalmente venerato nella chiesa diocesana di San Miniato e da tutto l’Ordine Domenicano nei cinque continenti». Un invito infine è emerso dalle parole di mons. Morello, da quelle di don Zucchelli dell’Ufficio liturgico, e anche da altri sacerdoti intervenuti nello spazio conclusivo dedicato alle domande: fare di più nella parrocchie affinché si possa comprendere la gioia di una Beatificazione e l’importanza dell’opera teologica di Del Corona, davvero poco conosciuta e approfondita nel territorio.

 

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