Clemente VII. Sebastiano del Piombo 1531

SAN MINIATO - Corre l’anno 1533. Papa Clemente VII (Giulio de Medici, 1478 - 1534) parte da Roma diretto a Nizza per celebrare le nozze di sua nipote Caterina de Medici con Enrico, figlio di Francesco I re di Francia. Solo pochi anni prima era avvenuto il terribile sacco di Roma. Ancora meno anni erano trascorsi da che l’esercito spagnolo aveva percorso la penisola. Clemente VII è alla ricerca di un equilibrio politico. Nel suo cammino verso Nizza decide di fare sosta a San Miniato.
San Miniato, ancora conosciuta come «al Tedesco», è la grande fortezza che domina il Valdarno. Tre anni prima le sue mura hanno retto all’assedio dell’esercito spagnolo e ai suoi cannoni. I cannoni, la polvere da sparo sono le nuove temibili armi, che non esistevano quando le mura di San Miniato sono state costruite. Qui la corte del Papa può sostare in sicurezza.


Deve essere stato uno spettacolo l’arrivo di una simile carovana nella città, preceduta dai cavalieri che recavano le insegne pontificie, seguiti dalla carrozza del Papa e dalla scorta, poi il seguito di dignitari e della servitù. Chissà da quanti carri e da quanto altro era composto il corteo pontificio. Gli abitanti l’avevano già avvistato sulla strada che sale lentamente e che conduce alle porte della città. Passa dalla prima cerchia di mura e nel frattempo la notizia si diffonde tra la gente. Quando le carrozze transitano per il centro, sarà stato tutto un esclamare di meraviglia, un gioire, un esultare a gran voce. Seguono gli inchini, le riverenze che tutti quanti riservavano all’importante ospite. Il Papa a San Miniato. Non era una novità per San Miniato già Gregorio V nel 994, poi Eugenio IV nel 1434 vi avevano sostato. Adesso a un secolo di distanza si ripete la sosta di un Papa. Per i samminiatesi questa visita è come una benedizione. Un sollievo dopo la pestilenza del 1525, dopo l’assedio spagnolo del 1529 - 30, avere il Papa tra le mura è gioia vera. Nel percorrere le vie della città la carovana passa davanti alla chiesa dei domenicani, i frati sono assiepati sulle scale del portale in pietra e s’inginocchiano al passaggio del Papa. La folla ha ormai circondato la carrozza del Papa. Clemente si mostra dalla carrozza e con la mano benedice i frati e le persone intorno. Ecco, il corteo è giunto al secondo varco, la possente Porta Toppariorum. È questa che immette nella piazza cinta da mura, dove si tengono i mercati, nella parte più fortificata del castello. Il Papa Medici scende dalla carrozza ed entra, insieme ai monsignori del suo seguito, in quello che era stato un tempo il Palazzo Imperiale.
Anche Firenze ha dovuto difendersi dalle truppe spagnole. Michelangelo (1475 - 1564) ha diretto i lavori di fortificazione della città. Da qualche tempo il Papa gli ha chiesto di tornare a lavorare nella Cappella Sistina dove più di vent’anni prima Giulio II (Giuliano della Rovere, 1443-1513), gli aveva fatto affrescare il soffitto. E lui ne ha fatto un capolavoro. Adesso è Papa Clemente che vuole che dipinga la parete d’altare di quella stessa cappella. Una Resurrezione, si dice, è stata la richiesta. Michelangelo non sente suo questo tema. È un momento difficile per i rapporti tra lui e il Papa. Clemente è un Medici e Michelangelo si è schierato per la Repubblica, per la libertà di Firenze.
Viene a sapere che il Papa non è lontano da Firenze. È a San Miniato, a venti miglia da Firenze. Decide di andargli a parlare. Michelangelo non se la sente ancora di tornare a Roma e Clemente è diretto a Nizza. La cosa migliore è dunque raggiungere il Papa a San Miniato. Prende dunque il cavallo e parte per la città della Rocca. Così qualche giorno dopo l’arrivo della lunga carovana del Papa, un uomo, da solo, ma certo non meno importante, sul suo cavallo entra a San Miniato. Arriva all’ex Palazzo Imperiale e si fa annunciare. Avviene l’incontro. Parlano.
Senza alcun dubbio deve essere stata una cosa importante quella che Michelangelo presenta a Clemente VII. Tanto importante che nello stesso giorno della visita, tornato a Firenze, prende carta e penna e ne fa un appunto, un promemoria, oggi conservato presso la Biblioteca Vaticana e pubblicato’ su tutte le sue biografie:
«Nel mille cinquecento trentatré.
Ricordo come oggi a di 22 di settembre andai a San Miniato al Tedesco a parlare a Papa Clemente che andava a Nizza e in tal di mi lasciò frate Sebastiano del Piombo il suo cavallo».
La sosta di Clemente VII a San Miniato è storia documentata dalle cronache del tempo e da importanti documenti. Alcuni anni fa l’autografo di Michelangelo fu esposto all’Accademia degli Euteleti e fu al centro di una conferenza tenuta dal Prof. Carlo Pedretti.
Poche parole per una cronaca completa. Michelangelo scrive anno, giorno e mese. Scrive “oggi”, cioè il giorno stesso dell’incontro, «andai a San Miniato al Tedesco» appunto perché lui si trovava a Firenze. Questo biglietto ci informa del loro incontro, possiamo immaginare, in una fresca giornata settembrina e conferma che il papa era diretto a Nizza. Infine questo, che doveva servire da promemoria per Michelangelo, ricorda che frate Sebastiano del Piombo (Sebastiano Luciani 1485 - 1547) gli presta il cavallo probabilmente per tornare a Firenze. In quel giorno 22 settembre 1533 a San Miniato ci sono il Papa Clemente VII, Michelangelo e un altro grande artista quale Sebastiano del Piombo che ci ha lasciato, tra le altre cose, alcuni ritratti di papa Clemente. Quel giorno San Miniato è stata la capitale dell’Arte. Gli storici sono concordi nel sostenere che nel corso di quell’incontro Michelangelo presenta a Papa Clemente la sua intenzione di eseguire il Giudizio Universale sulla parete d’altare della Cappella Sistina. Oltre alle testimonianze scritte, sul soggiorno di Clemente VII a San Miniato resta un’epigrafe che deve ancora essere decifrata. La lettura è resa difficile dalla sua posizione e dal tempo che ne ha corrose alcune parti. Questa epigrafe fu posta in seguito in ricordo della sosta del Papa nel luogo dove anticamente doveva trovarsi la cappella del Palazzo Imperiale e dove il Clemente VII avrà senz’altro celebrato la S. Messa. Anche se non è improbabile, vista l’immediata vicinanza, che abbia celebrato anche nella Pieve di Santa Maria.

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