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SAN MINIATO - Appena l’amministratore Diocesano ha dato lettura del nome e della provenienza del vescovo eletto di San Miniato, «mons. Andrea Migliavacca del clero della Diocesi di Pavia», subito i presenti nella Sala del trono hanno dimostrato stupore per l’arrivo da fuori regione. Non è la prima volta però, e così abbiamo deciso di parlare di quei presuli (e sono diversi) che da fuori Toscana sono stati chiamati per guidare la nobile città samminiatese e la giovane Diocesi.
Pavia fa immediatamente pensare all’amministratore apostolico che prese in mano le redini della Diocesi dopo l’abbandono del Beato Del Corona nell’agosto del 1907: il cardinale Pietro Maffi, originario di Corteolona, che era stato nominato arcivescovo di Pisa già nel 1903, ma che aveva origini pavesi e a Pavia aveva rivestito incarichi molto importanti, tra cui proprio il rettorato del Seminario vescovile pavese, come il nostro vescovo eletto.
Il secolo scorso, per esempio, ha regalato ben quattro pastori provenienti da fuori Regione e tutti dal nord Italia. In successione ricordiamo, a partire da quelli a noi più vicini: mons. Edoardo Ricci, originario di Pignona di Sesta Godano, vescovo dal 1987 al 2004; mons. Paolo Ghizzoni, del clero di Piacenza vescovo dal 69 all’86, e mons. Felice Beccaro, proveniente da Grognardo d’Acqui vicino Asti, vescovo a San Miniato dal 1947 sino alla morte avvenuta nel 1969.


Andando invece indietro nel tempo un illustre presule è stato incaricato di guidare la nostra Diocesi, proveniente anch’esso dal nord Italia, in particolare da Milano. Si tratta di monsignor Giacomo Antonio Morigia, barnabita, nato il 23 febbraio 1633, e titolare della cattedra samminiatese per soli due anni, dal 1681 al 1683. Ripercorriamone brevemente la vita e diciamo subito che egli dopo essere stato a San Miniato, e aver ricoperto incarichi molto importanti in altre città, al termine della sua carriera era stato inviato proprio a Pavia. Nel 1651 era entrato nell’Ordine dei Chierici Regolari di San Paolo; Lettore di Filosofia e Teologia a Macerata e poi a Milano; nel 1674 è teologo del granduca Cosimo III e precettore di suo figlio Ferdinando. Consacrato vescovo il 14 settembre 1681 a Roma dal cardinale Gaspare Carpegna; il 15 febbraio 1683 è promosso alla Sede metropolitana di Firenze; il 15 luglio 1692 è nominato Assistente al Soglio pontificio; il 12 dicembre 1695 papa Innocenzio XII lo crea cardinale in pectore; è pubblicato nel Concistoro del 19 dicembre 1698; riceve la berretta e il Titolo di Santa Cecilia l’11 aprile 1699; il 20 aprile 1699 è nominato Arciprete della patriarcale Basilica Liberiana; il 23 ottobre 1699 rinuncia alla Sede fiorentina per dissidi sul cerimoniale con il granduca Cosimo III; Legato a latere per l’apertura e la chiusura della Porta Santa della patriarcale Basilica Liberiana nell’Anno Santo del 1700; tra il 9 e il 23 novembre 1700 prende parte al Conclave che elegge papa Clemente XI; il 24 gennaio 1701 è trasferito alla Sede di Pavia dove conserva il Titolo personale di Arcivescovo; muore a Pavia l’8 ottobre 1708 e riposa nella Cattedrale di quella città.
Tutti i presuli che abbiamo ricordato, ognuno con i propri carismi e le proprie virtù, si sono distinti nella guida della Diocesi. Chi per la carità, chi per la spiritualità, chi per l’attenzione al terzo mondo, chi per la grandi doti teologiche, chi per la vasta cultura scientifica. Tutti hanno lasciato una piccola eredità a questa giovane chiesa: un buon punto di partenza per il nuovo vescovo del nord.

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