SAN MINIATO - In visita a San Miniato. Ha esposto due tele a Lucca che rappresentano Papa Francesco
Nei giorni scorsi ha fatto visita alla città di San Miniato il pittore sud americano Pablo Solari, fratello del sacerdote Luigi, del clero della Diocesi. Pablo Solari è, attualmente, uno dei più apprezzati e stimati pittori del Sudamerica. Le sue opere sono esposte nelle principali gallerie argentine, ma le sue tele sono state anche in Europa: Olanda, Francia, Spagna e ovviamente Italia, avendo Solari delle radici fortemente radicate nel nostro paese. Di origini lucchesi è stato invitato a esporre due tele e ci ha concesso un’intervista:
Solari, lei è un pittore e quindi è naturalmente attratto dalla bellezza. Cosa le suscita la vista del paesaggio di San Miniato?
«La bellezza e l’armonia sono elementi che cerco sempre nella mia arte, per questo, come artista, mi ha colpito subito la fusione tra paesaggio naturale e paesaggio urbano della città, quello antico, che parla di storia. Le facciate degli edifici, le edicole dipinte, i materiali. È l’armonia sapiente dei colori delle facciate con il paesaggio che mi attrae. Anche io, nei miei quadri, cerco questa armonia di colori».
Quindi certamente la sua fonte di ispirazione principale è la bellezza, e poi?
«Certo il bello ma, preferisco dire la strada, cioè sono i luoghi singoli che richiamano la mia tensione pittorica. Osservo una situazione e penso a quale pittura meglio si possa adattare a quella scena. Faccio una "pittura indiretta", senza schizzi, quindi nei miei quadri cerco, quasi parlando con i personaggi, di figurare come essi si sentono. Domandando quasi cosa proverà quella persona in quella precisa situazione. Si apre così una sorta di dialogo con i personaggi. Anche chi ha i miei quadri a casa mi ha rivelato questa impressione nel guardarli.
Lei fa una pittura figurativa ricca di colori, con uso particolare delle tonalità.
«Sì. La mia tecnica pittorica non fa uso della velatura innanzitutto, uso pochissimo il nero e mai il bianco, perché da troppa luminosità. I miei quadri si basano su una libertà cromatica che ho appreso dai maestri della pittura del passato. Io gioco a inventare i colori, sia nella pittura ad olio che nell’acquarello».
Quali sono allora i suoi maestri ideali?
«Dico subito che sono un autodidatta. Il mio maestro più importante è Giotto, poi Michelangelo come simbolo di artista che usa sapientemente la libertà cromatica e ricerca sempre un’ideale di bellezza interiore. Poi ci sono il Beato Angelico, Raffaello per le sue pennellate, ma anche van Gogh, che è il pittore che ho studiato di più, e il toscano Fattori».
Lei ha dipinto anche tele di “arte sacra”. Qual è il suo rapporto con il sacro appunto?
«Tutti i personaggi della tela parlano in realtà di un tema comune, la sofferenza e la speranza. La situazione del mio paese è difficile e mi piace parlare della cultura del lavoro, del lavoro onesto, e della quotidianità, la vita delle persone comuni…Mi piace definire il mio stile “realismo interiore”, cerco di fare un dipinto dell’anima. La mia tensione è sempre rivolta a Dio però. Pensi che prima di iniziare a dipingere «consacro» al Signore la mia pittura e non di rado prego davanti alla tela, anche se il soggetto non è sacro».
Recentemente ha realizzato due tele, esposte ora a Lucca, che rappresentano Papa Francesco, anche lui argentino. Sì, si tratta di due quadri che rappresentano Francesco, uno durante la processione di San Giuseppe nella Basilica di San José de Flores. La chiesa era quella in cui frequentava la famiglia Bergoglio tutte le domeniche. Per incarico dell’attuale parroco ho realizzato questi dipinti, che ricordano una tappa importante della vita del Pontefice che è particolarmente devoto a San Giuseppe. L’altro invece rappresenta Francesco, sempre in mezzo alla folla, però davanti a Piazza San Pietro.