FUCECCHIO - I boschi delle Cerbaie sono stati per secoli una risorsa importante per i paesi del Valdarno: legna da costruzione e da ardere, pascoli, prodotti del sottobosco utilizzati dagli agricoltori per l’allevamento del bestiame, funghi e erbe alimentari, cacciagione sono state altrettante riserve preziose per la vita quotidiana. Senza considerare i nuovi spazi acquisiti via via all’agricoltura con la creazione di nuovi poderi, al punto che tra XVII e XVIII secolo i bilanci dei Comuni valdarnesi erano in attivo proprio grazie ai proventi delle Cerbaie. Oggi tutto è diverso, tanto che spesso questi boschi vengono avvertiti come un peso dalle amministrazioni locali e dai proprietari privati. Su questo tema abbiamo posto alcune domande a Andrea Bernardini, direttore del Consorzio delle Cerbaie.
Prima di tutto, chi aderisce al consorzio e quali ne sono i principali scopi?
Il Consorzio Forestale delle Cerbaie è un’azienda privata nata, nel 2008, per iniziativa della Provincia di Pisa e della maggior parte dei Comuni delle colline delle Cerbaie con lo scopo di associare, oltre alle Amministrazioni Pubbliche, i proprietari di terreni boschivi dell’area con lo scopo di valorizzare, in termini ecologici e economici, la risorsa forestale nello specifico e il paesaggio più in generale.
Ad oggi, conta l’adesione di 4 Comuni (Castelfranco, Santa Croce, Fucecchio e Calcinaia) e 21 soci privati di cui 16 proprietari e 5 Ditte boschive per un totale di circa 150 ettari gestiti direttamente (tramite contratti di concessione o affitto) e circa 400 ettari di pertinenza dei soci proprietari.
Le amministrazioni pubbliche hanno una parte importante nel Consorzio. Ad esempio il Comune di Fucecchio, specialmente dopo l’assorbimento dell’ex Opera Pia Landini Marchiani, ha conferito una notevole estensione di boschi al Consorzio, quanti ettari esattamente? E gli altri comuni?
Il Comune di Fucecchio, con una concessione attivata nel 2011 e aggiornata nel 2015, ha conferito la gestione di 112 ettari (in massima parte boschivi) al Consorzio che ne cura la pianificazione, l’attuazione dei tagli e la manutenzione della rete sentieristica. Gli altri Comuni non sono detentori diretti di proprietà boschive (tranne Santa Croce con il Parco Robinson). Del Comune di Calcinaia, il Consorzio ha in manutenzione il Bosco di Montecchio, un’area agro-forestale di pregio di 6 ettari.
Qual è oggi lo stato di salute dei boschi, dopo la strage di pini causata dal Matsucoccus?
Domanda complessa per un tema così articolato. La situazione è assai variegata con molti soprassuoli in via di spontanea rinaturalizzazione ecologica e funzionale (il progressivo ritorno al bosco originario di latifoglie) e altri in cui l’abbandono seguito ai tagli fitosanitari (a seguito della malattia del pino) ha innescato dinamiche involutive in cui finiscono con prevalere macchie incontrollate di arbusti e notevoli popolamenti in rinnovazione dello stesso pino marittimo che, dopo alcuni anni, tende nuovamente, tutt’oggi, ad ammalarsi. Questi soprassuoli sono anche quelli in cui più frequentemente i non casuali incendi possono prendere piede ed espandersi. Uno degli scopi fondativi del Consorzio è la pianificazione/gestione in funzione dello sviluppo di tutele e dinamiche virtuose tese a preservare e sviluppare biodiversità, stabilità ecologica e qualità del paesaggio. Obiettivi assolutamente non semplici.
Una risorsa importante potrebbe venire dal legname, tuttavia i recenti provvedimenti sembrano invertire la tendenza a valorizzare, come in passato, la legna da ardere specialmente nelle forme di cippato o di pellet. Si parla addirittura di proibire o disincentivare il riscaldamento a legna a causa delle polveri sottili prodotte dalla combustione del legname. Quale strada percorrere, allora?
Ogni percorso, vieppiù supportato dai nuovi contributi scientifici, va accolto e valutato con interesse, seppur è vero che tali stessi contributi differiscono spesso fra loro nelle opinioni e che, forse, la strada da seguire è quella di un equilibrio teso a evitare gli eccessi da una parte e dall’altra. Con ciò, intendo che la via del legno come forma, più o meno integrativa, di riscaldamento, può essere strategica se perseguita dietro una progettazione territoriale e economico-organizzativa coordinata e responsabile degli aspetti ambientali.
Abbiamo parlato spesso, nel recente passato, di una filiera corta del legno: creare caldaie a cippato nell’area delle Cerbaie per scaldare scuole e anche abitazioni private. Oggi tutto ciò sembra difficile da realizzare. Come vedi la situazione?
Non scoraggiante anche se assolutamente non semplice. La filiera corta del legno è un progetto (che stiamo, con alterne fortune, portando avanti) che porterebbe in teoria, vantaggi ambientali (per la gestione forestale sostenibile e l’impronta ecologica del combustibile a km 0) e economici (per l’attivazione di filiere locali di commercializzazione della risorsa e per i risparmi delle bollette). Chiaramente in aree non metanizzate in quanto, seppur teoricamente più efficiente e conveniente anche rispetto al metano, lo è ancora di più in zone (come la parte fucecchiese delle Cerbaie) non raggiunte dalla rete. Stiamo, in questo senso, portando avanti un progetto, in collaborazione con il Comune di Fucecchio e l’Università di Firenze, per l’attivazione, grazie ai fondi del PSR (Piano dello Sviluppo Rurale), di due piccole caldaie a cippato per le scuole di Pinete e Querce (oggi a gasolio e GPL) che potrebbe innescare un percorso virtuoso in grado di ampliare le proposte di questo tipo anche verso il settore privato, comprensibilmente, per molti fattori, più restio a piccoli investimenti del genere che vadano a cambiare abitudini ormai da lungo inveterate.
In passato i boschi venivano coltivati e ripuliti perché i prodotti delle ripuliture erano usati per parecchi scopi. Oggi i proprietari privati incontrano non poche difficoltà nello smaltimento delle potature quando si tratta di eliminarne grandi quantitativi. Ma anche queste ramaglie e fogliame non potrebbero essere utilizzate in qualche modo?
Dipende anche dalle ditte coinvolte in quanto esistono aziende boschive che, nel loro progetto di taglio, utilizzano anche le ramaglie a differenza, a onor del vero, della maggior parte di esse, che, nella migliore delle ipotesi, le rilasciano, a norma di legge, in cumuli o andane di modeste dimensioni, ma sempre in quantitativi spesso di difficile smaltimento naturale in tempi ragionevoli. Potrebbero essere utilizzate per andare a comporre una parte del cippato se ci fosse un’organizzazione/filiera funzionante in grado di rendere non sconveniente farlo anche per i piccoli proprietari con i loro scarti di potature. Il problema è sempre l’organizzazione economicamente efficiente. Nel nostro piccolo, cerchiamo di far operare le ditte a norma di legge o, nel migliore dei casi, a scegliere che utilizzino le ramaglie per il cippato o cercare dei finanziamenti pubblici regionali in grado di non rendere sconveniente il loro smaltimento.
Il Consorzio svolge anche un’intensa attività didattica per far conoscere i nostri boschi. In quale direzione vi state muovendo? Quali iniziative avete in programma?
Il Consorzio organizza percorsi didattici con le scuole della maggior parte dei Comuni delle Cerbaie oltre a proporre programmi escursionistici (soprattutto a primavera) che facciano conoscere le peculiarità naturalistiche e paesaggistiche, uniche nel loro genere, alle persone che, quasi sempre non sono a conoscenza delle bellezze a due passi da casa. Tali iniziative spesso sono organizzate in collaborazione con associazioni locali o aziende agricole che, nel contempo, possono far conoscere prodotti e competenze della propria attività.
(Intervista gentilmente concessa da Italia Nostra Onlus, sezione Medio Valdarno Inferiore)