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DALLA DIOCESI - Calunniate, calunniate, qualcosa resterà», recitava una vecchia frase che incitava a gettare discredito sulla religione cattolica. Passano i secoli e le cose non cambiano.
Nella bagarre sollevata dalla rimozione delle lapidi dalla facciata del comune di San Miniato, purtroppo è stata rievocata anche una delle diffamazioni più vergognose e dolorose della nostra storia locale e non solo: l’attribuzione della responsabilità della strage del Duomo all’allora vescovo di San Miniato mons. Ugo Giubbi.
Una calunnia, diffusa con astuzia a livello popolare a poche ore dall’immane tragedia del Duomo, che ancora resiste e ha stranamente un suo pubblico anche di fronte alla verità della storia e alla palese assurdità di attribuire al vescovo una volontà omicida verso il suo popolo, in connivenza con i nazisti. Va ricordato che il vescovo nel ’44 era rimasto l’unica autorità religiosa e civile presente in San Miniato, e pertanto si trovò per forza di cose a dover gestire i rapporti con il comando tedesco durante il passaggio del fronte. Non è un caso se l’accusa nei confronti di Giubbi non fu mai formalizzata, ma rimase e rimane un’ignobile diceria volta solo a denigrare la sua memoria.


Non vogliamo entrare nella polemica «lapidi sì, lapidi no», né tantomeno sull’opportunità della loro esposizione nel nuovo museo della memoria. Rispettiamo il forte coinvolgimento di chi in quei giorni ha perso i familiari ed è stato segnato profondamente da quegli eventi. Oltre che parlare della collocazione delle lapidi e della conservazione della giusta memoria delle vittime, sarebbe necessario anche purificare il ricordo di mons. Giubbi dalla macchia della calunnia sotto il cui peso egli morì nel 1946, additato all’esecrazione pubblica come principale responsabile di un orribile crimine contro l’umanità.
Ma ancora in tempi recenti la damnatio memoriae del vescovo Giubbi è stata proseguita e rilanciata da un gruppo musicale locale in una canzone dedicata alle vittime del Duomo.
Già nel ’54 il canonico Giannoni, testimone del cannoneggiamento americano su San Miniato, dalle colonne del «Mattino» tentò di chiarire il reale svolgimento dei fatti, ovvero che fu un proiettile alleato ad esplodere nel Duomo. Lo stesso Giannoni si prodigò per tutta la vita a far conoscere la verità sulla strage.
Dopo 50 anni il Comune istituì una commisione storica sui fatti del Duomo che confermò gli studi pubblicati da storici locali supportati dai commenti autorevoli di grandi firme come Paolo Mieli e Franco Cardini, che dimostravano l’insostenibilità della responsabilità tedesca nell’eccidio.
Neanche allora però si sentì l’esigenza di riconoscere pubblicamente l’innocenza di mons. Giubbi.
A distanza di settant’anni da quei terribili giorni è più che mai necessario chiudere definitivamente un capitolo doloroso per tutti, guardando con serenità ai fatti che ormai la storia ci ha consegnato e riconscere e chiedere scusa per gli errori commessi.

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