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FUCECCHIO - L'Abbazia di San Salvatore sorge nella parte alta della città di Fucecchio, ha origini medievali poiché fu eretta intorno al 1.001 ma oggi presenta solo alcuni elementi tipici di quell’epoca come le finestre bifore e la torre campanaria.
Nel corso dei secoli la Chiesa ha infatti subito più ricostruzioni e modifiche che le hanno conferito l’aspetto che attualmente possiede. Presenta un portico tipicamente cinquecentesco dal quale si accede all’area interna che comprende un’unica navata e altari tardo-cinquecenteschi.
Al suo interno è presente anche una testimonianza artistica di un pittore seicentesco molto noto: Jacopo da Empoli.
Formatosi sulle orme del Pontormo, il pittore fiorentino Jacopo da Empoli, conosciuto anche come Jacopo Chimenti, realizzò un’opera estremamente significativa per San Salvatore.
La tavola, che rappresenta l’Immacolata Concezione, Adamo, Eva e i Padri della Chiesa, risale agli anni 1585-1588, periodo di piena attività artistica per l’autore durante il quale, dopo aver frequentato la bottega del maestro Maso da San Friano, si avvicinò ai modi della pittura ’500, rimodellandoli secondo una mentalità più “moderna”.
Durante il ’600 anche a Firenze iniziò a diffondersi la corrente del Barocco ma non vi esplose in modo dirompente come accadde a Roma: i toni dolci, pacati e morbidi del ’500 rimasero sempre alla base della pittura fiorentina del tempo. Ciò si può dimostrare anche prendendo in analisi il confronto che il Chimenti mantenne sempre vivo con le opere del Pontormo, realizzando anche alcune copie di suoi dipinti, come la Cena in Emmaus che oggi si trova presso la Certosa di Galluzzo.
Il tratto “manierista” si nota, osservando l’Immacolata Concezione in San Salvatore, soprattutto nel modo di realizzare i corpi dei personaggi al di sotto della Vergine: il pallore e la nitidezza che caratterizzano le membra di Adamo ed Eva, rappresentati in primo piano, sono degne di un Bronzino, le gambe si intrecciano l’una con l’altra e le pose sono ardite e complesse.
I progenitori si collocano alla base di una sorta di piramide che si sviluppa in altezza grazie agli altri personaggi, come i Padri della Chiesa, fino ad arrivare al punto più alto dove è naturalmente collocata la Vergine accompagnata e quasi sorretta dagli angeli.


Il dipinto si caratterizza per una precisa uniformità e simmetria poiché le figure interagiscono l’una con l’altra e sono collegate fra di loro tramite gesti o sguardi.
Inoltre non è presente un vero e proprio distacco fra cielo e terra: l’unione fra questi è suggellata dal personaggio appena sotto la Vergine Maria che quasi si aggrappa alla veste di quest’ultima, che, a sua volta, abbassa lo sguardo come a voler creare un legame fra Divino e terreno.
È senz’altro in questa caratteristica che il pittore apre la strada a quelli che saranno poi i caratteri fondamentali del Barocco come la veridicità e la corporeità che cominciano ad insinuarsi anche all’interno di opere sacre rendendo più viva la partecipazione del fedele all’avvenimento rappresentato.
Jacopo da Empoli portò avanti un’arte sia popolare che devota, attenta tanto al dato naturale che a quello classicheggiante ed è proprio per questo motivo che è difficile, per non dire impossibile, etichettare quella corrente artistica che prese le mosse durante gli ultimi anni del ’500 per poi protrarsi per l’intero secolo successivo.
Nell’Immacolata Concezione in esame c’è tutto ciò che poi si ritroverà, riproposto in maniera più forte e decisa, nei successivi anni: l’atmosfera, ad esempio, nella quale Jacopo ambienta la scena, è una sorta di cupo notturno illuminato solo dall’immagine salvifica della Vergine, punto focale dell’opera. Questa luce, certamente artificiosa, crea delle ombre sui personaggi secondari mettendo in evidenza le membra tese e in particolare la posa turbinosa dell’uomo sottostante la Madonna.
Un utilizzo della fonte luminosa, questo, che verrà perfezionato da Caravaggio in primis, che ne farà la sua nota stilistica per eccellenza.
La tavola, infine, è stata da poco restaurata e quindi possiamo goderne nuovamente ogni singola parte ponendo l’attenzione sui particolari, sull’uso dei colori (fra i quali spicca un rosso intenso utilizzato per alcune vesti, così come il blu, il giallo e il bianco) e anche sulla tecnica con cui sono state trattate le nubi che accompagnano la scena principale, dotate di un’evanescenza quasi fiabesca.
Il lavoro di restauro è stato portato avanti dalla Dottoressa Sandra Pucci che si è occupata di ripulire l’intera superficie sulla quale nel tempo si era creata una patina di polvere che oscurava e rendeva l’opera di difficile lettura, offrendoci così il privilegio di poter godere nuovamente della vista di un gioiello così prezioso.

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