Chiesa Casciana

SAN MINIATO - Dopo gli articoli sul vescovo soldato Felice Beccaro e quello sulle pagine d’archivio inedite del sacerdote e cappellano militare Italiano Bocini, vogliamo oggi dedicarci alla vita di un altro prete soldato, il cavaliere e canonico Genesio Chelli. Il suo nome è indissolubilmente legato alla chiesa di Casciana Terme o meglio alla millenaria Pieve di Bagno ad Acqui la cui origine risalirebbe all’VIII secolo, e che guidò negli anni immediatamente dopo il conflitto. La lapide tombale che ricorda questo sacerdote, collocata nel cimitero di Casciana e per la cui segnalazione ringraziamo Francesco Fiumalbi, riporta: “Cav. Uff. Don Genesio Chelli / 1890 1933 / Can On della Cattedrale / di San Miniato / Cappellano militare Guerra 1915 1918 / Decorato al valore / Condusse la trasformazione della nostra Pieve / in Chiesa Arcipretale / Portò a compimento la torre campanaria / assicurandone la dedicazione / ai nostri caduti in guerra”.

Quanto basta per tratteggiare rapidamente, come solo l’epigrafista sa fare, questo sacerdote classe 1890. Attraverso i documenti dell’archivio diocesano possiamo però sapere qualcosa in più dell’esperienza militare di questo nostro fedele e glorioso ragazzo. In una lunga nota spedita dalla Curia Vescovile nell’anno 1916 compaiono ben trentaquattro nomi di sacerdoti e chierici impegnati sul fronte, sia tra le truppe che come cappellani in ospedali da campo. Il sacerdote Genesio Chelli risulta essere, alla partenza, quindi all’età di ventisei anni, impegnato come cappellano militare nello Spedaletto da Campo n. 159, divisione venticinquesima, corpo d’Armata ventiduesimo. Certamente le cose dovettero cambiare l’anno successivo in quanto il canonico Chelli non risulta più tra le seconde linee schierate nella parte meridionale dell’anfiteatro goriziano, con i militari guidati dal tenente generale Pier Luigi Sagramoso. Sappiamo infatti, da un altro documento d’archivio, che era passato in forza al 141° Reggimento di fanteria “Catanzaro”, dove si era guadagnato ben due Medaglie di Bronzo con le motivazioni di seguito riportate: “cappellano di un reggimento di fanteria durante parecchi giorni di lotta cruenta esercitava il suo ministero con elevato fervore, e sprezzante di ogni pericolo sotto l’incessante fuoco nemico si recava a dare conforto ai feriti, adoperandosi altresì efficacemente per il loro sgombero e incitando i soldati al miglior adempimento del proprio dovere, con l’esempio e con l’animatrice sua opera personale”. Hermada (Carso), 23 agosto- 9 settembre 1917. E ancora: “benché ferito non consentiva ad essere medicato prima degli altri e con la propria ferita sanguinante prestava la sua opera spirituale ad un moribondo, dando così esempio di grande fermezza e di scrupoloso sentimento della sua pietosa missione”. San Rocco (Arsiero), 24 giugno 1918. Questi rapporti, quasi commoventi, bastano per tratteggiare la figura di un sacerdote che ha vissuto pienamente la sua vocazione verso gli altri, anche in un contesto di disperazione. Al ritorno dalla Grande Guerra egli si impegnò poi alacremente per ricordare in maniera dignitosa tutti i giovani scomparsi in quei terribili anni. Si ricorda il suo attivismo per l’inaugurazione del campanile e per la fusione di bronzi in onore ai caduti – dei quali ci siamo precedentemente occupati nelle rubriche “rintocchi della memoria” – ma anche per la realizzazione del monumento posto oggi tra via della Pieve e via Roma, alle spalle della chiesa Arcipretura. Il monumento ricorda tutti i nomi dei caduti della guerra in quel comune e il momento dello scoprimento della lapide alla presenza del Re in persona ma soprattutto rammenta ogni giorno alle generazioni future, con dei rintocchi, il sacrificio di migliaia di vite: “la voce dei bronzi perpetui nel tempo la gloria dei morti per la patria”.

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