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STABBIA - La presenza di gruppi etnici diversi sta diventando oramai una costante anche nel territorio diocesano. E’ un fenomeno che dura oramai da anni e sul quale il giornale diocesano ha già puntato i riflettori, parlando del tema immigrazione. Visitiamo oggi la realtà di Stabbia, comune di Cerreto Guidi, il paese che – insieme a Fucecchio – ospita la comunità cinese più grande nel territorio diocesano. Il rapporto con questi immigrati, oramai insediatisi stabilmente, è stato contrastante. La popolazione tendeva inizialmente a “ignorare”, a guardare con diffidenza, a far finta di non vedere. Le timide reazioni non potevano venire infatti dalla popolazione stessa, che inizialmente ha fatto “affari” con l’imprenditoria straniera nascente affittando fondi commerciali vuoti, abitazioni e interi capannoni. Poi la musica è cambiata: è arrivata la crisi economica per molte piccole e medie imprese – che a Cerreto Guidi costituivano la spina dorsale dell’occupazione nei settori calzaturiero e della lavorazione della pelle – ed è iniziato il j’accuse della popolazione locale e degli imprenditori.

“Ci stanno rubando il lavoro”. “Non pagano le tasse come noi”. “Vivono in condizioni igieniche precarie”. “Nessuno li controlla”. Queste le più comuni affermazioni, che anche sfogliando i social possiamo trovare, a riguardo di notizie di cronaca che vedevano coinvolte la maggioranza delle attività degli orientali trapiantati qui. Ma quali sono i numeri. Su una popolazione di 10870 abitanti del comune di Cerreto, i residenti di nazionalità cinese sono 953. Rappresentano quindi quasi il 9 % del totale dei residenti. Tra gli immigrati invece, la comunità cinese è la più rappresentata. Su 1520 stranieri registrati, 953 sono cinesi: il 63% Questi i numeri che per i cittadini della frazione di Stabbia parlano chiaro. Ci sono ore del giorno dove per le strade della piazza …. Si vedono sono cinesi, quelli che hanno finito il proprio turno dietro macchine da cucire che non si fermano mai. Spesso a piedi, se si vogliono incontrare fuori dall’orario di lavoro, basta andare al bar Centrale accanto alla posta o al circolo locale, impegnati a buttar soldi nelle slot machine, “le macchinette” come le chiamano gli anziani del luogo. Per il resto si può decisamente parlare di una comunità silenziosa: li incontri la mattina, quando accompagnano i figli a scuola, li vedi all’ufficio postale per inviare soldi a chissà chi in Cina, li vedi scaricare velocemente un’automobile da un bagagliaio pieno di pelli o di scarpe da cucire, e poi basta. Percorrendo le stradine dietro viaBercilli, un piccolo labirinto di case di inizi novecento, puoi riconoscere un’abitazione per l’odore particolare della cucina, decisamente a base di fritto, che si mescola a quello del mastice, usato per incollare borse e calzature. E non sono questi luoghi comuni, basta fare una passeggiata pomeridiana per le strade di Stabbia. Per la popolazione, intervistata sabato mattina al mercato, colpiscono, fra tutte le cose, due elementi: il fatto che lascino così liberamente i bambini, anche molto piccoli, giocare per le strade e le piazze della frazione e l’usanza di raccogliere alcuni tipi di canna palustre a scopi alimentare. Chi conosce la zona sportiva di Stabbia sa che il pomeriggio, al campo di basket lungo il Vincio, ci sono solo giovani cinesi a sfidarsi al canestro, italiani nemmeno uno. E chi ha attraversato alcune strade nelle ore pomeridiane della primavera e dell’estate certamente si sarà accorto di stendini ricolmi di canne palustri aperte, ad essiccare, che sembrano quasi, per il colore scuro che prendono asciugandosi, pipistrelli appesi a testa in giù, pronti a volare in qualche padella. L’integrazione è stata cercata. Non sempre è voluta. La scuola locale si impegna molto per far inserire le piccole generazioni nel contesto locale. Molti bambini sono seguiti da insegnanti specializzati per i primi rudimenti della lingua italiana. Va molto meglio in matematica, dove i ragazzi cinesi si distinguono per gli ottimi esiti. Anche la chiesa ha fatto la sua parte. Negli anni passati è stata organizzata una celebrazione liturgica mensile in lingua cinese che si svolgeva, per tutto il comune di Cerreto Guidi, nel Santuario di Santa Liberata grazie a un sacerdote fiorentino cinese. Un esperimento che è andato piano piano scomparendo, anche per la scarsa affluenza di fedeli cinesi. La maggior parte di questi immigrati si dichiarano infatti atei. Non hanno una religione, perché il regime comunista da cui provengono impediva loro ogni forma di culto. E c’è qualcuno che ha “annusato” il terreno fertile per agire sulle coscienze di questi uomini e donne venuti da lontano. Capita spesso il sabato mattina vedere cittadini cinesi sull’uscio di casa a parlare con coppie di ragazzi italiani. Sono testimoni di geova, che tentano un approccio a questi gruppi etnici, fortunatamente con poco successo! Al prete che viene a benedire aprono in pochi, anche se si registra un buon numero di bambini che si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica a scuola. Sono contenti – ci dicono – perché è un’occasione per imparare la lingua e la cultura italiana. E anche i bambini italiani hanno stretto amicizia a scuola. Per loro, che non hanno preconcetti, sono bambini come altri, con cui ridere scherzare e divertirsi. Forse l’unica, vera, inclusione, la stanno portando avanti questi piccoli, che saranno i cittadini di domani.

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