SAN MINIATO - Quest’anno il dramma popolare si accinge a celebrare i settant’anni dal suo esordio. Proprio in quest’occasione il presidente della Fondazione Istituto Dramma Popolare Marzio Gabbanini ha voluto che i manifesti, segno di un’arte che non muore mai e che sempre si rinnova, fossero restaurati ed esposti in una mostra presso la sede della fondazione, in Piazza del seminario, la prima domenica di ogni mese da marzo a giugno 2016.
Settant’anni di manifesti in cui la tecnica utilizzata è la xilografia, il procedimento di stampa più antico. Si, tratta, in particolare di incisioni su legno riprodotte al torchio della storica Tipografia Palagini che da poco tempo non c’è più. A lei il merito di aver stampato tutta, o quasi, la storia del dramma iniziata nel 1947.
Osservando i manifesti ci si accorge che tutti – eccetto quello del 1949 – sono tripartiti in verticale. Il ruolo fondamentale è giocato dai contrasti tra bianco e nero che, con i tratti più o meno marcati del segno dell’incisione, sono diventati l’espressione unica e immediata dei testi da cui cogliere un messaggio di sacralità.
La prima firma, quella del primo manifesto, è di Dilvo Lotti. Era il 1947 ed uno dei fondatori del dramma popolare, che sarà tanto caro a San Miniato, siglava la locandina de “La maschera e la grazia” di Henri Gheon, per la regia di Alessandro Brissoni. Si trattava della rappresentazione della vicenda dell’attore pagano Genesio, il quale, mentre recita viene folgorato dalla grazia e si converte al cattolicesimo.


Ma è con “Assassino nella cattedrale” del 1948, il cui manifesto porta la firma di Gaetano Rinaldi, che il dramma popolare si afferma nel panorama teatrale italiano: la regia è del grande Giorgio Strheler.
Tra i più importanti artisti del manifesto va ricordato anche Pietro Parigi, portato a San Miniato dal suo giovane allievo Dilvo Lotti: dal 1952 con “L’ultima al patibolo” di Bernanos fino al 1971 con “L’erba della stella dell’alba” di Marcello Aste l’incisore acquistò spessore europeo per aver contribuito ai drammi spirituali delle più importanti compagnie allora operanti.
I manifesti portano anche altre firme importanti come quella di Luca Macchi, Franco Giannoni, Giorgio Giolli, Sauro Mori, Marcello Guasti, Uliviero Ulivieri fino a Salvatore Fiume di cui alla mostra possiamo ammirare la stupenda pittura per “Il vento del cielo”, uno spettacolo che ha lasciato un segno profondo per la sua importanza, il quale ha visto l’interpretazione di Arnoldo Foà.
Due cenni a parte meritano il “Giobbe” del giovane Karol Wojtyla, molto più conosciuto come papa Giovanni Paolo II e “Ti – Jean e i suoi fratelli” di Derek Walcott rispettivamente del 1985 e del 1993. Il primo ricordato per la supervisione di Krzysztof Zanussi e l’interpretazione di Paola Gassman ed Ugo Pagliai; il secondo per la partecipazione al dramma popolare di Remo Girone e Victoria Zinny. Il primo fatto percepire con una lineleumgrafia siglata da Dilvo Lotti; il secondo con un disegno china e biro del pittore Franco Giannoni.
Importante, infine, sottolineare il tratto artistico di Sauro Mori nell’ultimo manifesto: “Passio Hominis”, una sacra rappresentazione della Passione di origine medievale che ha visto l’interpretazione di Lina Sastri nel ruolo di Maria.
Dopo questo sguardo sulla storia occorre un auspicio per il futuro: che la migliore tradizione xilografica continui nel tempo, pronta però ad aprirsi a nuovi orizzonti che mantengano vivo il gusto per il sacro del dramma popolare di San Miniato.

Seguici su Twitter

I cookie rendono più facile per noi fornirti i nostri servizi. Con l'utilizzo dei nostri servizi ci autorizzi a utilizzare i cookie.
Maggiori informazioni Ok Rifiuta